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Cecilia Alemani, la Biennale Arte tra dialogo e ottimismo

Trans-storica e attuale, tante donne, nutrita presenza italiana

Di Redazione |

VENEZIA, 16 APR – L’eco della guerra in Ucraina sospende la gioia di Cecilia Alemani di vedere comporsi, negli spazi del Padiglione Centrale ai Giardini e all’Arsenale, l’Esposizione internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (23 aprile-27 novembre). La mostra, che prende il titolo da un libro di favole per bambini popolato di esseri fantastici, “Il latte dei sogni”, dell’artista surrealista Leonora Carrington (1917-2011), è stata progettata e organizzata in modo virtuale visto che la pandemia per due anni ha impedito alla curatrice di incontrare gli artisti, di vedere le opere, di toccarle. “E’ difficile parlare di arte – spiega Alemani all’ANSA -, montare una mostra mentre siamo nel bel mezzo di una situazione così critica come quella che ha investito il popolo ucraino, tutta l’Europa in modo devastante”. Ma nell’arte c’è sempre una speranza. Un senso che si concretizza nell’aiuto che l’esposizione, la Biennale, ha deciso di dare al padiglione ucraino, che presenta l’artista Pavlo Makov, con la speranza “che la cultura, di cui la Biennale è una delle realtà più importanti in Italia, possa essere uno spazio di dialogo, confronto e solidarietà”. Ci sono 1.433 opere ed oggetti da sistemare, frutto del lavoro di 213 artiste ed artisti provenienti da 58 nazioni. Nutrita la presenza italiana: 26. Tre le grandi aree tematiche: “la rappresentazione dei corpi e la loro metamorfosi; la relazione tra individui e le tecnologie; i legami che si intrecciano tra i corpi e la Terra”. “Ho preferito – sottolinea – ricorrere al filtro della letteratura, della storia dell’arte per raccontare temi che sono attualissimi, come il genere, la sessualità, il corpo, il rapporto con la tecnologia da un punto di vista che alcuni potranno trovare onirico, altri intimo”. “E’ una mostra trans-storica, con una grande maggioranza di artiste donne e che parla del post-umano, del superamento delle centralità dell’uomo in generale, quindi anche dell’uomo maschio”, spiega. C’è ancora spazio per l’ottimismo? “Alla fine penso che sia una Biennale ottimista. Mantiene uno spirito positivo”.

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