Giro d’Italia: grande secondo posto per Damiano Caruso, il campione siciliano che preferisce vivere a Punta Secca

Di Redazione / 30 Maggio 2021

Il ventiquattrenne colombiano della Ineos Grenadier Egan Bernal vince il Giro d’Italia edizione 104 e il suo compagno di squadra Filippo Ganna, definito “un Frecciarossa” da Vincenzo Nibali, si aggiudica l’ultima tappa, quella a cronometro che ancora una volta finisce sotto il Duomo di Milano. Doppia festa della Ineos Grenadier sotto la Madonnina.

Il siciliano Damiano Caruso compie l’impresa e da gregario pluriennale certifica la sua stoffa di campione chiudendo secondo la Corsa Rosa. Terzo in classifica generale il britannico Simon Yates.

Veramente da applausi la corsa di Damiano Caruso, un siciliano che, a differenza di altri suoi illustri colleghi, non ha scelto di dimorare all’estero, bensì a qualche centinaio di metri da Punta Secca, il regno magico e suggestivo di Montalbano, il commissario creato dalla fantasia di Andrea Camilleri.

Damiano Caruso, una vita a trascinare campioni più o meno degni di questa definizione, si è liberato di ogni etichetta e, nel Giro d’Italia è assurto a guerriero, conquistando ieri la penultima tappa, blindando il secondo posto nella classifica generale e costringendo oggi Egan Bernal a difendersi dai suoi assalti. Così l’ex gregario di lusso è divenuto capitano in pectore della Bahrain dove arrivò per “scortare” Vincenzo Nibali.

Se non avesse scelto il sempre più raro e raffinato stile “low-profile” di una vita vissuta a trainare capitani di lungo corso, chissà Damiano dove sarebbe potuto arrivare. La protezione, del resto, è nel suo Dna, non a caso suo padre poliziotto era uno degli “angeli custodi” del giudice Giovanni Falcone. Il 104° Giro d’Italia ha proiettato l’ibleo in una dimensione nuova, promuovendolo leader al posto dello sfortunato Mikel Landa, caduto e ritirato dopo poche tappe. 

E’ stato a quel punto che Caruso, senza accusare il peso di una leadership improvvisa quanto casuale ha cominciato a pensare in grande e a pedalare questa volta per se stesso. Caruso si è preso tutto quello che il ciclismo gli doveva: la sua tenacia, la sua caparbietà, si sono miscelati alla fatica, ai sogni infranti di una carriera che, se lo avesse portato a stringere un patto col diavolo, probabilmente gli avrebbe riservato ben altri traguardi e soddisfazioni.

Nella frase «preferisco vivere in Sicilia che non in 20 metri quadri a Montecarlo o a Lugano», c’è tutto il Damiano-pensiero, diretto discendente di quegli uomini senza macchia e tanto onore come suo padre e il commissario Salvo Montalbano. Eroi in controluce, uomini veri che si piegano, ma non si spezzano, come Damiano nell’inferno dello Zoncolan, dove ha toccato con mano i fantasmi della crisi. 

«Sono state le mie tre settimane. Incredibile quello che sto provando, dopo quello successo in tre settimane piene di emozioni, è stato un mix incredibile. Oggi mi ritrovo qui, al secondo posto, chi l’avrebbe mai pensato. È qualcosa di incredibile», ha detto Damiano, intervistato da Rai Sport dopo l’ultima tappa a Milano. «La crono l’ho fatta forte perché è sempre meglio farla in maniera concentrata ma senza prendere rischi. Me la sono goduta nell’ultimo chilometro. Se sono qui è anche merito della mia famiglia». 

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