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Murubutu, il professore del rap stasera live a Palermo: «Vado in direzione ostinata e contraria, faccio fatica ad allinearmi»

Intervista con l'artista che ha avvicinato il rap alle forme espressive della poesia e della narrativa

27 Marzo 2025, 10:18

murubutu

Con una laurea in Filosofia e un’attività artistica cominciata all’epoca delle posse, da oltre trent’anni si contraddistingue nel panorama italiano per un flow manifestamente colto e concept album che avvicinano il rap alle forme espressive della poesia e della narrativa. Ultimo della serie “La vita segreta delle città” pubblicato per Django Music/Glory Hole Records.

Il professor Alessio Mariani, in arte Murubutu, presenta dal vivo il nuovo progetto discografico con un tour in partenza da Palermo. La data del 27 marzo a “I Candelai” è già sold out.

Perché un emiliano Doc sceglie la Sicilia per dare il La ai suoi concerti?

«Fondamentalmente perché la amo ed ho un legame particolare con questa terra. Ci vengo spesso, anche l’anno scorso ho fatto un bel giro con i talk, che mi ha dato la possibilità di vedere dei posti più piccoli delle solite venue ma estremamente suggestivi».

Tra i “vicoli” del capoluogo rosanero nasce un brano, basato su un racconto di Alli Traina, che vede il featuring del conterraneo Davide Shorty. Ancora una volta è lo storytelling romanzesco il punto forte del repertorio, frutto di meticolosa documentazione, profondo scavo psicologico e impareggiabile abilità narrativa. Da quando ha imparato a conoscerci, che idea si è fatto di noi?

«L’idea non può essere che positiva. Sono irretito dal fascino, dal calore, dalla solidarietà, da quella natura pulsante dove rimangono delle presenze notevolissime di umanità».

Rime raffinate, urgenti, perspicaci, mai banali, talvolta inquietanti, dove alterna mente e cuore, spazzolando epoche e mondi diversi. Il tema centrale è quello dello spazio urbano, da intendere come “un organismo vivente e senziente”. Non ha paura di essere fagocitato dalla quotidianità di sentimenti sempre più aridi?

«Spero di no, nel senso che questo problema esiste e me lo pongo sempre dinanzi. Tuttavia, nelle mie microstorie emergono tutte le sfaccettature dell’essere umano che, proprio perché così molteplice e concreto, non può essere fagocitato dall’ordinario né diventare mai arido».

A dispetto delle suggestioni letterarie che propone, da Joyce a Calvino passando per Balzac e Woolf, oggi le canzoni privilegiano un mood disimpegnato, superficiale, individualista e macista. Quanto le costa andare in direzione ostinata e contraria?

«Mi viene naturale. Ho sempre fatto molta fatica ad allinearmi, soprattutto con la cultura mainstream. Anche se c’è un underground davvero vivo e fertile, pure in questo periodo, che va in direzione ostinata e contraria. Il punto è che non riesco a semplificare le tematiche in generale e a parlare in modo superficiale. Ho bisogno di complessità e credo che questo traspaia dai miei brani».

Tanti studenti e soprattutto colleghi la contattano per informarla che utilizzano alcuni suoi pezzi in classe. Cosa significa per lei usare il rap come strumento educativo?

«Vuol dire usare tutto il suo potenziale comunicativo per portare argomenti che possono determinare un accrescimento culturale in chi ascolta. E quindi favorire una evoluzione, sia a livello lessicale che contenutistico».

Murubutu, ovvero guaritore attraverso l’uso della parola. Su quale scommettere per il futuro?

«Giocoforza, bisogna puntare sempre più su solidarietà, integrazione, tolleranza, comprensione. Queste sono parole fondamentali per i giovani, per il futuro del mondo, per la convivenza pacifica tra i popoli e dentro le nostre vite».