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Chiaramonte, l'odissea sanitaria di una paziente costretta a rivolgersi a una struttura privata per la manifesta incapacità dell'Asp di soddisfarne le esigenze

La denuncia contenuta in un duro documento diffuso dal comitato civico Articolo 32

Redazione La Sicilia

28 Luglio 2025, 14:14

Direzione-generale-ASP-Ragusa

La sanità pubblica in Sicilia è ancora una volta sotto accusa e non per meriti. La vicenda di una donna di Chiaramonte Gulfi è un emblema sconfortante di disfunzioni burocratiche, carenze strutturali e una palese negazione dei diritti fondamentali dei cittadini. La denuncia, anche questa volta, arriva dal comitato civico Art. 32. "Una storia che, purtroppo, non è un caso isolato e che solleva interrogativi cruciali sullo stato di un servizio che dovrebbe essere universale - dice il presidente Rosario Gugliotta - un’urgenza ignorata: prescrizioni dimenticate e rifiuti inspiegabili".

Ecco il racconto di quanto accaduto secondo quanto descrive il comitato:
"Il calvario della signora inizia il 13 maggio, quando, a seguito di una consulenza specialistica, il suo medico curante le prescrive esami cardiologici specifici. L’urgenza è massima: sia lo specialista che il medico concordano sulla necessità di eseguire gli accertamenti entro 10 giorni, data la patologia severa della paziente e l’impossibilità di impostare una terapia farmacologica adeguata senza i risultati.

La paziente si rivolge all’ospedale di Vittoria, l’unica struttura indicata per quel tipo di esami. La risposta, però, è un muro invalicabile: “Non ci sono le necessarie attrezzature”. Ancora più grave è l’assenza totale di indicazioni su altre strutture, sia nella provincia che fuori, capaci di erogare la prestazione. Un silenzio assordante che si scontra con la normativa vigente (D.L. 124/98), la quale obbliga l’azienda sanitaria a garantire l’esame tramite una struttura privata convenzionata, con il solo costo del ticket a carico del paziente, in caso di mancata disponibilità pubblica nei tempi previsti. Un diritto inalienabile, qui platealmente ignorato. L’Asp ammette le carenze: “Il Re è Nudo”. Dopo oltre un mese di attesa e senza alcuna risposta, la signora, con la sua salute a rischio, invia una mail all’Azienda sanitaria provinciale per sollecitare gli esami vitali. La risposta, giunta dopo ben 72 giorni dalla ricetta, è a dir poco sconcertante e suona come una clamorosa ammissione di colpa. Il responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico dichiara il proprio dispiacere e, in un passaggio che sembra gridare “il re è nudo”, cita una relazione interna: “Non abbiamo personale amministrativo da poter dedicare alle risposte delle mail ricevute”. Un’affermazione che scoperchia il vaso di Pandora, rivelando non solo la carenza di medici e infermieri, ma anche un deficit amministrativo in un “apparato elefantiaco”. Viene spontaneo chiedersi dove siano finiti i numerosi assunti durante l’emergenza Covid, poi regolarmente stabilizzati in pianta organica.
La nota dell’Asp prosegue con ulteriori ammissioni: “Non esiste in Asp altro servizio che eroga questa prestazione. Per cui tutti gli esami di cardio RM in lista di attesa sono sospesi fino a nuova disponibilità di apparecchiatura adeguata”. Per uno dei due esami, definito “super-specialistico”, si specifica che viene eseguito da soli due medici, impegnati anche in altri servizi e in guardia notturna, e che “i tempi di esecuzione degli esami sono condizionati da diverse variabili”.

"La beffa finale - ancora Gugliotta - arriva quando la lettera dell’Asp tenta persino di minimizzare le condizioni della paziente, affermando che è “in attuale compenso” e che la prestazione di cardio TC sarebbe stata eseguita “alla ripresa del servizio di Risonanza, prevista per fine settembre 2025; secondo lista d’attesa”. Una dilazione inaccettabile di oltre quattro mesi, che avrebbe aggravato ulteriormente la patologia. Di fronte a tale scenario, la signora è stata costretta a rivolgersi a una struttura privata, sborsando la considerevole cifra di 400 euro". Una spesa che, come sottolinea Rosario Gugliotta, presidente del Comitato Civico Articolo 32, equivale al 74% dell’importo mensile di una pensione al minimo. Un onere insostenibile per molte famiglie, che di fatto trasforma il diritto alla salute in un lusso accessibile solo a chi può permetterselo. Questa vicenda è un monito severo sullo stato della sanità in Sicilia, dove il diritto alla salute, garantito dall’articolo 32 della nostra Costituzione, sembra sempre più subordinato al portafoglio e all’arbitrio burocratico. Fino a quando le fragilità sociali continueranno a essere ignorate e le disuguaglianze a crescere, la promessa di una sanità pubblica e universale rimarrà un’illusione.