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Marinoni: «Medea è il femminile che terrorizza i maschi e il Potere»

Di Giovanna Caggegi |

«Io so quanto male sto per fare, ma la passione, che è la causa delle più grandi sciagure della storia, è più forte in me della ragione». Appassionata ed eroica, straniera e ribelle, assassina e soccorritrice, Medea sceglie di andare incontro al proprio destino: travolta dall’oscura passione per Giasone – con cui ha intrecciato un passato di delitti e misfatti strappando le sue radici dalla Colchide – uccide i figli avuti dall’eroe degli Argonauti e conduce alle estreme conseguenze lo sdegno per l’abbandono subìto e la condanna all’esilio.A vestire i panni di Medea – la tragedia di Euripide diretta da Federico Tiezzi – è una fuoriclasse della scena italiana, l’attrice milanese Laura Marinoni, protagonista per la quarta volta consecutiva al Teatro greco di Siracusa dopo l’acclamata interpretazione di Clitennestra della scorsa stagione. «Una piacevole sorpresa. Quest’anno ero pronta a fare da spettatrice – racconta – A partire dal 2002 qui sono stata Antigone, Io, Fedra, Andromaca, Giocasta, Elena, Clitennestra, e adesso realizzo un sogno, interpretare Medea, summa di tanti ruoli tragici. Siracusa è per me ormai “oikos”, il mio luogo dell’anima. Durante le prove nei giorni scorsi ho vissuto un’emozione inedita: salita sulla gru per il finale che simula il volo della protagonista sul carro alato del Sole, ho visto il teatro dall’alto sospesa nel vuoto. Un battesimo dell’aria mozzafiato!».Con un copricapo a forma di uccello e un manto piumato declinato su un cromatismo dal nero al bianco e al blu, Medea fa il suo ingresso, a suggerire la cifra del suo canto libero, la natura eroica della sua origine divina che le renderà impossibile piegarsi all’egoistico, mediocre opportunismo di Giasone. «C’è una dimensione onirica. Il regista ha suggerito l’idea di immaginare che tutto venga visto dalla parte di Medea e che tutto potrebbe essere un sogno. Indosso uno splendido costume piumato e una testa di uccello. È un’immagine totemica come anche le altre: Creonte è un coccodrillo, i bambini hanno teste di coniglio».Dal mito alla cronaca, dall’archetipo dell’eroina assassina alla contemporanea sindrome di Medea, l’uccisione dei figli per vendetta è crimine perturbante e insopportabile. «Medea compie il più atroce dei delitti, ma è un’eroina che conquista l’immediata empatia da parte del pubblico. Non è un’assassina della cronaca quotidiana. Lei sceglie di salvare il suo mito. Per non tradire la sua eroica regalità decide di non essere più madre e infierisce sul nervo scoperto di Giasone, la discendenza. Straniera e sradicata, sa che l’esilio sarà per lei e per i bambini una prova impossibile, teme che moriranno comunque e non vuole consegnarli al nemico».Tra le pareti domestiche destinate a crollare, Giasone e Medea si affrontano con ripicche, minacce, ricostruzioni di comodo, meccanismi psicologici eterni di tutte le coppie possibili. «È la coppia la grande protagonista della tragedia euripidea, il tema dell’incomunicabilità tra uomo e donna. Due mondi si oppongono: la dimensione primordiale e arcaica dell’inconscio femminile e il mondo maschile che corrisponde alla Grecia della razionalità, delle leggi, non sempre giuste. Medea si lascia attraversare e sconquassare dall’amore, Giasone resta lucido mosso soltanto dal miraggio di una posizione sociale solida. Per Federico Tiezzi con Euripide siamo già alla coppia borghese che giungerà fino al teatro di Ibsen».Nel corso dei secoli il mito di Medea è stato oggetto di molteplici riletture e di suggestioni visive nell’arte. «Ho rivisto “Medea” di Pasolini che sottolinea la provenienza primordiale, pre-civiltà, dell’eroina; un luogo dove anche i delitti di sangue rientrano nella normalità e il matrimonio ha un valore sacro. Ho tratto ispirazione dalla “Medea” di Lars von Trier sulla sceneggiatura di Dreyer. Ci sono pochissime parole, i personaggi sono ridotti al minimo, ma c’è l’idea della profonda solitudine di Medea e della sua luminosità. Medea è un po’ la Lulu di Wedekind, è il femminile che terrorizza i maschi e il Potere: non a caso Creonte, che lo rappresenta, decide di allontanarla per paura».

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