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Il fratello di un pentito di mafia “riciclava” oro rubato: arrestato

Di Redazione |

I Finanzieri i Carabinieri di Trapani hanno arrestato e messo ai domiciliari, su ordine del ai domiciliari dal Gip di Marsala, i gioiellieri Tommaso Geraci, 64, e il figlio Antonino, 36 anni, indagati per riciclaggio e impiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita oltre che per false fatturazioni con conseguente evasione d’imposta.

Ai due indagati, che sono di Castelvetrano, sono stati sequestrati anche beni. Le indagini di Carabinieri e Finanzieri, coordinati dalla Procura di Marsala – dice una nota degli investigatori – hanno permesso di svelare l’esistenza di una diffusa e penetrante attività illecita, volta al riciclaggio e al reimpiego di notevoli quantità di oro di provenienza illecita. Sono indagate anche altre 13 persone.

Secondo l’accusa l’oro di provenienza illecita veniva poi rivenduto dai Geraci ad ignare fonderie che pagavano il metallo prezioso in base alla quotazione giornaliera. «I due gioiellieri – affermano gli investigatori – potevano così godere di ingenti somme (centinaia di migliaia di euro) di denaro, così detto ripulito». Inoltre sempre secondo l’accusa «l’ammontare delle citate fatture per operazioni inesistenti era stato sottratto dagli indagati dalle casse sociali della società Gia srl, per effettuare i pagamenti delle fatture false. Il denaro però veniva restituito direttamente, da chi aveva consapevolmente emesso la fattura per operazioni inesistenti, agli stessi Geraci, che se ne appropriavano senza riversarlo nelle casse sociali. Nascondendolo di conseguenza al fisco».

Tommaso Geraci, agli arresti domiciliari con il figlio Antonino nell’ambito dell’operazione Fort knox condotta da carabinieri e Guardia di finanza, è fratello del collaboratore di giustizia Francesco Geraci. Quest’ultimo fu uno degli amici più fidati del latitante Matteo Messina Denaro.

Arrestato nel 1994, Francesco Geraci iniziò a collaborare due anni dopo. Fu lui a fare ritrovare, in un caveau della gioielleria che la sua famiglia gestiva in via XX Settembre, a Castelvetrano, il cosiddetto tesoro di Totò Riina, all’epoca latitante a Mazara del Vallo. Francesco Geraci raccontò che Matteo Messina Denaro portò in gioielleria Riina, la moglie e le due figlie che gli affidarono una borsa con i gioielli.

Inoltre, sempre il collaboratore, disse che in un paio di occasioni, con Messina Denaro fece fare gite in barca ai quattro figli di Riina e di avere avuto un ruolo, nel settembre 1992, nel tentato omicidio, a Mazara del Vallo, dell’allora dirigente del commissariato Rino Germanà.

Nel 1999 gli fu confiscata una vasta area in contrada Giallonghi dove ora sorgono, tra l’altro, le sedi della tenenza della Guardia di finanza e del commissariato di pubblica sicurezza.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA