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Sant’Agata, l’arcivescovo Renna “striglia” la politica: «Basta con la rassegnazione»

Le durissime parole in piazza Stesicoro del capo della Chiesa etnea: «Affidiamo alla Patrona questa città che vuole risorgere»

Di Francesca Aglieri Rinella |

Anche Sant'Agata vuole la liberazione.  Ci sentiamo cittadini del mondo e per questo chiediamo che liberi il popolo russo e ucraino dalla guerra. Sono cristiani che si stanno facendo guerra tra di loro. Un popolo rassegnato è un popolo finito, la nostra città è vittima del dissesto finanziario, della povertà economica, della dispersione scolastica. Quando non mandate i vostri figli a scuola, fate loro un danno enorme. Oggi vogliamo la liberazione della città che vuol dire ricostruirla con la partecipazione alla vita pubblica e non scendere a compromessi con il male. Noi abbiamo il dovere di ostruire la città della pace. Noi guardando a Sant'Agata vogliamo costruire una città della pace….»  Sono alcuni dei passaggi del discorso alla città fatto dall'arcivescovo Luigi Renna, in piazza Stesicoro, prima della salita dei Cappuccini.

I PASSAGGI PIU' SIGNIFICATIVI. 

«Quando un popolo condivide una così grande devozione e persone di ogni età e condizione di vita si ritrovano fianco a fianco, si sentono non più individui isolati, ma popolo. Se qualche motivo ci ha diviso dagli altri, se il conflitto ha preso il sopravvento sulla concordia ed ha incrinato amicizie e progetti di vita condivisi, se la pandemia ha creato distanze, oggi è il giorno in cui sant’ Agata ci unisce e ci fa riscoprire popolo che appartiene a Dio, perché rinato nell’acqua del Battesimo, e comunità civile che ha a cuore lo stesso bene unico ed indiviso. Se il male, la violenza e l’assenza di cura della nostra Città hanno contribuito a disgregarci, questi sono i giorni in cui dobbiamo ritrovare il senso della nostra comune appartenenza e ripartire per costruire la vita civile della nostra Catania».

«A Sant’ Agata è stata strappata prima la dignità di persona con le umiliazioni del carcere e la ferocia delle torture, poi la vita stessa a cui il tiranno Quinziano ha posto fine con la condanna al rogo della fornace. Di quale colpa si era macchiata sant’ Agata per meritare tutto questo? Semplicemente della coerenza alla sua fede in Cristo: quel battesimo che l’aveva resa figlia di Dio non è sceso a compromessi con chi voleva farle rinnegare prima i valori degni di una vita cristiana, poi il suo stesso credo. Cari fratelli e sorelle, quale altro modello migliore poteva avere il nostro popolo di Catania? Non una persona debole, che si lascia andare al compromesso e alla corruzione, ma una donna la cui fede è stata solida come una colonna di granito. Non una donna che alla prima difficoltà ha rinunciato alla sua coerenza, ma che è rimasta fedele, sfidando ogni avversità. Quanti di questi esempi ha la nostra Sicilia, non solo nel passato, ma anche nel presente, con i martiri che hanno sofferto e sono stati uccisi dalla mafia, come il beato Rosario Livatino di Canicattì, o che hanno rinunciato a tutto per condividere i loro beni con i poveri, come fratel Biagio Conte che ha fondato la Missione di speranza e carità nella sua Palermo!»,.

«Oggi noi guardiamo la nostra Città e vediamo tante macerie: quelle lasciate dal dissesto finanziario; della precarietà della politica, molto spesso noncurante dei tempi e dei modi della sua presenza; della diffusa illegalità; del degrado ambientale; dell'aumento della devianza minorile; della disoccupazione; della povertà economica che diventa una triste eredità che si lascia ai più giovani, soprattutto se questi lasciano la scuola già nella fanciullezza o nell’adolescenza ; dell’abbandono in cui versano le periferie. Questi temi sono stati posti all’attenzione di cittadini e candidati prima delle elezioni regionali, con documento che cattolici e uomini e donne di buona volontà hanno stilato e sottoscritto, sotto il titolo di “Non possiamo tacere”. Quelle parole hanno trovato una città stanca, così sfiduciata nelle prospettive che la politica poteva offrirle, da portarla a registrare uno delle più basse percentuali di partecipazione al voto della sua storia».

«Noi abbiamo lo stesso potere di Agata, quello di non scendere a compromessi con il male e di scegliere il bene, sapendo che così facendo avremo dato un segno che la nostra fede cristiana non è un oppio che addormenta la coscienza, ma è quel sale che dà sapore alla società, soprattutto quando questa diventa povera di valori, tentata di tornare ad essere il governo di pochi che tengono soggiogati gli altri nella precarietà, in problemi che si tarda a risolvere perché hanno paura di gente istruita e libera. Noi possiamo costruire con il nostro modo di fare, o la città della confusione, come Babele, o della pace e del benessere, come Gerusalemme».

«E’ la città nella quale si costruisce il bene di tutti, che non è solo di una parte, di un quartiere, di una categoria di persone, secondo criteri di fraternità e di amicizia sociale, così come ci ricorda papa Francesco. Non si può volere il benessere di via Etnea senza pensare al bene della Civita; non si può progettare quello delle scuole del Centro, senza quello degli edifici di zia Lisa o di Trappeto; non si può tenere in ordine le piazze centrali e dimenticare la piazza semibuia davanti a La Salette o antistante a san Cosimo. Il bene comune è bene indiviso, il bene del “noi tutti”, perché tutti il giorno di sant’ Agata gridiamo “cittadini!”. Le risorse, che sono tante in una Città che potrebbe vivere di turismo, non siano appannaggio controllato da pochi, dilapidato dalla corruzione e dalla mafia, ma divengano il pane che sfama con una visione della città che fornisca infrastrutture e luoghi di vita alle immense periferie della città, dove operosi uomini e donne stanno cercando di organizzare il futuro, ma non possono farcela senza tutta la città».

«Occorre fare un’alleanza fra i quartieri, per non essere preda di coloro che vendono promesse che non realizzeranno mai perché fa loro comodo avere persone che non conoscono i loro diritti. Occorrono politici che sappiano studiare i mali di Catania e le loro soluzioni, che siano liberi da vincoli che li appiattiscono non sul presente, ma sul peggiore passato. Occorre che quando esclamiamo “Cittadini” e rispondiamo “viva sant’ Agata”, sentiamo che Sant’ Agata ci chiama ad essere i cittadini che costruiscono la loro città, liberandola dalla lava nera che in questi anni l’ha sepolta».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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