In cucina
Buccio e Giuliana, i “cacciatori” di nonne ai fornelli nell’era di gastropescherie e prontocuoci
Coppia nella vita e nel lavoro, i due di professione chef privati e sommelier, sono stati folgorati sulla via del ritorno in Sicilia e adesso valorizzano i piatti della tradizione con le "mastre" di un tempo
«Il baccalà ‘u livàmu e ci mittemu ‘i patati… a nuatri ‘u baccalà non ci deve fregare…». “Nonna” Licia spiega passo dopo passo la ricetta del “baccalà alla portopalese”, i tempi giusti per inserire le patate, la base per il soffritto, quando e quanto “strattu” aggiungere oltre alla passata di pomodoro. Gesti precisi e antichi fatti con la naturalezza di chi conosce ad occhi chiusi materie prime e procedimenti.Un saper fare che oggi si sta perdendo anche in Sicilia, nell’era in cui in casa non cucina più nessuno e spopolano gastropescherie e prontocuoci.
La folgorazione sulla via del ritorno
Anche da questo Salvuccio (Buccio) Cappello e Giuliana Pucci, 39 e 38 anni, coppia nella vita e nel lavoro, sono stati folgorati sulla via del ritorno in Sicilia. Da novelli “esploratori” hanno dato via a un progetto che si chiama Via delle Palme (dal nome del loro quartier generale a Santa Maria del Focallo) per riscoprire e dare valore al cibo di casa, quello delle nonne, in primis le loro. Abbandonata Londra dove lui faceva lo chef e lei lavorava nella moda, si sono fatti riavvolgere dalle loro radici siciliane – sono nati entrambi a Pozzallo – per mettersi sulle spalle la responsabilità di mantenere in vita la tradizione siciliana a tavola.Così nei momenti di pausa dal loro lavoro di private chef e sommelier, girano la Sicilia bussando letteralmente alla porta delle “nonne” per chiedere loro di cucinare insieme e raccogliere ricette, racconti e soprattutto emozioni da condividere attorno a un tavolo.

L’incontro a Portopalo
«Io li ho conosciuti così – racconta Felicia “Licia” Cannarella, “nonna” di Portopalo di Capo Passero – a una fiera del dolce. All’inizio quando li ho visti con tutti questi tautaggi mi sono detta “Mah” (ride ndr), poi dato che si trattava di mangiare abbiamo fatto amicizia ed eccoci qua a cucinare insieme. Quello che stanno facendo per me è una cosa bellissima, le olive arrustute, le arance raccolte dall’albero per fare la torta…, guardandoli mi ritornano alla mente tutte le cose che facevo anch’io da bambina».In effetti Licia è solo una delle tante “nonne” che Buccio e Giuliana hanno contattato nel loro girovagare per borghi e campagne.
Qual è il vostro approccio?«Dipende – risponde Buccio – per esempio a Palazzolo Acreide ho visto una nonna con una pesante borsa della spesa, ci siamo offerti di aiutarla e da lì è nato tutto. “Signora oggi che cucina?”, “Possiamo venire con lei?”». «Oppure – aggiunge Giuliana – ci guida l’odore per strada che viene fuori dalle finestre. Altre volte incontriamo al supermercato, lì è diverso spieghiamo con calma quello che facciamo e ci presentiamo».E la risposta è sempre sì?«All’inizio è sempre no – rivela Buccio – c’è sempre un po’ di comprensibile diffidenza nel far entrare estranei in casa, poi dopo pochi minuti parte l’effetto “coccolone” e diventiamo i nipoti acquisiti». «Durante la preparazione si instaura una relazione, ci raccontano aneddoti, impariamo termini dialettali e modi di dire che non conoscevamo, alla fine è quasi naturale sedersi a tavola con loro», dice Giuliana.In questa operazione di “ricercatori” culinari vi sentite più cacciatori o eredi di una tradizione?«Entrambi – afferma Giuliana -. Cacciatori perché dopo tanto tempo speso a focalizzarci su ciò che c’era fuori dalla nostra terra, una volta rientrati siamo diventati “cacciatori” delle nostre stesse tradizioni con l’obiettivo di riappropriarcene. In questo senso ci sentiamo anche “eredi” perché è un patrimonio che si sta perdendo. Facciamo questa cosa anche con l’auspicio che lo facciamo altre persone e con la consapevolezza che una volta scomparsa questa generazione di nonni chi cucinerà più in questo modo?».

Cosa via ha spinto a rientrare in Sicilia, in fondo avevate una vita e un lavoro altrove, a Londra. È stato un bisogno interiore?«Sì – ammette Giuliana – anzi il suo è nato prima del mio. Un giorno mi disse “ho bisogno di rientrare”. Io non ero ancora pronta aspettammo altri due anni». «Vero – conferma Buccio – ogni volta che dovevo ripartire, finite le vacanze in Sicilia, andavo in crisi. E dire che ero stato il primo a voler scappare dalla Sicilia, il primo a scappare e il primo a tornare. Facevo lo chef a Londra ma quando tornavo in Sicilia ero sempre attaccato a mia nonna che cucinava, vedevo la magia nelle sue mani, faceva tutto senza pesare niente, non una bilancia, né ricette scritte, olio, sale, erbe, aromi, tutto ad occhio. Io che a Londra ero circondato da chef stellati pensavo “Queste sono le vere mastre”. Le nonne hanno una forza in più una magia, riescono magari ad aggregare a tavola famiglie “sciarriate”».
Le vostre nonne?Buccio: «Io ho nonna “Razietta” (Grazia)», «Io, nonno Sal e nonna Giovanna – afferma Giuliana – ma fra i due quello che cucina di più è il nonno. Ha costruito anche un braciere in muratura “’u casotto” dove ogni domenica fa il pollo alla brace. Ricordo questi pranzi in cui si facevano più tavolate, e tutte le donne della famiglia con pentoloni portati da casa si aprivano con cose buonissime».
Ce l’avete un profumo d’infanzia, un odore “madeleine”?«Il basilico – dice Buccio senza esitazioni – mi metto quasi a piangere quando sento l’odore del basilico, sia in forma di semplice piantina che di pesto, mi ricorda la campagna, l’infanzia, mia nonna…». Giuliana: «Il profumo delle scacce nel forno, quando si sente quello vuol dire che siamo tutti insieme, che la famiglia è riunita, che è un giorno di festa, che c’è da accogliere qualcuno è tornato dall’imbarco… ».
Voi siete conosciuti sui social, avete cucinato per influencer, avete partecipato a una serie canadese su Food network, la tradizione ha bisogno della tecnologia per sopravvivere?«Secondo me è una questione di autenticità – spiega Giuliana Pucci – noi nei nostri video non facciamo set finti con regia, luci e testi studiati, diciamo e facciamo quello di cui veramente abbiamo voglia e quello raccontiamo». «Ci alziamo la mattina, abbiamo un orto, una campagna creata pietra dopo pietra in via delle Palme, il forno alla brace, lavoriamo continuamente ed è quello che ci piace fare».Qual è il vostro sogno?«Siamo sicuramente molto ambiziosi e abbiamo molta fame di riuscire, saremmo bugiardi a non ammetterlo – dice Giuliana – abbiamo fatto tanti sacrifici e vorremmo che fossero ripagati, ma con il nostro stesso lavoro. Vogliamo andare avanti, crescere, ma rimanere quelli che siamo, nella nostra identità, nel nostro spirito e arricchirci umanamente sempre di più, questa è la cosa più bella che ci sta dando questo lavoro».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA