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Il sogno di Berrettini si infrange su un Djokovic invincibile

Il serbo è ingiocabile: vince il suo ventesimo slam, il sesto torneo londinese ed è il primo giocatore dopo 52 anni a vincere almeno trre prove del Grande Slam consecutive 

Di Redazione |

Sull'erba sacra di Wimbledon, perdere una finale è il modo migliore per imparare come si fa a vincerla. Si ferma all’ultimo atto lo straordinario viaggio di Matteo Berrettini nel tempio mondiale del tennis: in finale si è inginocchiato davanti a Novak Djokovic, che è entrato nella leggenda vincendo il suo sesto Wimbledon e il suo ventesimo slam, eguagliando Federer e Nadal e lasciando aperto l’obiettivo di centrare il Grande slam.   Matteo Berrettini, di fronte alla duchessa Kate, futura regina di Gran Bretagna, sorride amaro, ma ha capito che un giorno quel regno potrà essere suo: «per me questa non è la fine, ma l’inizio di una carriera. Sono contento di questa finale, spero che non sarà l’ultima. E’ stata una bellissima sensazione essere qui, ci voleva solo quel passo in più», ha detto a fine gara.   Finisce con una sconfitta il primo dei due appuntamenti londinesi della domenica italiana a Londra, ma se si guarda all’avventura di Wimbledon di Berrettini è impossibile catalogarla come una sconfitta: il tennista romano, 25 anni, ha scritto una pagina della storia dello sport italiano, mai nessun azzurro era arrivato in finale a Wimbledon ma quello che forse ancora di più conta è che ha capito che può stare a questi livelli, giocare alla pari con la trinità del tennis dei primi vent'anni del ventunesimo secolo, consapevole che, anche se sembrano marziani, non sono eterni, che l’età è dalla sua parte e che ci saranno altre occasioni. «La finale di oggi ha emozionato milioni di italiani, entrerà nella storia», il messaggio inviato dal premier Mario Draghi, che domani saluterà il finalista insieme con gli azzurri del calcio   L’Italtennis ha ritrovato una stella capace di tenere incollati milioni di italiani davanti alla tv come non succedeva dai tempi di Panatta: un fatto che, sommato ai tanti giovani emergenti ormai stabilmente nei primi 100 del ranking mondiale, può far sognare gli appassionati per una nuova età dell’oro del tennis italiano, dopo decenni di delusioni.   Djokovic, alla fine ha vinto in tre set dopo tre ore e 24 minuti: 6-7, 6-4, 6.4, 6-3 il punteggio finale. Per il numero uno del mondo, però, è stata tutt'altro che una passeggiata. Se n'è reso conto subito, all’inizio del primo set, che sembrava essersi messo in tasca quando si è portato sul 5-2: Berrettini è riuscito a rimontare e battere Djokovic al tie-break. Il resto della partita, però, ha sancito la superiorità del serbo. Berrettini è, attualmente, il tennista del circuito con il servizio più mortifero: uno suo ace (ne ha serviti 16 contro i 5 dell’avversario), uno dei quali ha viaggiato a 222 km/h.   Peccato, però, che una delle tantissime qualità tecniche di Djokovic è la capacità di rispondere a servizi quasi imprendibili ed è forse questo dettaglio che ha fatto la differenza: ha strappato per ben sei volte il game di servizio a Berrettini, un risultato al quale gli avversari incontrati fino alla semifinale non si sono mai nemmeno avvicinati. «Non è bello perdere in finale, ma sono sicuro che hai una carriera davanti a te – ha pronosticato Djokovic, rivolgendosi a Berrettini a fine gara – giochi un tennis incredibile, sei un vero martello, ho i segni sulla pelle di questa battaglia».   Fra due settimane si torna in campo per un altro appuntamento con la storia: Berrettini sarà infatti portacolori dell’Italia alle Olimpiadi di Tokyo, questo stato di forma e la fiducia maturata a Wimbledon non può che farne uno dei candidati più accreditati per una medaglia. Senza contare che sarà anche di scena nel tabellone del doppio, in coppia con Fognini.   Nel giorno di Berrettini non può, però, passare inosservata l'impresa di Novak Djokovic: al suo sesto Wimbledon, ha raggiunto l’incredibile traguardo dei 20 grandi tornei vinti, dove lo aspettavano Federer e Nadal. Ad agosto si va a New York per giocare gli U.S Open: se Nole dovesse vincere non solo supererebbe gli altri due, ma completerebbe la quadruplice corona nella stessa stagione. L’ultimo a farlo fu Rod Laver nel 1969. 

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