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Al largo di Capo Passero prende forma il telescopio che darà la caccia alle particelle cosmiche più sfuggenti

Di Redazione |

PORTOPALO DI CAPO PASSERO – E’ pronto il primo nucleo del telescopio KM3NeT, che dalle profondità del Mediterraneo si prepara a dare la caccia delle particelle cosmiche più sfuggenti, i neutrini. Si sono infatti concluse le operazioni di ampliamento dell’infrastruttura sottomarina che si trova al largo delle coste siciliane di Capo Passero, a 3.500 chilometri di profondità, e sono operative le prime sei unità del telescopio. Il progetto è il frutto di una collaborazione internazionale composta da circa 60 centri di ricerca e alla quale l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). E’ anche una delle grandi infrastrutture di ricerca europee della roadmap Esfri (European Strategy Forum on Research Infrastructures).

I nuovi componenti installati al lago della Sicilia sono il primo nucleo del telescopio Arca (Astroparticle Research with Cosmics in the Abyss), destinato a costituire il KM3NeT con il telescopio sottomarino francese Orca (Oscillation Research with Cosmics in the Abyss) e insieme costituiranno un telescopio del volume di un chilometro cubo che sfrutterà l’acqua marina come “rivelatore” per i neutrini cosmici, prodotti nell’universo da eventi catastrofici. Poichè i neutrini sono le particelle più difficili da catturare in quanto interagiscono pochissimo con la materia, per questo osservarli sono necessari rivelatori di grandi dimensioni.

Nella sua configurazione finale il telescopio KM3NeT prevede una rete di oltre 200 stringhe di rivelazione, ciascuna alta 700 metri e con 18 moduli ottici equipaggiati con sensori di luce ultra-sensibili in grado di registrare, nel buio più profondo degli abissi del Mediterraneo, i debolissimi lampi di luce generati dalle particelle prodotte dalle interazioni dei neutrini cosmici con l’acqua. In totale, sono ora in funzione sei stringhe di rivelazione, che rappresentano il nucleo iniziale del telescopi, che si aggiungono alle sei dell’apparato Orca. L’installazione di cinque nuove stringhe di rivelatori e l’installazione di una struttura per erogare potenza elettrica e permettere le connessioni sottomarine sono stati possibili grazie al progetto Idmar, finanziato dalla Regione Sicilia per il potenziamento delle infrastrutture di ricerca marittima della regione. Le componenti, protette da una struttura sferica, sono state calate a 3.500 metri di profondità, ancorate al fondale e connesse alla stazione di terra, prima di essere dispiegate nella loro configurazione finale: operazioni che hanno richiesto una campagna marina durata una settimana. Una campagna che «ha dato una spettacolare dimostrazione degli eccellenti risultati conseguiti dalla collaborazione KM3NeT nello sviluppo di soluzioni idonee per imprese tecnologiche di tale portata», osserva Giacomo Cuttone, ricercatore dell’INFN e direttore scientifico del progetto Idmar. «Grazie a questi risultati il Mar Mediterraneo, oltre a essere un ecosistema da difendere e da cui ripartire per la crescita sociale e industriale della Sicilia, dell’Italia e dell’Europa, diviene un grande laboratorio di ricerca per studiare i segreti dell’universo», osserva Simone Biagi, ricercatore dei Laboratori Nazionali del Sud dell’Infn e site manager per KM3NeT-Italia, che ha fatto parte della squadra che ha gestito l’operazione.

Le linee di misura sono state integrate presso i Laboratori Nazionali del Sud e le sezioni di Genova e Napoli dell’Infn, mentre i moduli ottici provengono dai siti di integrazione del programma che si trovano anche in Italia, a Catania e Napoli, i moduli di base sono stati realizzati nella sezione Infn di Bologna e le sezioni di Bari e Roma, con il gruppo collegato Infn di Salerno hanno contribuito alla realizzazione dei componenti elettronici e meccanici delle linee. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA