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Come difendersi dalla “Sindrome della capanna”

Fine delle restrizioni da pandemia e reazioni diverse tra chi riassapora la libertà e chi ha il timore di uscire

Di Elisa Caponetti* |

A poche settimane dalla fine delle restrizioni imposte a causa della pandemia, gli italiani stanno reagendo attuando comportamenti contrapposti. Da un lato c’è chi sembra essere desideroso di voler recuperare quest’ultimo anno vissuto in isolamento, godendo intensamente e appieno ogni istante di libertà, trascorrendo così gran parte dei momenti liberi, fuori casa.  Ma all’opposto, c’è invece chi si porta dietro i segni di tutto questo, mostrando un forte timore alla ripresa di un’apparente vita normale ed è così che si è iniziato a parlare della cosiddetta sindrome della capanna detta anche sindrome del prigioniero, ovvero la paura di uscire e di lasciare la propria abitazione, unico luogo ritenuto rassicurante e protettivo e che ci mette al riparo dal pericolo e dalla minaccia di un qualsiasi contagio. La sindrome della capanna può manifestarsi ogni qual volta si vivono lunghi periodi in cui avviene un distacco dalla vita normale. Ed è così che nel momento in cui si può nuovamente uscire, la paura prende il sopravvento e si trasforma in paralisi. E’ una dimensione emotiva che diviene pervasiva ed invalidante e che alimenta il distacco dal quotidiano. Purtroppo questo stato di grave malessere sta interessando moltissime persone. Uscire nuovamente di casa sembra essere impossibile. Ed è così che prende il sopravvento uno stato d’animo pervasivo orientato verso l’ansia, l’insicurezza, la tristezza, la depressione, la paura, la tendenza all’irascibilità ma anche i disturbi del sonno, assenza di energia e di entusiasmo, calo della motivazione, percezione di solitudine e assenza di speranza sino ad arrivare al non sentirsi di appartenere a questa società.  Purtroppo tutto ciò ha generato la paura verso il mondo esterno, ma anche il terrore di ammalarsi e di poter contagiare i propri familiari unito alla paura che nulla sarà più come prima.  Come detto però, non tutti reagiscono sviluppando tale sindrome. Le persone colpite, sono soprattutto coloro che hanno vissuto la lunga fase di lockdown e di restrizioni imposte, con uno stato di profonda sofferenza non riuscendo a cogliere anche la parte positiva del ritrovarsi ad avere tempo a disposizione per se stessi cogliendone gli aspetti positivi.   E’ importante però mandare un messaggio: la sindrome della capanna è una risposta normale attivata conseguentemente a quanto si è vissuto. E’ utile a questo punto condividere quanto si sta affrontando con qualcuno, esternando i propri stati d’animo. Si consiglia di monitorare il proprio malessere e di rivolgersi ad un professionista se i disturbi non dovessero trovare  soluzione. *psicologa

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