Notizie Locali


SEZIONI
Catania 24°

Archivio

Energia, on line il nuovo numero della newsletter del Gme

Di Redazione |

“Da 70 a 20, poi da 20 a 40. Quattro cifre che testimoniano l’anomalo andamento dei prezzi del Brent Dated – benchmark di riferimento internazionale – nei primi cinque mesi del 2020. Se ignorassimo ciò che è realmente accaduto, la lettura di questi dati ci porterebbe a concludere che si è verificato un evento traumatico, di quelli che in gergo si è soliti chiamare oil crash, ora in via di risoluzione”, ha osservato la ricercatrice del Rie aggiungendo che tuttavia la sua risoluzione, “è molto più incerta, così come lo sono i relativi effetti sia in termini di intensità che di durata”.

Eppure il 2020 non era iniziato male: “La controversia sui dazi tra Usa e Cina sembrava rientrata, l’uscita della Gran Bretagna dall’UE aveva eliminato un fattore di incertezza importante, l’Opec Plus sembrava solida e unita nel suo intento di controllare la produzione mondiale. Da qui, il rafforzamento del petrolio che a inizio gennaio toccava i 70 doll/bbl”. Poi l’avvento del coronavirus e del lockdown. “L’adozione di simili restrizioni non ha precedenti storici e colpisce il cuore della domanda petrolifera: il settore trasporti – ha spiegato Orlandi -. Il tutto in un contesto già di per sé molto fragile a causa della forte tensione tra i due dominus dell’Opec Plus, Arabia Saudita e Russia, acuitasi a inizio marzo con il mancato accordo sui tagli produttivi”.

È così che il barile si è avviato lungo una spirale ribassista: nel solo mese di marzo le quotazioni si sono dimezzate, “passando da 50 a 25 doll/bbl, sino a toccare il minimo di 20 dollari a fine aprile”. In un quadro buio e apparentemente privo di sbocchi, si inserisce il vertice straordinario di Pasqua (12 aprile) dell’Opec Plus che ha stravolto completamente l’esito fallimentare di quello precedente.

“Nell’immediato, nonostante la sua portata storica, l’accordo non ha sortito alcun effetto rialzista sulle quotazioni per almeno tre ordini di ragioni: perché ritenuto insufficiente a coprire l’enorme vuoto di domanda che andava evidenziandosi; per la difficoltà ad ottemperarvi pienamente, sulla scia di una tendenza storica degli stati membri dell’Opec (ora Opec Plus) a ‘scartellare’; infine, perché oltre ai paesi aderenti ai tagli, altri importanti produttori avrebbero dovuto adeguare la loro offerta al nuovo ordine delle cose – ha evidenziato l’analista del Rie -. Questa iniziale e motivata diffidenza si è, tuttavia, progressivamente attenuata. Nonostante una variazione dei consumi fortemente negativa anche in maggio (le stime indicano -21 mil. bbl/g sullo stesso mese del 2019), i prezzi hanno ripreso slancio, portandosi nuovamente sopra i 30 doll/bbl e, a inizio giugno, arrivando in prossimità di quota 40”.

A dar man forte a questa timida ripresa, due principali elementi: “Lato domanda, il generale allentamento delle restrizioni alla mobilità, che porta a stimare un ridimensionamento dei consumi via via più contenuto nella seconda parte dell’anno; lato offerta, la conferma e il rafforzamento dell’accordo di aprile in occasione del vertice dell’Opec Plus del 6 giugno”, ha proseguito la Orlandi aggiungendo che, in ogni caso, “anche nell’ipotesi ottimista che non si ripetano chiusure totali in conseguenza di un contagio di ritorno, il 2020 è ormai seriamente compromesso e il calo stimato della domanda petrolifera è di circa 9 mil. bbl/g: tale da annullare in un anno la crescita dell’ultimo decennio”.

Per quanto riguarda lo shale oil Usa “i detrattori di questa industria forse speravano che il Covid-19 fosse la strada giusta per scriverne il necrologio ed in effetti i primi dati pubblicati dal Dipartimento per l’Energia statunitense dopo il crollo dei prezzi a 20 doll/bbl – e su valori ancora più bassi per il Wti (greggio di riferimento per gli Usa) – potevano far presagire quantomeno una nuova pesante battuta d’arresto per il settore”, ha continuato la ricercatrice del Rie.

Malgrado ciò, “con la risalita dei prezzi a 40 doll/bbl, lo scenario potrebbe essere meno oscuro per quanto lungi dell’essere definitivo. L’aumento delle quotazioni ripropone, in sostanza, la possibilità di una pur parziale ripresa della produzione di shale oil, cosicché ancora una volta questa industria si avvantaggerebbe in parte dei sacrifici altrui”. Insomma, “la forte incertezza che grava sul contesto attuale, a sua volta generato da un evento del tutto inimmaginabile, porta a ritenere fragile il parziale riequilibrio che il mercato del petrolio sembra aver riconquistato ad inizio giugno. La futura evoluzione del mercato dipenderà infatti da numerosi ed imponderabili fattori, tra loro strettamente correlati – ha concluso la Orlandi -: dai tempi di ripresa dell’economia mondiale; dai tempi di ricostruzione della domanda petrolifera; dalla tenuta dell’Opec Plus man mano che le condizioni di mercato tenderanno a migliorare; dalla capacità dei paesi produttori di sopravvivere alla battuta d’arresto a cui forzatamente stanno andando incontro; dalla ripresa degli investimenti in esplorazione e produzione il cui calo è stimato nell’ordine di 190 miliardi di dollari nel 2020 rispetto al budget inizialmente pianificato”.

All’interno del nuovo numero sono pubblicati, inoltre, i consueti commenti tecnici, relativi i mercati e le borse elettriche ed ambientali nazionali ed europee, la sezione dedicata all’analisi degli andamenti del mercato del gas italiano e la sezione di analisi sugli andamenti in Europa, che approfondisce le tendenze sui principali mercati europei delle commodities. La nuova pubblicazione Gme riporta, inoltre, come ormai è consuetudine, i dati di sintesi del mercato elettrico per il mese di maggio 2020.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

Di più su questi argomenti: