Michele Zarrillo : “La Sicilia è la mia seconda casa”
Intervista al cantautore romano che sarà in Sicilia il 5 e 6 aprile con il suo “Tour Teatri 2025”
Icona della canzone italiana con una voce inconfondibile e un carisma irresistibile, ritorna a emozionare il pubblico con il suo “Tour Teatri 2025” che è il naturale seguito della fortunata tournèe dello scorso anno “Cinque giorni da 30 anni”, una serie di concerti che hanno celebrato i trent’anni dall’uscita di “Cinque giorni”, brano che non solo ha definito la sua carriera ma continua a toccare il cuore di diverse generazioni. Con oltre quattro decenni di attività Michele Zarrillo nel suo “Tour Teatri 2025” regala al pubblico uno spettacolo che spazia tra successi storici (“La notte dei pensieri”,“Una rosa blu”, “Mani nelle mani”, “L’acrobata”, “Cinque giorni”, “Le strade di Roma”, “L’alfabeto degli amanti”, “L’elefante e la farfalla”) e brani più recenti. Il “Tour Teatri 2025” del cantautore romano sarà in Sicilia il 5 aprile al teatro Golden di Palermo e il 6 al teatro Vittorio Emanuele di Messina, entrambe le date sono organizzate da Gianfaby Production di Mario Fundarotto e Menti Associate, affiancati anche da Arena Eventi per la data di Messina. “Sono molto felice di tornare in Sicilia – spiega Zarrillo che abbiamo raggiunto telefonicamente – perché la considero la mia seconda casa. Quando arrivo nella vostra isola mi sento attratto dalla magia delle tradizioni culturali, della letteratura, sento il calore e l’entusiasmo della gente. Una sensazione che ho provato sin dagli inizi, perché è proprio a Catania, nel 1979 che presentai il mio primo singolo “Indietro no”, e l’accoglienza è stata straordinaria”.
Cosa ci può anticipare del concerto? Quali sono le novità del “Tour Teatri 2025”?
“In scaletta ci sono brani come “Gli assolati vetri” e “Ragazza d’argento” che non eseguivo da parecchio tempo, poi ovviamente i brani storici, quelli che il pubblico si aspetta e, sono contento di eseguirli anche davanti alle nuove generazioni, quelle che si sono da poco avvicinati alla mia musica. E’ un concerto che rappresenta tutto ciò che ho fatto in questi anni, con uno sguardo al futuro, a tutto quello che ho in mente di fare”.
Per esempio un nuovo disco?
“Sì. Con la mia casa discografica stiamo programmando l’uscita e curando i minimi dettagli. Ci saranno canzoni melodiche e brani che hanno una considerevole parte elettronica, il tema centrale è il coraggio di amare: in un mondo dominato dalle guerre, dalla dipendenza dai social e dai femminicidi credo che serva riflettere sull’importanza dei sentimenti, sulla loro forza”.
Ha iniziato come autore, quando ha deciso di fare il cantautore?
“In realtà la passione per la scrittura è sempre andata di pari passo con la voglia di interpretare le mie canzoni, fin da quando facevo parte del gruppo “Semiramis”, ho scritto canzoni per Renato Zero e Ornella Vanoni, ma è stata soltanto una pausa, probabilmente avrei potuto scrivere qualche canzone in più per altri artisti e rimanere così nelle carriere altrui. Questo è un piccolo rimpianto”.
Con il Sanremo del 1987 e la vittoria nelle “Nuove proposte” la sua carriera è cambiata.
“Ho partecipato a 13 Festival di Sanremo, sono felice di ciò che quel palco mi ha dato perché 11 delle canzoni che ho presentato su quel palco fanno ancora parte dell’immaginario collettivo. Non ho mai vinto un premio, nel 2006 sono andato vicinissimo alla vittoria ma va bene così, la più grande soddisfazione è stata il riscontro del pubblico”.
Come si è evoluto il suo stile musicale nel corso degli anni?
““L’evoluzione artistica è legata anche al modo diverso di approcciarsi alle cose, le paure che aumentano, la facoltà del pensiero che ci porta in ogni luogo dove riusciamo a fare, scrivere, esternare la fragilità, se vogliamo la vulnerabilità. Palerei di trasversalità nei confronti della musica del pubblico e della vita. Se mi guardo indietro e penso a brani come “Una rosa blu”, mi rendo conto che mi hanno dato tantissimo sotto il profilo del successo, così come gli “Angeli” o “L’alfabeto degli amanti”, ed è in questo mondo onirico che trovo la mia vera identità, in quelle canzoni ritrovo la mia spiritualità”.
Ha anche avuto momenti di lunghe pause. Come mai?
“Dipende dal mio essere eterno insoddisfatto, non lascio nulla al caso e non ho mai sentito la pressione di realizzare un disco a tutti i costi. Tutto è legato alla creatività, ho scritto 180 canzoni, sono sempre stato un artista fedele alle proprie idee, credo che questo sia il mio più grande pregio”.
Come è nata “Cinque giorni”?
“Il mio produttore di allora dopo avere ascoltato la musica pensava fosse troppo melodica, ero reduce dal successo de “Le strade di Roma”, temeva fosse un passo indietro. Un pomeriggio feci ascoltare la musica a Vincenzo Incenzo, che assieme a Giampiero Artegiani (scomparso nel 2019 n.d.r.) è stato sempre al mio fianco nella stesura delle canzoni, e ne rimase affascinato. Lui scrisse le parole e la presentai a Sanremo: non solo ha scalato le classifiche ma negli anni è diventato un pilastro del repertorio italiano, tanto da essere reinterpretata da artisti del calibro di Laura Pausini”.
Il ricordo più bello?
“Nel 1998 il Disco d’oro vinto con “L’amore vuole amore”, era un momento in cui cominciavo a guardare la realtà con una più lucida obiettività e il pubblico mi manifestava grande affetto. Sentire tutto questo mi faceva stare bene”.
Che momento sta vivendo la musica italiana?
“Di grande transizione, trovo che gli artisti considerati già affermati e che hanno parecchio successo siano eccessivamente sicuri di sé, ai miei tempi c’era più spazio per la riflessione si faceva leva sulla intensità delle emozioni, i giovani cantanti che spopolano sui social vanno secondo me troppo veloce, nelle interviste, nel proporsi al pubblico. E’ sicuramente un modo di vedere e ascoltare la musica legato alla tecnologia e ai social, e non è facile definirne i criteri di valutazione”.