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La Sicilia, la terra, la famiglia: sette ettari per 4 sorelle tra uliveti e vigneti

Di Maria Ausilia Boemi |

La Sicilia, la terra, la famiglia e una piccola azienda agricola che diventa il fulcro di questi valori. Valori che le 4 giovani sorelle Cannata – Rosalia e Cristina che vivono a Milano, Agata e Gabriella che vivono in loco – sentono forti. Talmente tanto da avere voluto, nel gennaio 2017, trasformare i 7 ettari di terreni della famiglia (5 destinati a vigneto e 2 a uliveto) in una vera e propria azienda agricola che portano avanti (chi da lontano, chi in loco) insieme con il papà Leonardo, la mamma Nina e la nonna Rosalia.

Rosalia, quasi 35 anni, da 15 vive a Milano, dove si è trasferita per studiare Economia alla Bocconi, come la secondogenita Cristina, 28 anni appena compiuti. Entrambe fanno la spola tra Lombardia e Sicilia, per tornare spesso in azienda, quella che loro definiscono «casa». La prima oggi insegna materie economiche in due centri di formazione professionale lombardi e cura il settore commerciale dell’azienda Le Sette Aje; la seconda è direttore marketing di una start up che si occupa di soluzioni innovative nel campo della finanza strutturata e per l’azienda di famiglia si occupa di marketing e comunicazione. In Sicilia, tra Santa Margherita di Belice (sede amministrativa) e Contessa Entellina (dove si stendono i terreni), ci sono poi Agata, 18enne maturanda al liceo classico, e Gabriella, studentessa al liceo linguistico di appena 15 anni: entrambe impegnate con i genitori sui campi, la prima supporta anche le due sorelle maggiori, mentre l’ultimogenita si occupa della produzione di contenuti sul brand e il prodotto.

«La scelta di fondare questa azienda – spiega Cristina – è stata dettata dalla volontà di continuare a coltivare, anche se lontane, un rapporto con la nostra terra e la nostra famiglia. Questi terreni, acquistati 100 anni fa dal mio bisnonno, sono passati di padre in figlio sino a noi, ma nessuno mai aveva pensato di realizzare un’azienda che producesse prodotti da commercializzare. Noi siamo la quarta generazione e diciamo che nel cuore abbiamo 100 anni, anche se anagraficamente siamo giovanissime. Siamo cresciute in campagna, in mezzo alla terra, mangiavamo i prodotti dell’orto all’insegna della genuinità. Qualche anno fa abbiamo avuto questa idea anche se né io né le mie sorelle abbiamo una formazione legata all’agronomia o all’agricoltura. Ovviamente, dietro 4 giovani donne ci sono i nostri genitori, fermo restando che anche noi figlie lavoriamo all’occorrenza nei campi».

Certo, le 4 sorelle si sono chieste come differenziarsi rispetto agli altri coltivatori e la risposta l’hanno trovata nell’innovativo protocollo agro-omeopatico: «Una modalità di coltivazione – continua Cristina – che prevede la somministrazione di vaccini, realizzati con le versioni depotenziate delle malattie che colpiscono le varie cultivar e che, applicati sulla pianta, la fortificano. A ciò aggiungiamo l’utilizzo delle micorizie e degli scarti delle olive di nostra produzione: insomma, è la natura stessa a rendere robuste le piante, senza alcun utilizzo della chimica. Questo ci permette di ottenere un prodotto assolutamente pulito, privo di residui chimici, tanto che la Cna ci ha nominato tra le aziende in Sicilia più innovative». Un metodo applicato dalle giovani col padre: «Noi – spiega Rosalia – volevamo fare agricoltura in Sicilia e ci siamo chieste come distinguerci dagli altri. Grazie a studi e riflessioni interne, abbiamo così sperimentato e deciso di adottare questo metodo che ci permette di avere prodotti che rispecchiano totalmente la cura della pianta e del territorio. Una cosa è buona, infatti, solo se è genuina, se è sé stessa ed è naturale: se vogliamo raccontare i sapori della Sicilia, non possiamo modificarli».

La produzione annuale di 5mila bottiglie di vino (senza chiudere la filiera) e di circa 1.000-1.200 litri di olio (in questo caso chiudendo la filiera) sono vendute sia ai clienti direttamente in azienda sia nel resto dell’Isola e in Lombardia, ma non solo: «Il nostro target – spiega Rosalia – è una nicchia di mercato. Tra l’altro, per quanto riguarda l’olio, chiudiamo la filiera col frantoio facendo una molitura al 100% monovarietale: quindi non andiamo a molire le olive tutte insieme, ma per tipologia. Questo ci permette di avere oli ricercati con singole varietà di olive, varietà anche molto antiche, come ad esempio la “murtiddara”, molto rara in Sicilia». Una ricerca, quindi, simile a quella dei grani antichi: «Con questa molitura monovarietale – conferma Rosalia -, vogliamo fare riscoprire piccole chicche che altrimenti andrebbero perdute. Per noi è fondamentale dare continuità a questo tipo di tradizione e di conoscenza, ricchezza immensa della Sicilia, seguendo la nostra filosofia di naturalità e purezza del prodotto finito».

Una decisione particolare, quella di mettersi in gioco in un’azienda agricola vivendo lontane e assorbite anche da altri impegni professionali: «Di base – spiega Cristina – nella vita si deve cercare un equilibrio e la felicità, tramite ciò che può fare stare bene. Qui al Nord facciamo dei lavori che ci soddisfano ma fino a un certo punto, perché alla fine ciò realmente soddisfa è quello che fai tu, creando qualcosa e lasciando un’impronta tua. Il desiderio di prendere in mano l’azienda deriva dalla necessità di vivere il rapporto con la Sicilia, la nostra terra. L’azienda è stata un modo per essere più vicine e rendere omaggio alla nostra terra, cultura e tradizione: noi ce ne siamo andate, è vero, però ce le portiamo sempre dentro. E poi è anche una maniera di vivere la famiglia: noi siamo 4 sorelle, tra la prima e l’ultima ci sono 20 anni di differenza, banalmente non abbiamo mai vissuto tutte insieme nella stessa casa a parte i momenti di vacanza. Quindi, il fatto di essere tutte e quattro impegnate in questo progetto, più ovviamente mamma, papà e la nonna, in un certo qual modo ci permette di sentirci vicine. Le Sette Aje è la nostra famiglia, non c’è più differenza tra noi e l’azienda. È quindi un doppio legame: con il territorio e con la famiglia».

Insomma, un’azienda che è terra e famiglia nello stesso tempo, dove l’azienda, come sottolinea Rosalia «è casa. Noi ci riuniamo, organizziamo incontri didattici con i clienti/amici nelle “giornate di campagna” non solo per fare degustare i prodotti ma soprattutto per fare vedere cosa c’è in vigna, cosa si fa nell’uliveto, come si raccolgono le olive, come si vendemmia, come si riconosce una pianta sana. Cerchiamo sempre di coinvolgere le persone per fare vedere la realtà: non è dunque solo prodotti, ma realtà di vite che si incontrano». Proprio quelle occasioni in cui il ruolo di nonna Rosalia diventa fondamentale: «Sono momenti di festa – racconta Cristina – che si concludono sempre con delle mangiate stratosferiche e la nonna che cucina per centinaia di persone. Non per nulla, le abbiamo dedicato un vino, che si chiama appunto Donna Rosalia».

Le quattro sorelle non disdegnano i campi, tutt’altro: «Andiamo anche noi a vendemmiare, a raccogliere le olive, a potare, a fare tutto ciò che serve sui campi», sottolinea Rosalia. Anche se, come rileva Cristina, «ci sono stereotipi di genere che continuano ad esistere. Il fatto invece di essere un’azienda tutta al femminile ci dà un valore aggiunto, un quid in più in termini di eleganza, di cura». Fermo restando che, sottolinea Rosalia, «nel mondo del vino ci sono tantissime donne che come noi gestiscono aziende».

Le maggiori difficoltà? «A livello economico – spiega Rosalia – la partenza è stata difficile perché inizialmente abbiamo imitato strategie di vendita o di marketing altrui. Poi in realtà ci siamo rese conto che ognuno deve avere un proprio business plan». E Cristina sottolinea anche la difficoltà «di fare conoscere l’azienda. Sicuramente i comportamenti di acquisto legati al vino sono basati su fiducia e fedeltà. Noi, essendo completamente nuove, abbiamo dovuto farci conoscere per potere trasmettere la qualità e la validità del prodotto, anche in rapporto al prezzo». Una difficoltà speculare, però, alle maggiori soddisfazioni: «Noi diciamo – sottolinea Cristina – che i nostri indicatori di business, visto che abbiamo fatto la Bocconi, sono i sorrisi della gente. È una grande soddisfazione vedere le espressioni delle persone quando assaggiano il nostro vino». E poi, aggiunge Rosalia, «in questo periodo particolare di isolamento a casa per il coronavirus, è bello ricevere i messaggi delle persone che dicono di avere gioito gustando il nostro vino a casa».

E, pur in un periodo particolare a causa del Covid-19, i progetti fervono: nell’immediato nuovi vini e «più a lungo termine – sottolinea Rosalia -, avere una cantina nostra per chiudere la filiera del vino». Con un sogno nel cassetto: «Tornare definitivamente a casa in Sicilia se e nel momento in cui l’azienda, crescendo, consentisse a tutta la famiglia di mantenercisi», sussurra – quasi per scaramanzia – Rosalia. E le 4 sorelle ci arriveranno, forti degli ingredienti del loro successo: che sono «ricotta, scorcia di cannola e un po’ di scorza d’arancia», rispondono ridendo in coro. Poi, più seriamente, riflette Cristina, «direi perseveranza, amore e famiglia, fiducia e unione».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA