La pianista Giorgia Li Pira, “la musica è il vero linguaggio, è ciò che resta quando tutto intorno tace”
Reduce dal successo al Festival "Villa Pennisi in Musica" di Acireale
Passione, determinazione, amore incondizionato per la musica e per il pianoforte. Parliamo di Giorgia Li Pira (catanese classe 1998, nella foto di Flavio Ianniello) reduce, in un contesto di eccellenza, da una acclamata partecipazione al Festival "Villa Pennisi in Musica" (organizzato, ad Acireale, dall'Associazione “MAR - Musica Arte Ricerca”). Ha iniziato lo studio del pianoforte all'età di 9 anni, presso la Scuola Media ad Indirizzo Musicale “Francesco Guglielmino” di Aci Catena, dapprima sotto la guida del M° Lucio Stefano D'Agata e, successivamente, con i M° Cettina Fucile e Carmelita Cocuccio. All'età di 15 anni è stata ammessa ai corsi preaccademici del Conservatorio “A. Corelli” di Messina, dove ha iniziato la sua formazione artistico-musicale sotto la guida del M° Antonella Salpietro, per poi proseguire gli studi con altri maestri noti nel panorama musicale italiano, tra cui il M° Elisa D'Auria e il M° Mariella Milone. Ammessa al Triennio di I livello, ha proseguito gli studi con il M° Dario Fichera, diplomandosi, lo scorso anno, con il massimo dei voti. Ha seguito numerosi corsi di perfezionamento con pianisti di fama anche internazionale, quali Jin Ju, Libor Novacek, Roberto Cappello, Dainius Kepezinskas, Giuseppe Andaloro e Massimo Spada.
-Come nasce e cresce la tua passione per la musica e in particolare per il pianoforte?
«In realtà tutto è nato un po' per gioco. Da piccola mi fu regalato un piccolo pianoforte giocattolo che mi divertivo a suonare, solo che all'epoca ero un'incompresa: i miei genitori, infatti, sfiniti dal mio continuo "strimpellare" lo fecero sparire. Questa cosa, ad oggi, mi fa parecchio sorridere perché non posso non chiedermi "chissà se avessi iniziato sin da subito", ma si sa: la vita è così, un mix di situazioni assurde e di "e se..?". Nel corso degli anni, poi, mi si è ripresentata l'opportunità grazie alle scuole medie ad indirizzo musicale e da lì non l'ho più lasciato, non credo di poter immaginare una me stessa senza il pianoforte: il percorso è lungo e complesso, per cui sicuramente non facile, ma la motivazione non manca se ci si pone un obiettivo, un "io voglio arrivare lì"».
-Quali sono i tuoi artisti di riferimento e per quali ragioni? Meglio, quali sono le tue fonti di ispirazione per le tue interpretazioni?
«Sicuramente i "grandi" del pianoforte, anche se non c'è mai qualcuno di fisso perché mi piace il fatto di "osservare" da più prospettive. Non mi ritengo molto selettiva da questo punto di vista, magari ci sono esecuzioni migliori di altre, ma, in linea di massima, mi piace fare un po' di testa mia, nel rispetto di ciò che sto suonando, si intende».
-Come scegli le opere da studiare e suonare?
«In realtà ogni brano che studio è come una domanda che rivolgo a me stessa: "quest'opera fa per me? Racconta ciò che io sono in grado di tirar fuori attraverso la mia interpretazione? Racconta anche, in un certo senso, qualcosa, un riflesso, in cui ritrovo me stessa?". Ecco, generalmente tendo a fare "mio" un brano con più facilità se vi individuo un legame al suo interno. È un concetto un po' difficile da spiegare, però credo che ogni opera racconti un qualcosa che è più comprensibile a livello emozionale di quanto non lo sia con le parole. D'altronde è proprio questo che fa la musica: arriva dove le parole non sono in grado di arrivare».
-Cosa ti appassiona maggiormente della musica?
«Come ho detto prima, sicuramente il fatto che tramite essa si possa raggiungere la dimensione dell'indefinito. La musica ha il potere mistico di suscitare immagini, sentimenti, sensazioni, che non si ritrovano in nessun altro modo. Avere l'onore e l'onere di portare queste sensazioni a compimento spetta proprio al musicista. Il nostro è un lavoro stupendo ma anche rischioso, perché non si è mai troppo sicuri di quanto in là ci si possa spingere senza inevitabilmente intaccare il significato di un particolare tipo di brano. In pratica è come una sfida continua verso la ricerca di quello che, per noi, significa "perfezione"».
-Come descriveresti il tuo stile di esecuzione?
«Da grande maniaca del controllo, lo definirei come una sintesi tra rigore e abbandono: se da un lato è vero che ogni esecuzione è, in un certo senso, un atto di responsabilità, dall'altro è e non può non essere anche un momento in cui ogni esecutore mette a nudo una parte della propria anima. Non interpreto per dimostrare qualcosa, quanto per mostrare e condividere un pensiero e un'emozione che vanno al di là dello spartito. L'esecuzione per me è un vero e proprio momento di condivisione e comunicazione».
-Ci daresti la tua attuale definizione di musica?
«Per me la musica è ciò che resta quando tutto intorno tace. È un linguaggio vero e proprio, attraverso cui si riescono a comunicare molte cose: tristezza, amore, disperazione, gaudio. Tutto ciò che non sempre è possibile esprimere con le parole, lo si può rendere musica. Non è un caso se ormai permea ogni aspetto della nostra vita: basti pensare alla musica per il cinema, ad esempio. Molte scene senza dialoghi sono spesso accompagnate da brevi o lunghi momenti musicali senza i quali quelle stesse scene non sarebbero le stesse. Riuscireste ad immaginare, ad esempio, capolavori del cinema come "Mission", "Nuovo Cinema Paradiso" o "The Hateful Eight" senza le incredibili creazioni del genio di Ennio Morricone? Non credo serva rispondere».
-Quali sono i tuoi obiettivi a breve e lungo termine come pianista? Come vedi la tua carriera musicale nel futuro?
«Tra quelli a breve termine c'è sicuramente portare a termine il mio percorso di studi, attualmente frequento il Biennio di Pianoforte presso il Conservatorio "A. Corelli" di Messina. Nel lungo termine spero sicuramente di avere più opportunità come quelle che ho avuto il piacere di vivere in questo periodo e di poter portare la mia musica nei luoghi più disparati. Non so dove arriverò in futuro ma, sicuramente, ci metterò tutto l'impegno e la devozione necessari, cosicché anche la piccola Giorgia interiore possa essere fiera di sé stessa».
-In che modo influisce la musica sulla tua vita quotidiana e quali sono le tue preferenze musicali al di fuori del repertorio classico?
«Ascolto musica continuamente, non credo ci sia un momento della mia giornata fatto di silenzio, nel senso proprio del termine. In generale i miei gusti spaziano abbastanza, con una predilezione particolare verso il pop/rock, RnB e l'indie».
-Per concludere, in che modo credi (o speri) che la musica possa "guidare", in un tempo di ascolto carente quale quello attuale, le nostre esistenze?
«Non credo di avere la risposta giusta per questa domanda. Sicuramente ci troviamo a vivere in un periodo storico "sfavorevole", soprattutto dal punto di vista della musica classica, in cui si preferisce dare priorità ad altre cose, guidati probabilmente dallo stile di vita frenetico e vertiginoso della società moderna. Ecco, a partire da ciò credo che la musica dovrebbe essere lo strumento attraverso cui potersi distaccare da tutte le energie negative, ciò che ci invita a fermarci anche solo per un attimo, con la sua capacità di restituire la tranquillità e la calma perdute. In un'epoca come la nostra, fatta di rumore e distrazione, la musica dovrebbe insegnarci l'arte dell'ascolto attivo, del dialogo costruttivo, del lieto vivere».