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«Così uccidete il Teatro Greco di Siracusa», il j’accuse dell’archeologo

«E' una situazione surreale: mentre gli archeologi mettono in evidenza la sua fragilità, fisici e geometri replicano che sta benissimo. E’ come se ad un paziente la diagnosi la facesse un ingegnere»

Di Francesco Nania |

«Quella del Teatro Greco è una situazione surreale: mentre gli archeologi e gli studiosi mettono in evidenza la sua fragilità, fisici e geometri replicano che sta benissimo. E’ come se ad un paziente, con una grave patologia, non fosse il medico a fare la diagnosi ma un ingegnere».

L’archeologo Fabio Caruso non usa mezzi termini per spiegare quale sia il senso del dibattito che da più di un anno è vivo in città sull’utilizzo del teatro antico del Parco archeologico della Neapolis in vista della prossima stagione in cui, sulla scorta della partecipazione di pubblico, l’offerta concertistica è aumentata.«Stiamo assistendo a un dibattito – dice Caruso – spesso strumentalizzato dalla politica per interessi che non collidono con la salute del bene archeologico e con l’interesse generale a tutelarlo. Ho sempre detto che per affrontare la questione occorra, innanzitutto, il buonsenso, non foss’altro per l’unicità del nostro teatro».

Fabio Caruso, archeologo

Caruso ricorda che il teatro sul colle Temenite ha 2500 anni e che, al contrario degli altri, è stato costruito sulla pietra calcarea. «Sbaglia di grosso chi paragona il nostro teatro a quello di Taormina – dice l’archeologo – per il quale sono stati eseguiti importanti interventi alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso e periodicamente necessita di un maquillage come avvenuto di recente per alcune sedute rovinate. Si dirà, anche l’Arena di Verona ospita spettacoli e concerti di musica rock e pop, ma anche quell’anfiteatro romano ha subito numerose trasformazioni e restauri come quello avvenuto nel Cinquecento. Al contrario, quello siracusano è rimasto originale proprio perché scavato nella roccia. Le uniche mutilazioni subite hanno riguardato la parte superiore della cavea per l’utilizzo delle pietre per la costruzione di nuovi edifici».

Caruso ricorda che la pietra del Teatro Greco è fragile. «E’ giusto che i monumenti vivano e non siano super protetti come il teatro di Dioniso ad Atene ma è altrettanto vero che bisogna utilizzarli cum grano salis». Altro aspetto importante è relativo alla gestione dei beni culturali.

«E’ consolidato da più parti che nelle Sovrintendenze ci siano sempre meno archeologi e ciò incide molto sulle scelte da operare per la tutela dei monumenti. Basta ricordare illustri archeologi del passato come Brea, Pelagatti, Voza e tanti altri per comprendere come avveniva la gestione dei beni, a cominciare dal teatro antico. Le Rappresentazioni Classiche, ad esempio, si svolgevano ogni due anni e il lasso di tempo ricorrente fra i due cicli di spettacoli classici, facevano eseguire la manutenzione. Oggi, invece, sembra esserci una sorta di ostracismo nei confronti degli archeologici e i risultati sono quelli che commentiamo».

Per entrare nello specifico dei concerti programmati al Teatro Dreco, Caruso è lapidario: «Gli effetti roboanti del sistema di amplificazione, al pari delle migliaia di spettatori che ballano sui gradoni al ritmo della musica sfrenata, provocano un danno alla pietra del teatro e non mi si venga a dire che la copertura di legno sia la soluzione ideale per salvaguardarlo perché si tratta pur sempre di un’opera di carpenteria che da qualche parte deve poggiare».

Insomma, per Caruso, che da quarant’anni studia e fa l’archeologo, quello che è in atto a Siracusa è «un triste dialogo tra sordi e chi si azzarda a fare affermazioni contrarie all’utilizzo del teatro per i concerti, è ricoperto di insulti. Eppure oggi non c’è un archeologo o un geologo disposto ad affermare che queste scelte siano corrette. Adesso che il dibattito coinvolge l’intera nazione, forse qualcosa può cambiare ma serve la consapevolezza che il Teatro Greco sia patrimonio di tutto il mondo, tutelato dall’Unesco. Il teatro è una scultura e come tale va salvaguardato anche indossando le pantofole come soleva dire un sovrintendente. Sappiamo che la sua pietra sia alveolata e ha bisogno di un importante restauro e allora ci si concentri su come intercettare i fondi necessari anziché esporla a ulteriori sollecitazioni che accelerano la morte del monumento».

Poi, l’ultima considerazione: «Noi studiosi, viviamo con dolore l’indifferenza attorno a un problema importante che è la vigilanza sul teatro e sulle nostre radici».

«E’ giusto che i monumenti vivano e non siano super protetti come il teatro di Dioniso ad Atene ma è anche vero che bisogna utilizzarli… cum grano salis»COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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