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Dell’Aquila, il primo “millennial” azzurro medaglia d’oro olimpica

Di Redazione |

Vincere un oro olimpico – il primo per l’Italia di Tokyo 2020 – a 20 anni e nell’era della pandemia è più di un trionfo. E’ un giorno che rimane per la vita e un ponte verso il futuro. Per la cosiddetta generazione Z, e per tutti. C'è tutto questo nel sorriso leggero di Vito Dell’Aquila, il primo azzurro nato nel 2000 a prendersi l’oro olimpico, lui ragazzo del sud che a forza di fatica, calci e pugni arriva sul tetto del mondo. E stringe tra i denti la medaglia del colore più prezioso al termine di una giornata di combattimenti dominati, chiusa con una rimonta negli ultimi 20 secondi, nella finale contro il tunisino Jendoubi. 

Finisce 16-12, dopo esser partito da 0-5, l’ultimo incontro del suo combattimento nella categoria 58 chili del taekwondo, l'arte marziale coreana che gli italiani hanno esportato nel profondo sud, la salentina Mesagne. Nel paesino di pietra bianca a pochi chilometri da Brindisi, Dell’Aquila è nato quando il suo sport esordiva a Sydney 2000. Nello stesso luogo è nato anche Carlo Molfetta, oro del taekwondo a Londra e scopritore di Dell’Aquila. «Siamo la Jesi del nostro sport – dice l'olimpionico del 2012, dopo che l’ex fiorettista Vezzali si è complimentata con Dell’Aquila – Cosa abbiamo in più? Abbiamo più fame di vittorie». 

Lo ha dimostrato sul tappeto di Tokyo oggi Dell’Aquila. Un percorso netto senza esitazioni, battendo agli ottavi l'ungherese Salim 26 a 13, ai quarti il thailandese Sawehkwiharee 37-17 e in semifinale l’argentino Guzman 29 a 10. Poi in finale lo strano incrocio col tunisino Jendoubi, 19 anni, capace di battere nell’altra semifinale il n.1 del ranking, il coreano Jang Jun. In finale, Dell’Aquila non è riuscito a partire col suo ritmo, ha lasciato che la maggiore altezza dell’avversario lo penalizzasse fino allo 0-5, poi ha cominciato la rimonta con un doppio colpo calcio-pugno per chiudere il suo secondo round 8-9.

Attimo di suspense al terzo, quando sull'8-10 il tunisino ha chiamato una moviola per una penalità che avrebbe tagliato le gambe all’azzurro, ma con la contromoviola tutto come prima. Così, a 40» dalla fine, Dell’Aquila ha ritrovato se stesso e i suoi colpi: assestati perfettamente sul corpetto blu del tunisino, col piede destro, fino al 16-12 finale. «Questo oro è il simbolo di un’Italia che riparte dopo esser caduta: noi del taekwondo dopo Londra a Rio avevamo avuto un passaggio a vuoto, ma abbiamo cercato il talento, l’abbiamo coltivato. E poi Vito ha fatto ilr resto – dice il presidente Fita, Angelo Cito – Aver dato il primo oro all’Italia Team in questi Giochi ci fa sentire ancor più italiani». «Ero certo dell’oro – le prime parole di Dell’Aquila prima di salire sul podio – E volevo dedicarla a mio nonno, morto un mese fa: so che mi guardava da lassù». Perchè la gioventù è uno sguardo sul futuro, ma arriva da lontano. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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