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U ciospu, rito intramontabile e totem della Catania da bere

I chioschi risalgono alla fine dell’800. All’inizio erano solo baracche. Durante la forte calura estiva, i viandanti si dissetavano in tutte le ore del giorno.

Di Santo Privitera |

Il caldo di questi giorni è stato asfissiante. Non soltanto in Sicilia, ma in quasi tutto il Paese. Qualificati esperti meteorologi affermano che questa sembra essere la più calda estate di sempre. La siccità, infatti, si sta facendo sentire.

L’acqua è elemento primario per il corpo umano. Essenziale. Dall’utero materno e durante la vita, del prezioso liquido è impossibile farne a meno. Gli antichi dicevano: “Senza mangiare si può resistere; senza bere, si muore”. Dalla bottiglia alla borraccia, ogni contenitore è buono; meglio però se l’acqua è corrente. 

Nella iconografia raffigurante i rigogliosi giardini dell’Eden, l’uomo e la donna sono ritratti mentre attingono acqua da una copiosa cascata. Davanti a una invitante fontanella col beverino o con il “muso d’acciaio”, l’unico inconveniente è il tempo di intrattenimento. Quando ci si dilunga più del dovuto, c’è sempre qualcuno che con apparente discrezione comincia a borbottare dietro le spalle: “Au, t’ha sta vivènnu tutta… ‘a ca lassammilla ‘mmuccuneddu ‘a mia!…”.

A volte, per il semplice gusto di bere, c’è chi ne prende frettolosamente un sorso e scappa via. Un tempo era uso comune attingere l’acqua con la “quartara” o col “bummulu”. Entrambi fanno parte della “famiglia” delle anfore. Tra la quartara e ‘u bummulu non c’è alcuna differenza. Anzi, volendo essere un po' pignoli, la diversità consiste nella “bocca”. Quella della quartara è più larga perché possano essere introdotte anche le conserve. Inoltre, ‘nto bummulu, c’è un foro dal quale si può attingere l’acqua bevendo direttamente ‘a cannolu”; ovvero “a cascata”. Basta tenerlo sollevato al disopra della testa. Un vero godimento, poiché l’acqua all’interno di questo contenitore si mantiene sempre fresca. 

‘U bummulu è tipico esempio d’arte povera. Si tratta di un semplice impasto di terracotta e sale modellato dalle mani dell’uomo e poi fatto essiccare al sole (oggi nei forni). In Sicilia se ne fabbricavano in quantità industriale. A Catania, famosi erano ‘i Bummuli ‘da Susanna, nel quartiere di Cibali. Curioso lo slogan: “Comu ‘i bummuli ‘da Susanna, non ci nnè a nudda ‘banna….”. Il mestiere dell’acquaiolo era molto praticato.

Il venditore passava attrezzato di tutto punto per le vie dei quartieri. Nei contenitori, soprattutto in estate, l’acqua che trasportava era aromatizzata con lo zammù (anice). Una bevanda che nelle giornate assolate dissetava moltissimo. Dall’acqua con lo zammù al seltz, il passo è breve. E’ vero che certi tipi di acqua creano dipendenza. L’acqua semplice è buona, ma quella con le bollicine è più gustosa, è più “rock” direbbe qualcuno. 

E così negli anni ’60 le famiglie cominciarono a fare uso domestico di bevande gasate. L’acqua Visci (dalle famose terme francesi Vichy), com’era chiamata, si otteneva grazie a delle polveri granulose contenute nelle bustine. Si scioglievano nell’acqua rendendola frizzante. Bastava soltanto agitare la bottiglia, avendo cura di chiudere bene il tappo per evitare la fuoruscita del gas. Se l’acqua “sbintava” diventava imbevibile. Veniva perciò utilizzata una bottiglia col tappo munito di robusta guarnizione. 

In commercio arrivarono diverse marche: Idriz, idrolitina, frizzina e cristallina. Di quest’ultima si faceva la raccolta punti. Nove per volta. Alla fine il premio. C’era la possibilità di farsi pure l’aranciata in casa. Bastava acquistare un’apposita fialetta “all’arancia”. 

Ma il vero culto del “bere di gusto” resta quello che si pratica ancora nei tanti chioschi sparsi per la città. Si scrive chiosco, ma in catanese si pronuncia “ciospu”. La “Catania da bere” ha i suoi totem; sono le edicolette Liberty del centro storico e dintorni. Aldi là del fattore estetico, quella che più conta è la bontà del prodotto, la gentilezza e la rapidità dell’operatore. I movimenti sempre uguali. Le sue mani sempre a contatto con l’acqua, appaiono persino un po' deformi. Chi non ricorda ‘u ciospu dei fratelli Di Muro? Era sotto il Ponte Gioeni abbattuto anni fa. 

I chioschi risalgono alla fine dell’800. All’inizio erano solo baracche. Durante la forte calura estiva, i viandanti si dissetavano in tutte le ore del giorno. Ancora oggi è il punto di riferimento delle comitive che si recano nei luoghi di divertimento. “Tu chi voi?”, domanda agli altri chi è intenzionato a pagare per tutti. Dall’amarena all’orzata; dal mitico “sciampagnino” allo sciroppo al mandarino, c’è l’imbarazzo della scelta. Il seltz, limone e sale resta, però, il preferito.  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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