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Sidra Spa e gli investimenti per ridurre le perdite: «Un milione per tagliare gli sprechi fino al 36%»
«Acqua accessibile e pulita è un aspetto essenziale del mondo in cui vogliamo vivere», questo l’incipit dell’obiettivo 6 di Agenda 2030 delle Nazioni Unite volto a garantire a tutti la disponibilità della gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie.
Sidra Spa ha fatto suo questo obiettivo e da mesi sta operando consapevole che la tutela dell’oro blu sia centrale per la sopravvivenza del genere umano considerati i cambiamenti climatici in atto. «La gestione sostenibile delle risorse idriche comporta l’adozione di un modello di economia circolare mirante alla riduzione degli sprechi, all’incentivazione del riuso delle acque depurate e all’ottimizzazione dei trattamenti – ha affermato l’ing. Antonio Galvagno, responsabile Area “Salute, Sicurezza, Ambiente” di Sidra Spa -. Tale sistema, garantendo la conservazione delle riserve idriche, scongiura il dissesto ambientale e le gravi conseguenze che esso provoca sulla popolazione, sulle attività economiche, quali agricoltura e/o industrie, ma anche sul turismo. In questo scenario il Gestore del Servizio Idrico Integrato riveste un ruolo cruciale per l’ottenimento e il perseguimento di detti obiettivi».
In tal senso, e non senza difficoltà, Sidra ha affidato un progetto di ricerca perdite nella rete di trasporto e distribuzione per un importo di un milione di euro con l’obiettivo di ridurle almeno del 20% fino ad un massimo del 36%. Sidra si propone di avviare queste azioni entro metà giugno 2025. L’azienda, altresì, punterebbe ad attuare trattamenti sulle acque reflue convogliate al depuratore finalizzati al riuso delle acque depurate anche attraverso l’eliminazione delle microplastiche presenti nei reflui trattati. Azione attuabile installando un impianto di affinamento volto al riutilizzo di acque depurate.
«È evidente che l’inquinamento dei corpi idrici dipendente dal convogliamento degli scarichi incide in maniera sostanziale sull’inquinamento marino con conseguente danneggiamento degli ecosistemi a causa del fenomeno dell’eutrofizzazione costiera derivante dall’immissione in un corpo idrico, nel nostro caso mare, di eccesso di nutrienti, principalmente azoto, fosforo, e silice – ha concluso l’ing. Galvagno – Mentre è appena il caso di rilevare che il riutilizzo dell’acqua depurata in agricoltura con scopi irrigui e/o nell’industria e/o nell’ambiente riduce drasticamente l’immissione in mare di acque, che pur depurate, contengono microplastiche».
Ma i rischi idrici non possono essere affrontati con azioni individuali, o in considerazione dei singoli rischi operativi di un sito, serve una collaborazione attiva degli attori pubblici e privati che condividono la risorsa idrica in un dato bacino idrografico.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA