Spettacoli
Addio ad Enzo Staiola, il bambino di “Ladri di biciclette”
Aveva 85 anni. De Sica lo scelse per il ruolo del piccolo Bruno nel capolavoro da Oscar del neorealismo
Enzo Staiola, il più celebre e amato dei nostri attori bambini, è morto ieri, 4 giugno, a 85 anni. Ne dà notizia il sito Cinematografo.it sottolineando che Staiola è morto a Roma, dove era nato nel 1939. E dove, nove anni dopo, Vittorio De Sica lo scoprì per caso, mentre passeggiava per le strade della Garbatella, il quartiere dove ha vissuto tutta la vita, lavorando come impiegato del catasto.De Sica, alla ricerca di volti per “Ladri di biciclette”, il suo settimo film da regista destinato a diventare un capolavoro del neorealismo italiano, rimase impressionato dal modo di camminare e dallo sguardo espressivo del bambino. Caratteristiche perfette per il personaggio di Bruno Ricci, il figlio del protagonista di “Ladri di biciclette”. Il rapporto professionale e umano tra De Sica e Staiola è entrato nella leggenda: il regista raccontava che, pur di farlo piangere nella scena più commovente del film, gli nascose nelle tasche dei mozziconi di sigaretta, per poi scoprirlo e umiliarlo di fronte alla troupe (l’aneddoto è rievocato in una scena di “C’eravamo tanto amati”); l’attore, invece, ricordava che De Sica gli accendeva le sigarette sotto gli occhi ordinandogli di fumare, così da farlo lacrimare.

Al di là della mitologica aneddotica, l’interpretazione di Staiola è indimenticabile, forse racchiusa nel momento in cui il bambino osserva il furto della bicicletta: il carrello in avvicinamento su Bruno è quintessenza del neorealismo (come quello di “Roma città aperta”, con la corsa di Anna Magnani dietro il camion), con la tensione drammatica affidata alla credibile spontaneità, alla naturale intensità e alla sconvolgente maturità di un attore non professionista, letteralmente ”preso dalla strada”.Il film, com’è noto, è un capolavoro del cinema mondiale, per André Bazin “uno dei primi esempi di cinema puro”, citatissimo da generazioni di cineasti e amatissimo anche dal pubblico contemporaneo, vinse l’Oscar onorario al miglior film straniero (all’epoca non c’era una categoria preposta), il Bafta come miglior film internazionale e il primo premio assoluto del National Board of Review.
Dopo “Ladri di biciclette”, Staiola continuò a recitare in alcuni film, portandosi dietro il marchio neorealista: “Marechiaro” di Giorgio Ferroni (1949), “Vulcano” di William Dieterle ovvero la risposta di Anna Magnani a “Stromboli” (1950), “Cuori senza frontiere” di Luigi Zampa dove fa il figlio di Gina Lollobrigida (1950), “Altri tempi” di Alessandro Blasetti nel ruolo del figlio di Aldo Fabrizi (1952), “Il ritorno di don Camillo” di Julien Duvivier (1953) fino a “La contessa scalza” di Joseph L. Mankiewicz (1954) che chiude la sua attività da attore bambino. Più tardi altre due apparizioni, nell’avventuroso “Spade senza bandiera” di Carlo Veo (1961) e nel crime “La ragazza dal pigiama” giallo di Flavio Mogherini (1977), ma l’eternità se l’era già assicurata.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA