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L’acese che “cura” i muscoli di Neymar e Mbappè

Il 35enne Cristoforo Filetti "globetrotter" sportivo da Roma al Qatar e poi alla salernitana. Da un anno è preparatore atletico del Paris Saint Germain

Di Maria Ausilia Boemi |

Un acese con la testa e il cuore nel pallone: il 35enne Cristoforo Filetti vanta una carriera di tutto rispetto e, da giugno 2020, dopo anni da “globetrotter” del calcio («ma questo lavoro ti obbliga a muoverti», spiega), è sbarcato nel blasonato club del Paris Saint Germain come preparatore atletico.

Sposato con la romana Eleonora, docente di Educazione fisica, papà di un bambino di 5 anni, Cristoforo Filetti, dopo il liceo scientifico ad Acireale, si è laureato in Scienze motorie e sportive all’università Tor Vergata di Roma; quindi ha conseguito, nello stesso ateneo, la specialistica e un master in Personal training. È seguito il dottorato di ricerca  sempre a Tor Vergata. «Dopodiché – spiega – ho iniziato a lavorare, allenando per un anno e 8 mesi la Lodigiani a Roma, una squadra di calcio che negli anni ’90 era in serie C nel settore giovanile. Subito dopo, sono andato alla Roma, dove ho fatto l’allenatore fisico prima nel settore giovanile e poi in prima squadra». Inizia a quel punto la vita da “globetrotter”: «Dopo la Roma sono andato per 4 anni in Qatar, dove allenavo una squadra di serie A. Il Qatar è un Paese molto piccolo, ma con strutture all’avanguardia dove ho potuto testare tutto quello che avevo studiato senza alcun tipo di pressione, cosa che non accade in Europa». Dopo l’esperienza in Qatar, Cristoforo Filetti è stato 3 anni in serie B alla Salernitana finché, da giugno dell’anno scorso, è sbarcato a Parigi al Paris Saint Germain come preparatore atletico.

Tante esperienza eclettiche, dunque: «Da tutte – racconta – ho imparato molto. Da un punto di vista della formazione, l’esperienza in Qatar è stata importante perché avevo la possibilità di applicare ciò che avevo studiato senza pressioni:  è stato quindi il periodo che mi ha formato di più. Arrivare però a soli 30 anni in serie B nella Salernitana come preparatore primo è stato fondamentale, perché mi ha permesso di capire quali sono le differenze tra il mondo del Qatar, isola felice nel calcio, e l’Italia e l’Europa dove la pressione per raggiungere i risultati, unico modo per andare avanti, è fortissima. Io comunque mi sono trovato bene ovunque, ma se dovessi scegliere, Salerno mi è rimasta nel cuore. È chiaro tuttavia che l’esperienza che sto facendo qui a Parigi, che mi porta a dovere esprimere al massimo le mie competenze in un ambiente complesso, dal punto di vista degli stimoli professionali è quella al top». Guardando sempre avanti, anche se l’acese Filetti è arrivato ormai a un club blasonato: «In questo momento spero di rimanere qui a Parigi il più a lungo possibile. Stiamo discutendo su un eventuale contratto a tempo indeterminato che spero di firmare a breve». Una carriera che ripaga ampiamente del cruccio di avere dovuto abbandonare, causa ginocchio, il sogno di scendere in campo come calciatore: «All’inizio, come per tutti i giovani appassionati di questo sport, era quello il mio sogno, però ho avuto presto dei problemi fisici al ginocchio e non ho potuto continuare al di là dell’Acireale. Ecco, forse questo è l’unico minimo rimpianto che ho, però da un punto di vista professionale non mi posso lamentare: sono assolutamente un privilegiato e sono arrivato ad altissimo livello in relativamente poco tempo».

Superando, come in qualsiasi campo – ma forse di più in un settore dove la competizione è fortissima – tante difficoltà: «In questo settore, partendo da zero come me, si deve fare molta gavetta perché l’unico modo di arrivare ad altissimo livello è dimostrare di essere in grado di lavorare tutti i giorni e risolvere le situazioni che si presentano quotidianamente. Non c’è, tuttavia, solo l’abilità di allenare o di trovare le soluzioni giuste per i singoli giocatori, ma soprattutto quella di resistere in un ambiente che richiede sempre e unicamente risultati. Si deve quindi lottare con questo tipo di stress psicologico molto forte». L’altra faccia della medaglia delle difficoltà è però quella delle maggiori soddisfazioni: «Quella più grande è essere arrivato, partendo da zero, al massimo livello in pochissimo tempo. Io ho iniziato da un livello bassissimo, senza alcuna storia da calciatore alle spalle come invece accade nella maggior parte dei casi. Sono stato quindi anche fortunato nel trovare le persone giuste, con le connessioni giuste, al momento giusto per arrivare a club di questo livello. Diciamo che tutto è andato in modo da potere arrivare alla soddisfazione di fare la Champions League, che era l’obiettivo che avevo da quando ho iniziato a studiare». Ovviamente, senza sentirsi oggi arrivato, ma sorretto comunque da una sana ambizione: «Sono ancora giovane e devo cercare di migliorare. Più in alto di così a livello di club non si può andare, ma a livello di ruolo, di responsabilità si può crescere, aspirando magari a diventare un giorno preparatore capo. Anche se a oggi, alla mia età, non posso assolutamente lamentarmi».

E senza disdegnare in futuro un rientro in Italia: «Assolutamente sì, spero di tornare in futuro, ma per ora mi auguro, anche per la mia famiglia, che il percorso a Parigi sia abbastanza lungo, perché in questa città si vive bene». Pur conservando con la Sicilia «un legame molto forte: io sono siciliano e anche adesso cerco di mantenere punti di riferimento solidi con casa cercando di tornare il più possibile, per ora in vacanza, in futuro – spero – per rimanerci». Facendo però prima tappa a Roma, «perché sono stato poco in prima squadra e mi sarebbe piaciuto rimanerci un po’ di più». Sicilia della quale a Filetti manca «tutto, in particolare il cibo, soprattutto ora che vivo in Francia: ma cerco di fare arrivare quante più delizie possibili dalla Sicilia. È chiaro comunque che tutto l’ambiente siciliano mi manca da tempo, ma ormai sono fuori dalla nostra Isola da 15 anni e mi sto abituando a tornare solo per le vacanze: sono però sempre contentissimo di rientrare perché la Sicilia resta sempre la mia casa, dove sto benissimo, e questo è sempre ben presente nella mia testa». Con un rapporto talmente bello da non riuscire a trovare difetti nell’Isola, se non il fatto che «nel mio settore in Sicilia è difficile lavorare. Ciò non toglie che lì io stia benissimo e, se ci fosse la possibilità di lavorare, tornerei subito». A rendere più difficile un eventuale ritorno, però, ci si mette la solita piaga «della meritocrazia: qui in Francia il tipico concetto italiano della raccomandazione vale poco, nel senso che qui si fanno valutazioni sulla reale validità delle persone prima di metterle in certe posizioni. Questa è l’unica cosa che ho notato, sulla quale posso dire che esiste una enorme differenza rispetto all’Italia».

Una carriera, quindi, importante, quella dell’acese Filetti: e se gli si chiede quale sia stato il suo maggiore punto di forza, risponde che «ritengo che sia sempre meglio essere valutati dagli altri, valutarmi da solo è un po’ complicato: ma credo che sicuramente in questi anni ciò che mi ha aiutato è avere sempre creduto di potere arrivare al mio obiettivo. Direi quindi che  la perseveranza è stata una qualità che mi ha consentito di andare avanti pur con tutte le enormi difficoltà che si presentano a chi, da studente, si sposta in un’altra città e cerca da zero di arrivare a fare qualcosa e riesce a raggiungerlo». Ma ai giovani, oltre alla perseveranza, consiglia anche «di crearsi competenze praticamente uniche, che hanno in pochi, perché oggi la concorrenza in tutti gli ambiti professionali è spietata e bisogna essere specialisti di qualcosa per arrivare ad altissimo livello».

E poi, forse, ad aiutarlo a percorrere una carriera «in cui solo uno su 100mila ce la fa ad arrivare ad altissimo livello», il fatto che il cammino fosse intriso di profonda passione: «Sono stato appassionato di calcio fin da piccolo, ho iniziato a 6 anni a giocare. Crescendo, negli anni ho coltivato pure altre passioni, ma quella principale è sempre stata il calcio».

Infine, anche se in questo momento Filetti tifa professionalmente per il Psg, rivela sottovoce che la sua squadra del cuore resta il Milan: «Ma devo cercare di dirlo il meno possibile perché si fa sempre confusione tra il tifo e la professione». E se il più grande calciatore in attività per Filetti oggi è «sicuramente Messi», nella storia resta invece «Maradona il giocatore più forte di tutti i tempi:  un genio come lui nasce una volta ogni 100 anni». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA