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Daniele Salvo: «Aristofane il Tim Burton dell’antichità visionario imprevedibile»

Il regista. Per la prima volta al Teatro greco la commedia “La Pace” «Si parla di guerra, stupidità umana e impossibilità di convivere»

Di Monica Cartia |

È la prima volta in 100 anni che la commedia “La Pace” di Aristofane viene messa in scena al Tetro greco di Siracusa. A portarla sul colle Temenite dal 9 al 23 giugno sarà il regista Daniele Salvo con protagonista Giuseppe Battiston. Ormai veterano al Teatro greco ha diretto per l’Istituto Nazionale del Dramma Antico “Edipo a Colono” nel 2009, “Aiace” nel 2010, “Edipo re” nel 2013 e “Coefore Eumenidi” nel 2014. Ha lavorato per 17 anni accanto a Luca Ronconi che considera un maestro e al quale rivolge sempre un pensiero.

Dopo il successo riscosso al Bifest-Bari International Film Festival con la sua opera prima cinematografica “Gli altri”, sarà nuovamente protagonista al Teatro greco di Siracusa con la commedia di Aristofane.«Sono molto contento del successo del film che è un thriller psicologico. Il cinema ti offre la possibilità di sperimentare nuovi codici ma il mio primo interesse rimane il teatro. Ritorno a Siracusa con un testo inedito, originale e spiazzante. Mi piace dire che Aristofane era un po’ il Tim Burton dell’antichità. Era un visionario, imprevedibile, pieno di idee e trovate anche bizzarre. Il testo ci parla dell’utopia di un viaggio di un uomo che vola verso l’Olimpo a cavallo di uno scarabeo stercorario gigante per chiedere la cessazione della guerra e dell’ostilità; per liberare la pace rinchiusa in una grotta da Pòlemos che fa da guardiano. È per me una sfida interessante. Il mio maestro Luca Ronconi diceva che i testi antichi sono come le luci delle stelle che noi vediamo. Sono partiti milioni di anni fa, non sappiamo bene cosa sono e la cosa bella è registrare questo stupore di fronte al mistero di questi testi antichi. Penso a uno spettacolo che possa coinvolgere emotivamente un pubblico vasto»

Ricorda Ronconi. Cosa le ha lasciato in eredità?

«Un patrimonio assoluto. Innanzitutto la capacità di leggere i testi, di decodificarli ed evitare i fraintendimenti. La capacità di sovrapporre le tue idee al testo senza compiere stravolgimenti alla struttura interna del testo. E poi mi ha lasciato l’idea di sfidare l’utopia e di sperimentarsi in grande stile».Per la prima volta mette in scena una commedia.«Sì. Parto da Gigi Proietti che sosteneva che in Italia non si fa più il comico ma la farsa ridanciana. Ecco io credo che non bisogna recitare la commedia o la farsa. Al contrario c’è una profonda tragedia nella commedia»

“La Pace”, testo antico ma contemporaneo.

«Contiene concetti a noi vicini. Non amo le attualizzazioni a buon mercato. Questo è un testo contemporaneo di per sé e va rispettato. Si tratta di una antichità reinventata. Una archeologia del futuro. Però c’è una grande visionarietà e ci sono tante cose che sembrano riferite al mondo di oggi perché il testo ci parla della guerra, della pace, della stupidità umana e dell’impossibilità del raggiungimento della pace. Normale il riferimento alla guerra tra Russia e Ucraina. Ne “La Pace” la guerra era voluta tra due tiranni: l’ateniese Cleone e lo spartano Brasida. La guerra del Peloponneso è stata atroce e anche lì lo scopo era l’espansione territoriale. I politici vengono messi alla berlina e si parla anche di un mondo teatrale corrotto in cui Aristofane non si riconosceva».

Come mai, secondo lei, non è mai stato messo in scena?

«Perché è un testo che ha una struttura complicata che richiede uno sforzo scenico ed economico. Porta concetti straordinari di poesia, di ritualità. Concetti perduti. Si fa riferimento alla semplicità, al ritorno alla natura. È un testo green».

Come sarà il suo allestimento?

«Aristofane è molto contemporaneo. Non c’è bisogno di sforzare la mano. La parola è predominante e il Teatro greco è un luogo antico da rispettare. Parto da esso. Nel testo c’è un richiamo forte alla semplicità, alla genuinità. Gli unici in grado di liberare la pace sono i contadini. Se ci pensa è quasi un concetto pasoliniano. Pasolini parlava del mistero del mondo contadino, mondo che non esiste più, di persone semplici, incontaminate dalla vita di oggi. A Pasolini mi sono ispirato anche per i costumi. La scenografia di Alessandro Chiti è potente e mette in contrapposizione il mondo terreno dall’Olimpo. Aristofane fa un appello alla semplicità, alla purezza di cuore».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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