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Campionesse in erba

Serena De Lise e il basket, buon sangue non mente

Papà Ciccillo De Lise ha giocato con Nando Gentile, mamma Elena Ingargiola ha vinto il tricolore con Priolo. Lei, a 14 anni, è in Serie A2 con Patti: «Che emozione ma si lavora duro»

Di Giuseppe Bianca |

Quando Serena De Lise un giorno, tornando a casa, al tempo delle elementari, comunica ai genitori la sua scelta di voler giocare a pallavolo, a papà "Ciccillo", campione del passato del basket siciliano prima a Caserta e poi a Trapani, Siracusa e Cefalù, il cuore diventa piccolo piccolo. L’orologio fantachimerico che segna le ore che scandiscono il passato nel futuro sembra essersi incredibilmente fermato. A che sono servite, si domanda, tutte le storie che le ha raccontato, come quella di Nando Gentile ragazzino a Caserta che guardava suo padre giocare? O l’infinità di aneddoti che le avrà sussurrato al posto delle fiabe della buona notte quando era bambina?

Elena Ingargiola, la mamma di Serena, che ha centrato lo storico scudetto di basket femminile con l’Enichem Priolo nel 1989, il primo in uno sport vinto da una società siciliana, poi arrivò quello dell’Orizzonte Catania nella pallanuoto, in quel momento forse non immagina che la vita quando vuole ci raggiunge un po' ovunque. Nei sogni cullati a bassa voce come nelle aspettative alimentate giorno dopo giorno. Illusione e speranza scorazzano perplesse rincorrendosi fino a quando non trovano un approdo sicuro. Il sole che scalda poco non dura, sembra uno spettatore cinico e indifferente, ma si adagia su una fitta tela di casualità e circostanza. Come viene se ne va. E così per Serena alcuni anni dopo la conversione dalla rete del campo di volley alla retina del canestro sulla via del basket arriva quasi per caso, come succede spesso nella grammatica dei comportamenti degli adolescenti. Lascia la pallavolo e approda al basket. Non risparmia l'impegno, sa che il dna le può dare le risposte che cerca. Il resto lo mette lei che nella cronologia degli esordi illustri di famiglia rischia di battere entrambi i genitori. 

La prima convocazione infatti a Patti, campionato di A2 femminile, è di due settimane fa e come ricorda il padre Ciccio «Io ho esordito in Serie A a diciassette anni, mia moglie a sedici, Serena a quattordici». Nella contabilità dei sorrisi e delle emozioni da quattordicenne, questo conta però fino a un certo punto e per la ragazza sembra passare quasi in secondo piano. La semplicità come regola e la tenacia come applicazione per Serena De Lise fanno parte di  un progetto di sport e un percorso di vita. Il primo bivio importante si pone davanti a lei quando è il momento di scegliere tra Classico e Scientifico, l’opzione più gradita sarebbe la seconda, ma la scelta ricade sul Liceo Classico. Serena così eviterà di spostarsi ogni giorno a Castelbuono, sede dello Scientifico, e potrà concentrarsi sugli allenamenti. Uno dei primi falsi miti che la ragazza si preoccupa di sfatare è quello del rendimento scolastico da inseguire, “niente voti bassi o la pallacanestro la vedrai solo in televisione”, parola più parola meno è quello che le dicono i genitori. I voti le danno ragione sin da subito e sono anche alti, sia in latino che in greco. E se la pandemia «è tempo che passa» pensa con ottimismo, la riflessione sul futuro scolastico non è arrivata a cuor leggero «con gli Open day ho cambiato idea abbandonando l’idea dello Scientifico. Due volte la settimana prendo il treno alle tre del pomeriggio per arrivare in tempo agli allenamenti. Anche il Classico non è un passeggiata. Però mi aspettavo di peggio, basta che ci si organizzi e ci si metta di buona volontà, il resto viene da sé».

Vocabolario di greco in una mano e Ipad nell’altra, Serena è una ragazza del suo tempo, ma che ama molto leggere, divorando praticamente di tutto, abbondantemente oltre il perimetro già nutrito dei libri di scuola. Una passione che si concilia in maniera pratica con la sua attività di pendolare, tanto più che dalle nostre parti il Freccia Rossa è rimasto nel libro dei sogni degli Apache: «in treno se non studio mi porto libri di narrativa, per ora sto leggendo “Divergent” un’ avventura fantascientifica, ho visto anche il film».

Serena gioca con la maglia numero 29 sulle spalle, la stessa che indossava il cugino Lorenzo, promessa del basket siciliano, tragicamente scomparso in un incidente stradale cinque anni fa. Adesso le toccherà fare canestro per tutti e due. Ne è consapevole, ma le aspettative che gravano su di lei sembrano non preoccuparla più di tanto. Dopo i primi passi con la squadra normanna, sono arrivati i "camp" e i tornei estivi. La cefaludese viene subito notata dagli osservatori per la sua statura (oltre un metro e novanta) e chiamata prima da Cristina Correnti a Messina e poi a Patti da Mara Buzzanca. Dopo la prova a maggio scorso, tra un’ondata di pandemia  e una dad scolastica, Serena viene reclutata dalla società che sta disputando il campionato di A2 ed entra a far parte della rosa. Qualche telefonata di interessamento è arrivata anche da Schio (A1), ma papà e mamma sono stati d’accordo nel lasciarla crescere, almeno per ora, nella Sicilia del basket, la stessa che hanno vissuto loro, quella per intenderci in cui la pallacanestro ha sempre scritto splendide storie di provincia da Trapani a Ragusa, da Capo d'Orlando a  Priolo e Barcellona. E questa esperienza di Patti alla fine come sta andando? «Oltre a quello che facciamo con le giovanili insieme alle mie coetanee – spiega Serena – quando Mara Buzzanca, l’allenatrice della prima squadra, ci fa fare delle cose più specifiche si vede subito che l’intensità del lavoro aumenta molto».

In panchina nel giorno della prima convocazione, era emozionata «ma non più di tanto, stavo facendo una cosa che mi piaceva – confessa – anche se devo dire che ho visto la partita da una prospettiva diversa, vivere lo spogliatoio, condividere lo stato d’animo da vicino cambia molto il quadro complessivo». Serena del resto sembra aver già capito che spesso il transito conta più della destinazione e quindi sta imparando a godersi questo splendido momento tra sogno e realtà. Poi quando si troverà a tu per tu con il record da battere quello di uno scudetto vinto prima dalla madre e poi dalla figlia, magari quel giorno si porrà il problema. In ogni caso, comunque vada, va già bene così.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA