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LA SENTENZA

Siracusa, fu legittima l’ordinanza che vietò lo sciopero alla zona industriale

Secondo il Tar, il prefetto Luigi Pizzi non violò la Costituzione quando due anni fa proibì  riunioni davanti alle portinerie delle industrie 

Di Massimiliano Torneo |

Il prefetto di Siracusa Luigi Pizzi non violò la Costituzione quando, il 9 maggio di due anni fa, emanò l’ordinanza che vietava assembramenti e riunioni davanti alle portinerie delle fabbriche della zona industriale. 

E il governo italiano, dunque, nella fattispecie il ministero dell’Interno chiamato a giudizio, non si fece influenzare da quello russo nel far prendere quel provvedimento a un proprio ufficio di Prefettura. Fu un legittimo provvedimento.

La quarta sezione del Tar di Catania (presidente Federica Cabrini) ha rigettato il ricorso della Cgil. Il sindacato, come i lettori ricorderanno, aveva impugnato l’ordinanza intestandosi contemporaneamente una fortissima battaglia sindacale e politica contro il prefetto, il ministero dell’Interno e il titolare pro tempore del dicastero (in quei giorni era Matteo Salvini). Dapprima la Cgil di Siracusa, in seguito coinvolgendo anche la Cgil nazionale, avevano impugnato – chiedendone la sospensiva – il decreto prefettizio che disponeva, dal 9 maggio fino al 30 settembre 2019, il divieto di assembramento “per persone e automezzi in alcuni punti ben individuati della zona industriale di Siracusa”, prevalentemente coincidenti con alcuni snodi stradali e con gli ingressi delle aziende petrolifere Isab/lukoil, Sonatrach, Versalis-Syndial), “in ragione di gravi motivi di necessità pubblica, e di sicurezza della circolazione stradale”.

Nel luglio del 2019, ossia in piena validità del provvedimento, il Tar aveva respinto la richiesta di sospensiva, considerando il ricorso “sprovvisto del necessario fumus di fondatezza”. Impugnata dalla Cgil pure questa ordinanza, nell’ottobre dello stesso anno il Cga accoglieva l’istanza cautelare, ma “al solo fine della ravvicinata fissazione dell’udienza di merito in primo grado”. Nonostante fosse, dunque, cessato l’effetto dell’ordinanza, secondo il Consiglio di giustizia amministrativa la rilevanza costituzionale e la delicatezza dei valori in gioco in questa lite, consigliavano “una pronta definizione della controversia in sede di merito da parte del Giudice di primo grado”.

La definizione della controversia è arrivata ieri mattina. E, come detto, il Tar ha respinto il ricorso della Cgil dando ragione al prefetto e al ministero dell’Interno.

Dall’esame dettagliato dei vizi denunciati, nella sentenza si legge che il Tar ha ritenuto “non fondata” la censura sulla violazione dell’art. 17 della Costituzione. Cioè che l’ordinanza impugnata non impedisse “tout court l’esercizio del diritto di riunione in luogo pubblico”, ma si limitasse “a individuare dei punti – nevralgici rispetto ad altri interessi di pari rilevanza – nei quali le manifestazioni non potessero essere tenute per un limitato periodo”.

Insomma ritorna in questa sentenza quanto anticipato dallo stesso tribunale che respinse la sospensiva: “Ordinanza non lesiva del diritto di sciopero e dettata dall’esigenza di garantire l’esercizio dei diritti costituzionali dei terzi”. In pratica i lavoratori avrebbero potuto continuare a manifestare, ma in luoghi in cui non avessero nuociuto a terzi. Il Tar ha, infatti, tenuto conto “degli elementi di fatto” che determinarono l’adozione dell’ordinanza. Ossia che in passato “nel polo petrolchimico di Siracusa le manifestazioni di protesta dei lavoratori a rischio licenziamento spesso sono sfociate in illegali blocchi degli accessi alle aziende”. Indicate circostanze e date dal collegio. Ma anche una documentazione di “terzi” che si erano rivolti alla Prefettura. 

E non si tratta solo della “famosa” lettera dell’ambasciatore russo inviata agli Interni a difesa degli interessi della connazionale Lukoil, ma anche: la lettera di Ferrovia circumetnea in cui si prospetta l’interruzione del servizio pubblico di trasporto ferroviario, “ove non pervenga la fornitura di carburante bloccata presso la raffineria Isab a causa delle manifestazioni”; lettera della Sereco “in cui si rappresenta la necessità di far accedere all’impianto alcuni dispositivi tecnici necessari per garantire l’efficienza dei sistemi di raffreddamento della raffineria”.

Insomma, tenuto conto di questo il Tar ha ritenuto che l’articolo costituzionale menzionato risultasse rispettato “laddove prevede che le riunioni in luogo pubblico possano essere vietate dall’autorità per comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica”. Ricorso dunque rigettato.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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