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Lukoil: «Nazionalizzazione ipotesi estrema». Ma c’è pure l’esempio bulgaro

Si prova a salvare gli impianti Isab di Priolo: dal 5 dicembre stop al petrolio russo per le sanzioni

Di Massimiliano Torneo |

Tutte le strade sono ancora in piedi per salvare Isab-Lukoil, ma in extrema ratio il governo interverrebbe con la nazionalizzazione. Lo ha detto a La Sicilia il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Anche se quanto sta accadendo nelle ultime ore in Bulgaria potrebbe rappresentare un esempio cui ispirarsi. Le strade in piedi sono quelle note: maggiori garanzie, attraverso la partecipata del governo Sace, per “convincere” le sinora riluttanti banche a riaprire le linee di credito e permettere a Isab-Lukoil di acquistare petrolio non russo dopo il 5 dicembre; una deroga all’embargo da ottenere in sede comunitaria, come è accaduto alla Bulgaria, con novità rilevanti nelle ultime ore; accompagnare alla vendita delle raffinerie Isab da parte di Lukoil, con lo strumento normativo del Golden power. Sono tutte strade che il governo “sta percorrendo con determinazione”, dice a La Sicilia il ministro Urso.

Strade che “ovviamente – aggiunge – hanno scadenze e procedure diverse”. Ma che se non risultassero sufficienti, il governo ha già deciso di attivare, in ultimo, una soluzione: “La nazionalizzazione – conclude infatti il ministro – è l’ultima strada ad essere attivata ove altre fossero non sufficienti”. Ancora in piedi la strada delle garanzie Sace. In questo caso Isab-Lukoil, una volta riaperte le linee di credito, tornerebbe a muoversi liberamente sul mercato acquistando petrolio non russo. Se ogni soluzione risultasse vana, come detto, l’estrema ipotesi: la nazionalizzazione. Che ricalcherebbe lo schema adottato dalla Germania. Lo Stato interverrebbe con una amministrazione fiduciaria temporanea per gli impianti Isab di Priolo. In questo modo la Germania ha salvato le proprie raffinerie gestite dalla russa Rosneft, “definita come infrastruttura critica per la sicurezza nazionale in vista dell’embargo del petrolio russo”.

Nel frattempo quanto accade in Bulgaria potrebbe rappresentare un esempio che il governo potrebbe ancora percorrere. Quel Paese, che vive una vicenda gemella a quella italiana con le raffinerie di Priolo, ha già ottenuto una deroga all’embargo fino a tutto il 2024 per la raffineria Lukoil sita nel proprio territorio. Ora Sofia si è accordata con Lukoil affinché la società possa esportare negli altri paesi Ue i prodotti lavorati, ottenuti da quel petrolio (che diventano a tutti gli effetti prodotti bulgari, e non più russi), a patto che la società paghi le tasse in Bulgaria. Impianti salvi e pure un introito fiscale di oltre 350 milioni. Insomma: “Esistono soluzioni che in altri Paesi sembrano funzionare”, è la voce che circola in queste ore tra quadri e manager dell’impianto di Priolo. Nell’edizione cartacea de La Sicilia di oggi, 25 novembre, pagine di Siracusa, la notizia con altri approfonditi dettagli.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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