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Recovery Fund, ecco la bozza del piano per finanziare la ripresa

Di Redazione |

L’ammontare totale di Next Generation Eu, come è stato ribattezzato dalla Commissione il Recovery Plan, è di 750 mld di euro, invariato rispetto alla proposta iniziale. Di questi, 360 mld sono prestiti (rispetto a 250 mld iniziali), 390 sono trasferimenti (rispetto a 500). Pertanto, il 48% di Nge è costituito da prestiti, che si restituiscono (ma saranno a tassi molto bassi, perché la Commissione è un emittente con rating tripla A dalla maggior parte delle grandi agenzie), il 52% da trasferimenti, che per definizione non si restituiscono.

Il piano, che interagirà e potenzierà il Quadro Finanziario Pluriennale, è stato rimodulato in modo da concentrare molta forza finanziaria sulla Recovery and Resilience Facility, lo strumento destinato a finanziare i piani nazionali di ripresa e di resilienza, che i Paesi membri dovranno presentare alla Commissione, possibilmente entro l’autunno. Il 70% dei trasferimenti va impegnato negli anni 2021 e 2022; il restante 30% entro la fine del 2023.

Il taglio dei trasferimenti si fa sentire su tutti gli altri programmi di Next Generation Eu: React Eu, destinato a potenziare i fondi di coesione, dai 50 mld della proposta di Michel del 10 luglio a 47,5 mld (React Eu è l’altro programma che stava molto a cuore all’Italia, e viene penalizzato poco).

I tagli penalizzano i fondi Nge destinati a potenziare HorizonEurope, il programma per la ricerca, che passano da 13,5 a 5 mld; InvestEu, erede del piano Juncker, che passa da 30,3 mld a 2,1 mld; dimezzato il rafforzamento allo sviluppo rurale, da 15 a 7,5 mld; il potenziamento del Just Transition Fund passa da 30 a 10 mld; a RescEu, il programma di rafforzamento della risposta alle emergenze passa da 2 mld a 1,9 mld; Ndici, i fondi per il vicinato, lo sviluppo e la cooperazione internazionale, passano da 15,5 mld a 3,5 mld.

Scompare il Solvency Support Instrument, da 26 mld a zero, che era stato pensato per salvare le imprese strategiche in difficoltà a causa della pandemia di Covid-19. Era però un programma comunitario, che non a tutti gli Stati membri andava a genio; qualcuno aveva perplessità sul piano giuridico. Inoltre l’allocazione dei suoi fondi dipendeva dalle necessità e non era prevedibile: essendo per così dire un ‘figlio di nessuno’, nell’ottica degli Stati nazionali, viene sacrificato. Scompare da Nge anche il programma per la salute, 7,7 mld di euro: nella ‘negobox’ non figura più.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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