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Da Donnalucata a Malta per insegnare a cucinare e a mangiar bene

Di Carmen Greco |

La Valletta (Malta) – Un po’ di sabbia nelle vongole ed ecco che la padella con gli spaghetti finisce nella spazzatura. Si arrabbia lo chef Salvo Piccione, ma la “qualità” è la rotta che ha sempre seguito da quando 16 anni fa decise di lasciare Donnalucata per inseguire il sogno di un ristorante tutto suo a Malta. Oggi che nel piccolo borgo marinaro di Marsaxlokk, nella parte sud dell’isola, il suo T’Annamarì (dal nome della figlia Anna e della signora che prima occupava questi ambienti, un ex negozio di souvenir) è un punto di riferimento per maltesi e turisti, vuole alzare l’asticella del gusto e spiegare ai maltesi cosa voglia dire mangiar bene.

«Qui fino al 1980 non avevano mai visto un pacco di pasta Barilla, tanto per dire il nome di una marca comunissima in Italia, la pasta era servita scotta. Quando sono arrivato sull’isola era tutto a base di burro e formaggio. Ora le cose stanno cominciando a cambiare». Piccione, 33 anni, prima di sbarcare a Malta ha accumulato esperienze in sala e in cucina sia all’estero che in Italia. Rientrato nel Ragusano ha dovuto fare i conti con una realtà che non gli permetteva una sicurezza economica «non mi pagavano da sei mesi ed io avevo una figlia piccola», così ha deciso di rimboccarsi le maniche e di scommettere su un ristorante tutto suo. «C’era un cliente che mi diceva, “ma perché non ti trasferisci a Malta?” e così, prima ho lavorato con altri, poi ho deciso di mettermi in proprio.

Oggi al T’Anna Marì (che significa a casa di Anna Maria) ha creato una piccola impresa familiare con la sorella Vincenza, il cognato-sommelier, Rosario Occhipinti, mamma Concetta che fa la spola con il catamarano da Pozzallo. Papà Matteo è rimasto a Donnalucata ad occuparsi dell’azienda agricola di famiglia, che poi è la fornitrice “madre” del ristorante. «Qui a Malta hai molti vantaggi – spiega – a cominciare dalle tasse, il tetto massimo da pagare è del 35%, l’iva è al 18% e la contribuzione dei dipendenti è il 10% della loro busta paga. Per un imprenditore è tutto molto più semplice, non come in Italia in cui su uno stipendio da mille euro, 700 devi pagarli di contributi. Qui, ad un lavoratore pagato 1.200 euro, il 10% lo paghi tu, e il 10% se lo paga lui, di tasse, con la busta paga». Se l’aspetto fiscale è stata una delle motivazioni principali, l’altra è sicuramente quella dello stile di vita dei maltesi. «La gente – dice chef Piccione – ama andare fuori a mangiare, direi che il 90% dei maltesi mangia fuori quasi tutti i giorni e lo posso dire perché l’80% della mia clientela è maltese, non siamo un locale per turisti ma per gli abitanti del posto».

Quello che manca è la consapevolezza di un’alimentazione sana. «Mi sforzo di far capire la differenza tra un piatto dozzinale e la cultura del cibo a km zero, ma c’è molto da lavorare. Oggi, finalmente, stanno cominciando a comprendere cosa sia la farina, da dove provenga, da quale tipo di grano sia stata ottenuta, cosa voglia dire la lavorazione di un piatto, insomma quello che c’è dietro il nostro lavoro. Certo, c’è sempre il cliente che ti chiede il formaggio da mettere sulla pasta con i ricci, per noi un omicidio, cerchiamo di accontentarli ma fino ad un certo punto. Ad un cliente che pretendeva di condire il pesce con la panna ho detto di no, mi sono rifiutato. Lui l’ha capito. Dare spiegazioni sul prodotto finito, secondo me, aumenta l’amore che metti nel comporre quel piatto e la gente lo capisce. Fino a qualche anno fa, invece, quando cercavi di spiegare che il formaggio sugli spaghetti con i ricci non ci va ti dicevano “ma tanto è lo stesso”. No, che non è lo stesso».

Al ristorante arriva un fornitore di pesce con un bellissimo scorfano rosso, una cernia, saraghi e pagello. La cucina che lo chef di Donnalucata ha portato a Malta, mette proprio il pesce al centro del menù. «È la mia specialità – conferma – una cucina mediterranea, semplice, non sono uno che mischia sapori, amo la cucina tradizionale come la buonanima di mia nonna. Lei non comprava niente, dall’orto alle uova, dalla pecora, al castrato. È quello che vorrei continuare a fare, ma per seguire la sua tradizione, per dedicarmi anche alla campagna, mi dovrei distaccare dal mio ristorante. Tra qualche anno magari sarà possibile, sto crescendo un ragazzo come sous chef, si chiama Sebastiano Latina, di Donnalucata come me, siamo sulla stessa lunghezza d’onda e per me è un’emozione dargli questa possibilità». Nella cucina del T’Anna Marì si fa tutto, dal pane ai dolci. A tavola arrivano nel cesto del pane anche dei panini caldi ripieni di salsiccia. Dettagli che colpiscono i visitatori, così come i piatti in cui vengono servite le pietanze, creati da Alessandro Di Rosa, l’artigiano modicano del vetro che ha tra i suoi estinmatori tanti chef famosi tra i quali, Vincenzo Candiano, Ciccio Sultano, Pino Cuttaia, WickyPriyan, Carlo Cracco, Accursio Craparo.

Il progetto di lasciare ad un giovane cuoco il ristorante, si intreccia con l’idea di lavoro multitasking di Piccione, vale a dire fare eventi con menù studiati, esibirsi in show cooking, far conoscere i produttori, in una parola fare marketing delle eccellenze italiane. Per questo ha fondato a Malta l’Italian Cuisine Academy, che attraverso corsi professionali formerà nuovi chef e diffonderà anche in quel di Malta il “verbo” della cucina di qualità. «La sede c’è già a Mosta – anticipa Piccione – stiamo costruendo il sito e definendo le licenze per essere certificati dalla Domain Academy (ente di formazione maltese), saremo associati con Alma, con Blu Lab se lo chef Alfio Visalli ci dirà di sì, e anche con la scuola Nosco dello chef Giovanni Galesi».

Attualmente, Salvatore Piccione è l’unico cuoco italiano a cimentarsi in questo progetto “educativo” a Malta anche se – avverte – «non lascerò mai la cucina, mi vedo con associato con i produttori d’eccellenza, come loro promotore, come utilizzatore, vorrei fare capire ai ragazzi che verranno a studiare nella nostra Accademia come lavorare la materia prima». Nel futuro c’è anche l’idea di tornare in Sicilia. «Ma non domani – assicura – magari tra qualche anno, ma è comunque un obiettivo che ho in mente. Vorrei essere il direttore di una realtà poliforme, gestisco già il locale, gli eventi, sto avviando l’accademia, aprendo il sito, organizando lezioni di cucina… vediamo, di carne al fuoco ce n’è tanta. Non voglio stare solo chiuso in cucina, a me piace andare nelle aziende capire, toccare la materia prima, guardare i produttori negli occhi».

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