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Ragusa, l’ultima volta di don Pietro Floridia da prevosto parroco al duomo di San Giorgio

L'intera comunità ha voluto salutare la guida spirituale di questi 37 anni. La commovente lettera dei parrocchiani

Di Redazione |

Dopo 37 anni di servizio pastorale, un sacerdote che ha profondamente segnato la vita spirituale, civica e sociale del centro storico di Ragusa si accinge a lasciare la sua amata comunità. Ieri sera al Duomo di San Giorgio folla di fedeli per il saluto a don Pietro Floridia, prevosto parroco, trasferito in altra sede pastorale. Era presente anche il sindaco Peppe Cassì, assieme al vice Gianni Giuffrida, al presidente del Consiglio comunale, Fabrizio Ilardo, con alcuni assessori e consiglieri.

“La sua partenza – scrivono in una lunga nota i parrocchiani della comunità iblea – non è solo la conclusione di un lungo cammino di fede, ma anche un momento di grande commozione per tutti noi parrocchiani, che in lui hanno sempre trovato una guida sicura, un pastore sempre presente e un uomo di preghiera. Un faro spirituale per la comunità. Fin dai suoi primi giorni nella parrocchia, ha messo al centro della sua missione la preghiera, l’adorazione eucaristica e la celebrazione dei sacramenti. Ogni attività parrocchiale è sempre stata focalizzata su questi pilastri della vita cristiana”.

“Significativa – continua la nota – è stata la fondazione del gruppo di preghiera “Aurora Divina” (un gruppo di preghiera dalle connotazioni carismatiche con due sedi, una a Ragusa e una a Vittoria, la città di origine di don Pietro Floridia) che non solo ha raccolto fedeli di tutte le età e da ogni parte della Sicilia orientale (Noto, Gela, Modica, Comiso, ecc.), ma ha anche testimoniato eventi straordinari e miracolosi. Don Pietro ha sempre insegnato alla sua comunità l’importanza del partecipare alla santa messa, della confessione e del dialogo personale con Dio. Il suo modo di annunciare il Vangelo, senza compromessi e con amorevole pazienza, ha permesso a tanti di avvicinarsi alla fede in modo profondo e consapevole. Durante le celebrazioni liturgiche, le sue omelie erano una fonte d’ispirazione e un continuo insegnamento: pur utilizzando un linguaggio teologico e spiegando la dottrina e il magistero della Chiesa, sapeva sempre rendere accessibili le verità della fede anche ai più piccoli”.

“Don Pietro, poi – prosegue il documento – ha saputo valorizzare e far crescere le tradizioni religiose del quartiere, come ad esempio quelle legate alla Settimana Santa. Le processioni statuarie, l’adorazione eucaristica e i fervorini, ovvero le catechesi sulla Passione di Cristo, hanno assunto sotto la sua guida un’importanza ancora maggiore, trasformando questo periodo in un momento di intensa partecipazione collettiva. Questi eventi attirano non solo i residenti, ma anche turisti da ogni parte del mondo, persino dagli Stati Uniti, a testimonianza dell’impatto che ha avuto sulla valorizzazione del patrimonio religioso. È proprio grazie al suo grande impegno per rendere questa tradizione religiosa un momento forte e centrale nella vita dei cristiani a lui affidati che l’eco di questi “festeggiamenti” è arrivato così lontano tanto che la Settimana Santa a Ragusa Ibla è addirittura stata iscritta nel 2016 nel registro dei Beni immateriali di Sicilia. Ed è sempre grazie al suo operato che i festeggiamenti in onore del santo Patrono Giorgio martire hanno raggiunto livelli incredibilmente alti e una risonanza che va oltre i confini italiani. Anch’essa tradizione secolare della città, ha visto, in questi 37 anni, una crescita esponenziale, richiamando fedeli, devoti e curiosi di ogni dove”.

“Ma il suo impegno – è spiegato ancora – non si è fermato alla vita spirituale della comunità. È stato un grande scopritore e conoscitore dell’immenso patrimonio storico-artistico-culturale della realtà iblea (che nemmeno i cittadini del centro storico conoscevano prima del suo arrivo). Don Pietro ha lavorato instancabilmente per la difesa e la conservazione del patrimonio culturale e storico di tutto il centro storico, facendo restaurare e riaprire alcune chiese importanti che erano state chiuse per anni. Ha fondato il Museo del Duomo, un ampio spazio che conserva (e protegge dalle ruberie che ci furono in passato) oggetti sacri e liturgici di immenso valore, molti dei quali risalenti al 1500. Ha anche creato e curato (coadiuvato da esperti) l’archivio del Duomo, che contiene documenti preziosi che risalgono addirittura a prima del terremoto del 1693. Questi sforzi hanno contribuito a rafforzare il legame tra la comunità religiosa e il patrimonio storico di Ibla dando lustro anche a tutta la comunità ragusana, preservando per tutti un patrimonio di incalcolabile valore”.

“Una delle sue battaglie più importanti – è chiarito ancora – è stata il recupero del riconoscimento ufficiale del Patronato di San Giorgio martire. La “dimenticanza” della trascrizione di S. Giorgio nel calendario liturgico di Sicilia, negli anni ’80, aveva portato alla rimozione di questo titolo, pur senza un decreto vaticano ufficiale. Con grande dedizione, ha raccolto tutti i documenti necessari. Si è completamente messo in gioco, impegnandosi in prima persona per il ripristino del titolo di patrono di San Giorgio per la città di Ragusa e, nonostante i continui ostruzionismi anche da parte di alcuni confratelli, lo ha ottenuto. Non solo, grazie al suo intervento, anche San Giovanni Battista (che prima era considerato patrono della città e della diocesi di Ragusa senza che nessun decreto esistesse) è stato riconosciuto come patrono, un risultato che ha contribuito a dare maggior lustro alla storia della città”.

“Un’altra delle sue eredità più durature (purtroppo oggi minata e a serio rischio) è l’unità pastorale – spiegano sempre i parrocchiani – tra le tre parrocchie del centro storico: San Giorgio, Sant’Tommaso Apostolo e Anime Sante del Purgatorio. Grazie alla sua guida, è riuscito a creare una vera e propria famiglia parrocchiale, unendo le diverse realtà in un’unica grande comunità cristiana. Ha sempre creduto fermamente che la preghiera e la celebrazione dei sacramenti fossero gli strumenti fondamentali per rafforzare i legami di fede tra i parrocchiani, e ha sempre promosso incontri collettivi con i rappresentanti di tutte e tre le parrocchie. Ibla, in pratica, da 37 anni si è mossa come un’unica realtà. Purtroppo, bisogna anche dire che questa eredità è una di quelle messe più a rischio in questi ultimi mesi, proprio e soprattutto a causa di alcuni iblei che mai hanno gradito la presenza di un sacerdote come don Pietro che si è sempre occupato e preoccupato di annunciare Cristo, facendo gli interessi reali della Chiesa e del popolo cristiano e non quelli dei singoli o i propri”.

“Oltre al suo impegno pastorale – è sottolineato ulteriormente – questo grande sacerdote è stato una figura di spicco anche nel miglioramento della vita sociale del quartiere. Ha collaborato con diverse istituzioni locali per promuovere progetti di solidarietà, molti dei quali sono stati realizzati anche grazie all’associazione “San Vincenzo de Paoli”. Non solo: una buona parte dei fondi raccolti durante le festività, gli eventi o la festa patronale, ad esempio, sono stati spesso destinati a famiglie bisognose, e non di rado ha contribuito personalmente, mettendo mano ai propri risparmi per aiutare chi era in difficoltà, senza nulla dire, senza nulla chiedere”.

“Oggi, la comunità – conclude la nota – si stringe in un abbraccio di immensa gratitudine e profonda tristezza. I parrocchiani hanno tentato di raccogliere firme (in tre giorni se ne erano raccolte oltre 600) per convincere le autorità ecclesiastiche a lasciarlo in parrocchia fino al termine del suo ministero. Sono stati inviati in rappresentanza numerosi parrocchiani a parlare con il vescovo, ma senza successo. Il vescovo di Ragusa ha comunque deciso di trasferirlo. Di certo, mons. La Placa ha le sue motivazioni e ha rassicurato i parrocchiani che non è stata una punizione o una ripicca per essere riuscito a fare tutto ciò che ha fatto per la comunità iblea, difendendola con tutte le sue forze. Ha rassicurato i parrocchiani che non è stata una punizione né una vendetta dovuta all’ottenimento, nonostante “le avversità”, del legittimo patronato di San Giorgio. Il vescovo aveva bisogno di lui altrove. Anche se settantenne, ha ritenuto don Pietro un sacerdote capace e volenteroso, mandandolo in una nuova parrocchia per fare nuove esperienze di vita sacerdotale in questi ultimi cinque anni prima del suo ritiro, come egli stesso ha comunicato. Tuttavia, per i parrocchiani, dopo 37 anni di intensa e fruttuosa vita cristiana vissuta insieme a don Pietro, il dolore per la sua partenza resta ed è forte. Il loro affetto rimane immutato, forte, unico. Sono consapevoli che questo grande sacerdote ha dato tutto per la loro crescita spirituale e sociale e di questo gli saranno sempre grati e ringrazieranno Dio per aver loro mostrato il volto del Signore”.

“Oggi ci siamo stretti tutti attorno a don Pietro, grati per tutto quello che ci ha dato. Le sue mani tremavano un po’ mentre alzava l’ostia per l’ultima volta in questa chiesa, ma il suo cuore rimaneva saldo come sempre. “Dio vi benedica, figli miei,” ci ha detto, con quel sorriso che porteremo sempre nel cuore. Don Pietro ci lascia dopo 37 anni, per andare a svolgere il suo ministero sacerdotale presso una nuova comunità che – lo vediamo già dai loro preparativi – lo accoglierà con grande amore e filiale devozione. Noi siamo stati testimoni di un uomo che ci ha insegnato a vivere la fede con umiltà, coraggio e amore per Cristo, senza se e senza ma, senza paura, senza remore. A Don Pietro, con tutto il cuore, grazie padre. Il nostro amore per lei non potrà mai essere cancellato”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA