Musica
Chiara Pappalardo la violoncellista catanese che insegue il sogno americano: «Qui si può fare»
Catanese, 28 anni Chiara Pappalardo insegue il suo futuro di musicista a Washington «Qui sento di avere tutti gli stimoli per crescere e realizzare i miei sogni»
Esiste ancora il sogno americano? Per Chiara Pappalardo, 28 anni, catanese, violoncellista, esiste eccome. Nel 2018 dopo il diploma al Conservatorio di Catania è volata negli Stati Uniti, a Washington, per concretizzare il suo progetto di vita: vivere di musica.
Perché partire e perché Washington?«Volevo farmi un’idea di come fosse la musica fuori Catania e magari fuori dall’Italia, volevo conoscere maestri che avessero a che fare con scenari internazionali e che mi potessero mostrare nuovi punti di vista. Gli Stati Uniti sono arrivati proprio dal cielo. Ci sono state una serie di coincidenze che mi hanno fatto conoscere la Catholic University of America, avevo contattato l’insegnante di violoncello, Amy Baumgarten, primo violoncello della Washington national Opera Kennedy Center Opera House, mi è piaciuta molto e abbiamo fatto “click”, come si dice. Nel 2019 era periodo di audizioni, mi hanno offerto una borsa di studio, ho vinto il concerto competition suonando da solista il concerto di Dvořák e da lì è partito tutto. È durata due anni, poi c’è stato il Covid, sono tornata in Italia per un anno, credevo che la mia esperienza americana fosse finita lì, invece mi hanno richiamato per un dottorato e nel 2021 sono tornata negli Usa».

E adesso?«Nel 2024 ho completato il dottorato. Ho dovuto preparare un programma interamente nuovo ogni semestre, quindi, ogni quattro mesi, ciascuno della durata di oltre un’ora. Questo ritmo intenso mi ha dato non solo un’enorme disciplina nello studio, ma anche una profonda consapevolezza del mio modo di lavorare e del mio potenziale come interprete. Adesso lavoro come musicista, mi divido fra performance free lance e insegnamento. Mi invitano orchestre regionali, suono con un mio quartetto, con l’Opera italiana a Washington DC e New York, un’orchestra composta da musicisti di alto livello».
Rispetto a quando sei partita è così come te lo immaginavi?«L’America non la conoscevo, sono arrivata ad occhi chiusi. All’inizio avevo semplicemente l’idea di studiare, non pensavo di rimanere qui, ma le prospettive si aprono. Il mio sogno nel cassetto resta quello di fare un’audizione e magari “vincere” un’orchestra stupenda, qui ci sono musicisti da tutto il mondo, la competizione è alta e questo mi spinge sempre a migliorare».
Cosa è stato confermato e cosa disilluso rispetto alle aspettative?«Mi aspettavo di approfondire e imparare meglio il violoncello e così è stato. Ci sono professori russi, bulgari, cinesi… Ė bellissimo poter assorbire idee da tutti, imparare il più possibile, ho fatto enormi progressi qui. Certo, stare così lontano dalla famiglia è difficile, ti senti che rispetto al passato c’è una specie di “ponte” che viene a cadere».

Vuoi dire che ti senti divisa fra due mondi?«Esattamente. Quando sono qui mi manca la Sicilia, quando sono in Sicilia mi manca l’America, ma penso sia normale. Sicuramente non penso a tornare in Sicilia, la mia vita oggi la immagino davvero qui, sto avendo un sacco di opportunità, sto conoscendo molte persone, veramente questa è casa mia».
Gli Usa sono ancora la terra delle opportunità per tutti o è una narrazione da film che portiamo avanti noi europei?«Vivendo qui posso dire che il sogno americano esiste, ma non solo per me, non sono l’unica. Qui ci realizziamo, tanta gente di talento viene da posti in cui non riuscirebbe a fare e dare quello che ha dentro. Qui, invece è possibile. Non c’è un momento in cui puoi stare ferma. Per esempio in estate ci sono tantissimi festival. Ne ho fatto uno che si chiama Eastern Music Festival. Anche lì ho vinto una borsa di studio, cinque settimane di full immersion, musicisti da tutto il mondo, due orchestre di studenti. Ho avuto il privilegio di essere sia primo violoncello che assistente primo violoncello. Avevamo un programma diverso a settimana, masterclass, lezioni individuali di strumento, concerti di musica da camera e ogni sera un concerto diverso della facoltà da ascoltare. L’anno scorso in 10 giorni ho fatto due concerti di musica da camera con repertori diversi e uno – Lancaster International Piano Festival – da primo violoncello con l’orchestra del festival. In quale altro posto avrei avuto queste opportunità?».

Gli inizi come sono stati? Lingua, amicizie, studi…«C’è voluto un po’ per adattarmi e sentirmi a mio agio, ero qui per studiare e passavo la maggior parte del mio tempo sui libri. Mi mancava e mi manca il mare, io ho vissuto anche ad Aci Trezza. La lingua si supera, devi sopravvivere e poi l’accento italiano piace a tutti».
Cosa significa essere italiani in America?«Significa portare con sé una cultura che qui è profondamente valorizzata e ammirata. Le persone sono incuriosite dai nostri modi, dal nostro cibo, dalla lingua e naturalmente anche dalla nostra musica. Questo si percepisce tantissimo, per esempio quando ho l’occasione di contribuire con il repertorio operistico: quando ho suonato L’Elisir d’amore di Donizetti all’università da primo violoncello o sono stata invitata per suonare La Bohème di Puccini, o i concerti con Opera Italiana, per me è stato non solo un privilegio, ma anche un modo concreto per condividere un patrimonio artistico che sento mio. Vivere e lavorare qui mi ha permesso di riscoprire l’Italia nella sua straordinaria ricchezza, ma anche di riconoscere quanto il mio lavoro, la mia identità artistica, trovino qui dignità e valore. Sono grata di poter essere, nel mio piccolo, un’ambasciatrice di un Paese incredibile come l’Italia».
E in Italia avresti avuto le stesse opportunità?«Sinceramente non posso ignorare quanto sia difficile trovare in Italia, al momento, un’attività professionale davvero appagante, o un contesto che possa stimolarmi continuamente a crescere e a dare il meglio. Qui invece sento che questa combinazione – stimoli, riconoscimento, possibilità – esiste. La vita è una per tutti, anche per me. Io volevo suonare il violoncello e qui lo sto potendo fare».
Che consiglio daresti a un ragazzo, una ragazza, che volesse seguire il tuo esempio?«Consiglierei loro di venire. Qui ti metti alla prova prima di tutto con te stesso, ma ce la puoi fare se vuoi. All’inizio stringerai i denti, ma dietro ogni angolo c’è una possibilità. Questa è davvero la terra del fare».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA