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L'EMBARGO

Lukoil, il paradosso: la Germania salva raffinerie sanzionate, in Italia silenzio su Priolo

I tedesci hanno preso il controllo della russa Rosneft, in Italia invece rischia seriamente di chiudere l'impianto siciliano

Di Massimiliano Torneo |

Il paradosso della soluzione tedesca, dove il governo prenderà il controllo del gigante petrolifero russo Rosneft, che in Germania gestisce una serie di raffinerie, al fine di “garantire le forniture energetiche nazionali” e contrastare così l’effetto boomerang delle sanzioni, è che, rispetto a Lukoil, Rosneft e i suoi vertici sono stati colpiti dalle sanzioni Ue. Lukoil no. Il dettaglio non sfugge nemmeno dalle parti dei vertici della stessa azienda, che assistono impotenti a questa corsa contro il tempo.

Le attività di Rosneft in Germania saranno gestite almeno per 6 mesi dall’Agenzia delle reti tedesca, che lo scorso aprile aveva già assunto la gestione fiduciaria di Gazprom Germania, poi trasformata in Sefe. Le controllate Rosneft in questione forniscono circa il 12% del fabbisogno tedesco di petrolio. Rosneft rifornisce un’amp ia parte dei Laender orientali della Germania e copre il 90% del bisogno di carburante della capitale Berlino, incluso l’aeroporto BER.

Lukoil, che nel petrolchimico siracusano possiede due raffinerie (che producono circa il 22 per cento del prodotto destinato a tutta la Nazione), maggiore azionista della Litasco, società svizzera proprietaria dell’Isab di Priolo, non è oggetto delle sanzioni, ma di “over compliance”, una sorta di eccesso di zelo da parte delle banche che dopo le prime sanzioni Ue alla Russia hanno chiuso le linee di credito, costringendola a acquistare solo greggio russo. Rischiando , dunque, la chiusura con l’imminente embargo al petrolio di Mosca.

La decisione del governo tedesco, dunque, di nazionalizzare le raffinerie di proprietà di una società russa sanzionata per salvare produzione e posti di lavoro, amplifica il silenzio del governo italiano, e in particolare del ministero dello Sviluppo economico, che il 2 agosto per effetto dell’emendamento “salva-Isab” inserito nel decreto Aiuti, aveva avviato un tavolo finalizzato a individuare “soluzioni per la prosecuzione dell’attività dell’Isab, salvaguardando i livelli occupazionali e il mantenimento della produzione”. Ma da allora tace.

Ancora più rumore fa questo silenzio se si pensa che il ministro che ha convocato quel tavolo è il leghista Giancarlo Giorgetti e che il suo leader Matteo Salvini in campagna elettorale ancora due giorni fa ha ripetuto: “La Lega ha sempre sostenuto le sanzioni, ma certo non possono essere gli operai italiani a pagarle per tutti”.

L’embargo al petrolio russo scatta ufficialmente il 5 dicembre, ma considerati i tempi tecnici necessari, gli effetti reali si avrebbero già un mese prima. A Novembre.  Si stima che la chiusura dell'Isab a causa dell'embargo farebbe perdere alla Sicilia 1 punto di Pil per un valore di oltre un miliardo di euro, ma, soprattutto, avrebbe un devastante effetto sul lavoro del Siracusano con circa 3000 posti fra diretti ed indiretti che sarebbero compromessi nella sola Isab-Lukoil e con un effetto domino in un comparto industriale che dipende in gran parte dall'Isab.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA