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Erano davvero le minne di sant’Agata il dolce “scandaloso” del Gattopardo?

Di Olga Stornello (redazione Sicilian Post) |

«Come mai il Santo Uffizio, quando lo poteva, non pensò a proibire questi dolci?»esclama il rigido Don Fabrizio de “Il Gattopardo”. Quale leccornia può suscitare una simile indignazione in un uomo dal grande rigore morale? Sono le impudiche “paste delle Vergini”, «le mammelle di Sant’Agata vendute dai monasteri, divorate dai festaioli! Mah!». 

CATANIA O AGRIGENTO? A leggere le pagine del romanzo di Tomasi da Lampedusa, sembrerebbe lampante nella citazione sopra riportata cogliere un riferimento alle minnuzze di Sant’Agata, le tipiche cassatelle catanesi vendute in occasione delle celebrazioni agatine. I dolci esposti sulla tavola imbandita per il ballo dei Ponteleone provenivano dalla piana di Catania, tuttavia la loro descrizione non coincide con quella delle cassatelle etnee. La raffinata mescolanza di bianco mangiare, pistacchio e cannella racchiusa nei dolci assaggiati da Don Fabrizio richiama alla mente un altro tipo di “seno”: le minne di Virgini di Sambuca di Sicilia (AG), poco distante dai luoghi del Gattopardo.

PRELIBATEZZE PAESANE. Questi dolci sono composti da una frolla che al suo interno racchiude crema al latte, zuccata e pezzi di cioccolato fondente con essenze di cannella e chiodi di garofano. [Continua a leggere su Sicilian Post]COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA