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L’ipertensione polmonare al centro del congresso ‘Iphnet’

Di Redazione |

Roma, 11 nov. (Adnkronos Salute) – Spesso per i pazienti con ipertensione polmonare è una corsa contro il tempo. Quello per riuscire ad avere una diagnosi non troppo in ritardo per colpa di sintomi generici e della scarsa conoscenza della malattia da parte di medici non esperti. Tempo prezioso, tempo rubato alla terapia. Perché nel caso dell’ipertensione arteriosa polmonare (Pah), ad esempio, i farmaci ci sono ma vanno usati presto e in modo aggressivo. “Hit hard and Hit early”, colpisci forte e colpisci subito, questo il nuovo approccio. Che adesso fa un passo in più e al quale si aggiunge “non ti accontentare”. Di questo, ma inevitabilmente anche di Covid-19, si parlerà al Congresso nazionale ‘Iphnet’ che si apre domani, in modalità virtuale.

Davanti ad un paziente con ipertensione arteriosa polmonare a rischio intermedio – si legge in una nota – bisogna mettere in atto tutte le strategie possibili per portarlo, e mantenerlo, a basso rischio. In alcuni pazienti, può essere necessario per questo fare un cambiamento, uno switch nella terapia. Importanti conferme in questo senso arrivano dallo studio ‘Replace’ presentato lo scorso settembre al congresso Ers. Quanto all’emergenza sanitaria da Covid-19, i pazienti con ipertensione polmonare – si legge nella nota – non possono aspettare che la pandemia finisca: la loro malattia, rara e invalidante, corre veloce e sia le prime diagnosi che le visite di controllo non possono attendere i tempi del Covid-19.

“È importante che anche in questo momento così difficile non venga meno l’attenzione verso le persone più fragili, tra le quali coloro che soffrono di ipertensione polmonare – dice Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore delegato di Msd Italia – che già si trovano a dover fare i conti con un ritardo nella diagnosi e non possono permettersi di rimandare visite e controlli che sono fondamentali davanti a una patologia rara e invalidante. Novembre è il mese dedicato all’ipertensione polmonare, un’occasione per parlare di una malattia ancora troppo poco conosciuta. Quest’anno, per la situazione che stiamo vivendo, è ancora più importante tenere alta l’attenzione e fare uno sforzo importante per non lasciare indietro nessuno. Perché la domanda di salute è aumentata e trovare le risposte adeguate è sempre più difficile”.

“Nell’ipertensione polmonare, la diagnosi è importante ma non basta: è fondamentale capire anche la progressione della malattia e, quindi, la condizione di rischio in cui si trova il paziente grazie alla stratificazione del rischio. Davanti ad un paziente a rischio intermedio non ci si deve accontentare ma va cambiato l’approccio alla terapia”, spiega Stefano Ghio, Ambulatorio scompenso, trapianto e ipertensione polmonare della Divisione di cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

“In questi pazienti – aggiunge Carmine Dario Vizza, responsabile del Centro di Ipertensione polmonare primitiva dell’Università Sapienza, Azienda sanitaria policlinico Umberto I di Roma – noi possiamo fare diverse scelte terapeutiche ma è fondamentale, comunque, fare qualcosa in più rispetto alla terapia che stanno seguendo. Lo switch rappresenta un’opzione terapeutica importante. Lo studio ‘Replace’, recentemente presentato al Congresso Ers, ha dimostrato che i pazienti con ipertensione arteriosa polmonare a rischio intermedio possono trarre vantaggio dal passaggio ad uno stimolatore di sGC (riociguat)”.

Importante è non perdere tempo. “All’orizzonte non ci sono nuovi farmaci che possano rivoluzionare lo scenario terapeutico nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare – sottolinea Michele D’Alto, responsabile del Centro per l’ipertensione polmonare dell’ospedale Monaldi di Napoli – ma ci sono evidenze crescenti, alle quali abbiamo contribuito largamente attraverso il nostro Gruppo di studio e di lavoro, Iphnet, che dimostrano che un approccio più aggressivo sin dall’inizio può cambiare la storia di questi pazienti. Ancora una volta tutto risiede nella capacità del Centro esperto di rispondere alla domanda di salute di questi pazienti così fragili”.

Una fragilità che in tempo di pandemia si è fatta sentire ancora di più ma che non ha fermato la ricerca e la voglia di fare informazione. “Il momento è drammatico ma non abbiamo voluto per questo perdere l’occasione di incontrarci come facciamo ogni anno – sottolinea il responsabile scientifico del congresso Iphnet2020, Carlo D’Agostino, Direttore Uoc di Cardiologia Ospedaliera dell’Aou Policlinico di Bari – perché il congresso (online dal 12 al 14 novembre) rappresenta la palestra in cui si incontrano i maggiori esperti nazionali con l’obiettivo di migliorare le prospettive dei pazienti affetti da ipertensione polmonare, fornendo adeguati strumenti culturali ad una rete di professionisti sempre più ampia ed attenta ai bisogni di salute della popolazione”.

Pazienti fragili e spaventati, ma decisi nel mandare un appello alle istituzioni: “Non vi dimenticate dei malati rari – dicono Laura Gagliardini e Vittorio Vivenzio, presidente e vicepresidente dell’Associazione italiana malati di Ipertensione polmonare (Amip) – Abbiamo paura della pandemia, certo, ma anche della malattia che, se non tenuta sotto controllo regolarmente, continua la sua corsa. In questo momento se chiudiamo gli ambulatori o rimandiamo le visite non urgenti – concludono – il malato raro si sente ancora più abbandonato. C’è Covid-19, lo sappiamo, e forse chiediamo troppo ma i malati rari non si possono abbandonare”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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