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La comicità di Luca Ravenna approda a Catania: «Il mio “Red Sox” è un work in progress»

Due le tappe siciliane del comico milanese, al Massimo di Palermo il 28 dicembre e al Teatro Metropolitan di Catania il 29 dicembre

Di Simone Russo |

Procede a colpi di sold out il nuovo tour “Red Sox” di Luca Ravenna. Lo spettacolo, che ha un importante contributo dalla cultura americana e dalla tradizione statunitense, rappresenta il grande ritorno sui palchi di Luca Ravenna a distanza di quasi un anno da un 2022 ricchissimo di successi che l’ha visto registrare decine di migliaia di presenze in Italia e in Europa, primo tra i comedian italiani della nuova generazione a sbarcare all’estero. Uno spettacolo comico, prodotto e distribuito da Trident Music, che farà tappa al Massimo di Palermo il 28 dicembre e al Teatro Metropolitan di Catania il 29 dicembre. Le due date siciliane sono promosse da Giuseppe Rapisarda Management.

«La mia ragazza è di Catania – ha spiegato il comico milanese – stiamo insieme da quattro anni. Suo papà è di Palermo. Tra l’altro durante lo spettacolo racconto che ho fatto una lunga ricerca che mi porta a scoprire di avere antichissimi parenti anche in Sicilia».

C’è grande aspettativa per il tuo arrivo in Sicilia. Stai registrando “sold out” in tutta Italia, cosa ci dobbiamo aspettare dal tuo “Red Sox”?

«Prima di tutto vi chiedo di abbassare le aspettative su di me, perché sento una pressione fortissima (ride, ndr). Red Sox è un work in progress, i pezzi dello spettacolo cambiano in continuazione, parto da un’idea e poi mi trovo a raccontare tutt’altro e non l’obiettivo che mi ero prefissato. Ci saranno sicuramente tanti episodi autobiografici, le differenze regionali del nostro Paese, la mia esperienza recente in America e poi dei temi che non sono più affrontati dalle giovani generazioni come il romanticismo e l’amore, affronterò anche i tre grandi tabù italiani: la droga, le raccomandazioni e la blasfemia. Scrivere uno spettacolo per ogni data sarebbe fantastico ma non è possibile, sicuramente tengo conto di dove mi trovo. Penso che questo faccia la differenza anche nel mondo di raccontare le cose. Ci sono delle cose che cambiano sempre e dell’altre che sono più fissate. L’essermi allontanato dall’Italia è stato utile per cambiare il punto di vista su come scrivere le cose. Spero di aver portato delle cose divertenti e abbastanza nuove».

Droga, raccomandazione e blasfemia, tre tabù difficile da trattare e raccontare, come mai questa scelta?

«La blasfemia è un tabù ancora al giorno d’oggi. Teoricamente non si potrebbe fare ma abbiamo fior fiori di regioni in Italia che fanno della bestemmia la loro punteggiatura. Questa cosa fa molto ridere. Il rapporto con la droga, invece, spesso viene raccontato dai media in modo semplicistico, in realtà c’è molto da dire. Inoltre la raccomandazione è un tema che non viene mai trattato, ma che ha molto a che fare con il nostro paese. Non se ne parla mai, in cambio si parla sempre di quello che non si può dire mai. Del politicamente corretto».

In una Italia di raccomandazione e di raccomandati, tu sei l’esempio di chi ha sempre voluto inseguire il proprio sogno e a cui nulla è stato regalato. Già a 19 anni hai iniziato la tua gavetta per arrivare ad essere oggi Luca Ravenna da “sold out” ovunque, cosa ricordi dei tuoi esordi?

«Quegli anni sono stati molto utili, facevo sceneggiatura e mi è servito molto per capire il gusto delle scene. Capire come si buttano giù i progetti ed avere una idea minima della drammaturgia. Tutto aiuta per fare un pezzo sul palco. Perché dobbiamo già capire che è un miracolo che lo spettatore sia venuto a vederci, però dobbiamo essere all’altezza di tenerlo agganciato sempre. Quegli anni sono la base che mi ha permesso, oggi, di poter fare tutto quello che faccio sul palco».

Il momento storico non è dei migliori. C’è ancora voglia di ridere?

«Non ho mai sentito nessuno lamentarsi perché ha riso per un’ora. Non è una cosa per cui dici “che palle, ho riso per un’ora”. Di solito è il modo per andare sopra alle notizie che viviamo e che leggiamo quotidianamente. Un modo per andare sopra la vita che viviamo. Non c’è bisogno di rattristarsi per quello che succede intorno a noi ma c’è bisogno di ridere».

A te cosa fa ridere?

«La cosa che mi fa più ridere, in assoluto, è vedere cosa succede in un gruppo di amici. Vedere che stanno parlando tra di loro, uno sta raccontando una storia e qualcun altro prova ad inserirsi con una battuta. Sbaglia il tempo per dirla, qualcuno la sente. Lui la ridice per la seconda volta e sbaglia ancora il tempo. Quando viene umiliato è una cosa che mi fa ridere troppo. Mi ci sono trovato mille volte e la trovo divertente. Probabilmente è una perversione del lavoro che faccio, il tempo per la battuta è tutto. Il tempo conta molto di più di quello che dici».

Sei stato tra i primi in Italia a credere nei Podcast, sei “figlio” del web, hai ritagliato il tuo spazio in televisione e sei protagonista in teatro. Dove ti senti a casa?

«Allo stadio. Quello è un momento molto umano. È uno sfogo personale, quando vado a San Siro sento che quello è proprio il mio posto».

E allora devo chiederti, per forza, come vedi la tua Inter?

«L’altro giorno sono andato a vedere dal vivo a quel maledetto di Lukako ed è stato un bel momento di passaggio, abbandonarlo. L’Inter gioca bene ed è una cosa che, nella mia storia di tifoso, non ho visto quasi mai. Però, tra giocare bene e vincere passa un bel po’. Vediamo come prosegue. Sono molto scaramantico per i miei spettacoli, figuriamoci per l’Inter».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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