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Il personaggio

Franco Fasulo, l’uomo del mare e della ruggine

Il pittore agrigentino quindici anni fa, decise di lasciare il “posto sicuro” (o quasi) per dedicarsi alla sua arte a tempo pieno

Di Fabio Russello |

Il mare, sia esso il Mediterraneo o l’oceano della Bretagna, come l’imprinting della sua vita e la ruggine come essenza della sua vena artistica e del tempo che scorre e che non ti lascia troppo margine per scegliere o per riflettere e rimuginare. Se sei davvero capace di fare quello che hai sognato di voler fare sin da bambino, fallo subito. Altrimenti il tempo e la ruggine, un giorno, te ne chiederanno il conto. 

Questo è Franco Fasulo, 58 anni, agrigentino, artista apprezzato in tutta Italia (e non solo), che vive nel Pavese e che ha raccolto la sfida con se stesso per non lasciare che la “ruggine” prendesse il controllo della sua vita spegnendo quella fiamma che arde tra le sue mani e che ne fa un artista vero. «Quando me ne sono andato da Agrigento – ha raccontato Franco Fasulo – avevo forse 42 anni e avevo passato anni della mia vita come precario, i famosi ex articolo 23. Un bel giorno decisi di accettare il bonus per la fuoriuscita e decisi di riprendermi la vita, facendo quello che mi piaceva fare e scommettendo tutto sulla pittura».  Dal quartiere del Duomo di Agrigento, in cima alla collina di Girgenti dove ci sono vicoli attraverso i quali puoi vedere il mare Mediterraneo, a Sartirana Lomellina dove al massimo, nelle rigide e silenziose serate di inverno, si può auscultare il Po che scorre impetuoso. Una distanza che non è solo chilometrica. Ma perché proprio là? Che ha Sartirana Lomellina? «Per noi siciliani – ha spiegato ridendo di gusto – tutto ciò che è oltre lo Stretto è hic sunt leones. Quindi un posto vale l’altro. Però si vive bene e con mia moglie Nicolina abbiamo preso casa qui. Ma siamo al centro del triangolo industriale e culturale tra Milano, Torino e Genova».

Chiedere quale sia, tra queste, la sua preferita è un domanda che ha una risposta scontata: «Genova, perché c’è il mare». Ma come si diventa artisti e in particolare pittori? Certo, serve il talento. Ma non solo. C’è sempre un motivo scatenante, la ragione per la quale nella mente scatta la molla: «Per un fatto luttuoso – racconta Fasulo -. Mio padre Luigi era un bravo pittore anche se dilettante. Ma è morto a 51 anni quando io avevo 15 anni. Diciamo che la pittura, i pennelli, le tele, i colori sono stati un modo per non recidere mai il legame con mio padre». 

Che poi Franco ha una passione per tutto ciò che è arte, ed è lui che dell’arte ne fa una poesia: «Ho partecipato anche ad alcuni scavi archeologici con la Soprintendenza di Agrigento in diversi luoghi. Mi accorgevo che incrociando le radici dell’ulivo, questi erano alberi che si nutrivano di storia, per via delle stratificazioni del terreno, dei cocci di ceramica e delle radici che raccontavano le storie dei popoli del passato». Anzi, un primo approccio con l’arte furono proprio le sculture in radici di ulivo che furono esposte anche ad una mostra internazionale a Firenze e a una mostra internazionale a Parigi. Da qui parte la consapevolezza piena che la sua arte poteva anche diventare (come lo è diventata) una professione che si è consolidata tornando alla pittura e alla scelta, 15 anni fa, di mollare il lavoro (quasi) sicuro per aprire un laboratorio. E da lì si comincia. Anche in un mondo difficile dove «Le gallerie – dice Fasulo – hanno il potere di vita o di morte sull’artista, mondo del quale io non faccio parte. Preferisco essere libero, una specie di free lance».

Che poi i quadri sono come dei figli: si sa sempre dove sono finiti e – in genere – non ce n’è uno a cui si vuole più bene. Però, almeno per i quadri, l’eccezione c’è: «Sono legato in modo particolare a due quadri. Uno è “Esistenza nomade” del 2002, secondo al  Premio Arte Mondadori e poi c’è “Lisboa” del 2001 che la Casa Editrice Sellerio ha selezionato come immagine di copertina del romanzo di Gaetano Savatteri “La ferita di Vishinskij”».  Ma quindi si può vivere di arte? «Ho cominciato in maniera artigianale e mi proposero di fare acquerelli per un albergo di Catania. Lavori veloci ed economici. Solo che quei lavori poi non si fecero più ma mi rimase l’attrezzatura e quelle opere riuscii a venderle subito. Quindi ne ho fatto un lavoro».  Ora: sono decine e decine i pittori, ma sono pochissimi quelli che hanno davvero qualcosa da dire artisticamente: «Se mi chiede qual è la mia corrente artistica non so rispondere. Non mi sono mai posto il problema. Però alcuni miei quadri sono esposti in mostre al fianco a Lojacono, Fausto Pirandello e Guttuso». E i pittori non sono come i pescatori che se prendono un pesce di 20 centimetri il racconto agli amici è che era di almeno mezzo metro. Però è la metafora che ci riporta al tema del mare.

«Ho da poco iniziato a dipingere una nuova serie di quadri – ha raccontato Fasulo – denominati “Crude Oil Tanker”, un omaggio alle petroliere, navi sorde e indifferenti nel loro navigare. Il tentativo è quello di cogliere la poesia dove, apparentemente poesia non c’è.  Tutto ciò in vista di una mia personale alla Art of the World Gallery di Houston che mi rappresenta negli USA per il prossimo anno». Il tempo, il mare e la ruggine che, appunto, ha un significato metaforico preciso per Fasulo: «La ruggine, l’ossido che delamina il metallo, altro non è che la trasposizione quasimodiana del tempo che scorre. Il poeta siciliano ci offre questa “visione” nella splendida poesia “tempio di Zeus ad Agrigento, dove il telamone sgretola la sua pietra con pazienza di verme dell’aria… E considerato che Agrigento è la città più marina d’Italia, data la sua natura geologica di calcarenite la ruggine è un colore mentale che nasce sul colle antico». 

Che poi, ruggine o meno, l’arte è una passione che a volte ti fa vivere esperienze divertenti e disperate nello stesso tempo: «Una volta – è l’aneddoto raccontato da Franco Fasulo – alla vigilia del G8 di Genova, c’era massima allerta, e io andai al porto di Palermo perché un mio amico mi disse che c’era in cantiere una enorme piattaforma Eni che doveva subire delle modifiche per passare sotto il poste nel Bosforo. Cominciai a fare delle foto alla struttura, era gigantesca… Al che un poliziotto mi notò e venne da me per fare dei controlli e gli spiegai che erano foto che mi servivano per fare dei quadri. Lui era un appassionato di arte che mi fece salire sull’auto della polizia e mi fece fare un giro all’interno del porto. Vennero fuori foto bellissime…».

Prossima tappa? «Le vacanze ad Agrigento – dice subito Fasulo – dove ho mamma e sorelle e  affetti importanti, amicizie. E poi le mie inquietudini sono state formate ad Agrigento quindi per me Agrigento è Agrigento». E se ci fosse stata una emoji fatta per un giornale, qui di sicuro sarebbe scappato un cuore rosso. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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