Portopalo di Capo Passero, fuga dalle reti «tristi»: i figli dei pescatori aprono case vacanza
Il declino della seconda marineria siciliana. Operatori dimezzati, il 70% degli under 30 ha lasciato negli ultimi due anni
Pesca e crisi nella seconda marineria siciliana. Parlando con alcuni pescatori portopalesi viene subito in mente il passaggio del film Il postino, quando il protagonista, interpretato da un Massimo Troisi ormai alle battute finale della sua parabola terrena, alla domanda del poeta Pablo Neruda, in cerca di un aggettivo per le reti, risponde in modo deciso: «Tristi».
Già, perché le reti dei pescatori, anche a Portopalo di Capo Passero, si portano dietro un velo di tristezza, rimpianti e forte preoccupazione per un futuro sempre più grigio.
Quella del pescatore è una vita di sacrifici, notti passate a lavorare, a lottare con il tempo e gli imprevisti, non tralasciando la continua spada di Damocle di istituzioni che continuano a mettere lacci e lacciuoli alla Pesca. Basti pensare alla vicenda kafkiana della pesca a strascico e ai recenti regolamenti entrati in vigore in ambito comunitario che rischiano di trasformare questa categoria di lavoratori in una sorte di burocrati sempre a rischio di essere “azzannati” dalle autorità addette ai controlli.
Non è un mestiere per giovani
Quello del pescatore non è più un mestiere per giovani e non da poco tempo a questa parte. Oggi chi sceglie questa vita lavorativa sa bene che dovrà immolarsi ad una quotidianità dove passione e sacrifici spesso non trovano il giusto contrappeso economico. I numeri sulla forza lavoro e sul numero delle imbarcazioni rispetto ad un decennio fa sono eloquenti anche a Portopalo: il calo degli addetti si attesterebbe oltre il 40%.
Dei dieci operatori della pesca nella marineria portopalese operativi nel 2013 oggi ne sono rimasti meno di sei, anzi quasi cinque. Numeri impietosi che diventano ancora più espliciti della crisi restringendo il dato agli under 30: in questo caso la fuga dalla pesca negli ultimi due lustri, da parte di questa fascia anagrafica, sfiora il 70%.
Il boom del turismo
Qualcuno ha lasciato le reti da pesca scegliendo la vita del navigante, tra mezzi da crociera, rimorchiatori e supplay. Guadagni maggiori e la sicurezza di avere un’entrata a fine mese, pur dovendo sorbirsi periodi lontano da casa e dagli affetti, sono gli elementi di attrazione. Altri pescatori sono passati dal mare alla terra, diventando operatori del settore agricolo o gestori di strutture ricettive (bed&breakfast e case vacanze).
Non è un caso, infatti, se a Portopalo l’unico settore economico in costante crescita, da quasi dieci anni a questa parte, è il turismo mentre la pesca segna il passo e l’agricoltura resiste non senza fatiche.
Angelo Cannarella è uno dei più battaglieri nell’ambito della marineria portopalese. Discendente di una famiglia di pescatori, oggi è anche vicepresidente del Consiglio comunale. «Vogliono ridurre le giornate lavorative complessive di un’impresa di pesca, - dice Angelo Cannarella - portandole a meno di 150 giorni all’anno, - l’Europa continua a far piovere divieti e provvedimenti che non fanno altro che complicare il nostro lavoro. Quasi come a volerci mandare un segnale per farci uscire da questo settore. Vogliono ridurre la pesca nel Mediterraneo. Se il Governo a guida Giorgia Meloni non si farà sentire a Bruxelles per noi sarà l’anticamera della fine. C’è un accanimento ai nostri danni. Ci vogliono far cambiare mestiere».