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“Talpe” su indagini, così Messina Denaro è riuscito finora a sfuggire alla cattura

Di Redazione |

PALERMO – Una vicenda ambigua, misteriosa, potenzialmente devastante per le indagini sull’ultimo padrino latitante di Cosa nostra. Una storia dai contorni incerti in cui se le responsabilità dei singoli sono evidenti, oscuri restano i moventi. L’ultimo capitolo investigativo sul boss Matteo Messina Denaro coinvolge una vecchia conoscenza dei magistrati come Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano, paese natale del capomafia, e due carabinieri, protagonisti di un complicato passaggio di informazioni riservate, finite in mano a un fedelissimo della Primula Rossa di Cosa nostra, in grado di mettere a rischio le già difficili indagini sulla sua cattura. Tutti e tre gli «attori» della vicenda oggi sono stati arrestati: i due carabinieri, l’appuntato Giuseppe Barcellona e il colonnello Mario Zappalà, in servizio alla Dia di Caltanissetta, accusati a vario titolo di accesso abusivo al sistema informatico e violazione di notizie riservate, Vaccarino di favoreggiamento a Cosa nostra.

I fatti: Barcellona, in forza al Norm della Compagnia di Castelvetrano, è addetto all’ascolto e alle intercettazioni di conversazioni tra personaggi potenzialmente in grado di portare gli inquirenti al capomafia latitante. Due anni fa trascrive il dialogo tra due indagati, Ciro Pellegrino e Sebastiano Parrino. I due commentano fatti della famiglia mafiosa di Castelvetrano, stigmatizzano la circostanza che il boss Vincenzo Santangelo, titolare di una agenzia di pompe funebri, con una condanna per traffico di droga, non si sarebbe fatto pagare i funerali del pentito Lorenzo Cimarosa, «quel fradiciume» dicono riferendosi al collaboratore di giustizia. I due inoltre fanno congetture su un possibile nascondiglio del padrino ricercato. Barcellona, già sottoposto di Zappalà, fotografa la trascrizione dell’intercettazione e la dà all’ex superiore che non ha alcun ruolo nelle indagini sulla cattura del boss, quindi non ha alcun titolo per averla.

L’ufficiale della Dia prende la trascrizione e la manda per email a Vaccarino. Ma chi è Vaccarino? Ex democristiano, ex sindaco massone di Castelvetrano, condannato per traffico di droga e indicato da diversi pentiti come uomo d’onore, finisce agli onori della cronaca per i suoi rapporti con due boss di spicco, Messina Denaro e Bernardo Provenzano con cui tra il 2004 e il 2006 intrattiene una fitta corrispondenza. Reclutato dagli 007 per arrivare alla cattura del mafioso di Castelvetrano avvia con lui un carteggio, tra il filosofico e l’esistenziale: i due si scrivono per anni con nomi in codice. Vaccarino è Svetonio, Messina Denaro Alessio. La vicenda divenne poi nota e i rapporti si interrompono.

«Svetonio», che nel frattempo ha scontato la condanna per droga ed è uscito dall’inchiesta per mafia, continua, però, a essere tenuto sotto controllo: così i pm intercettano l’email ricevuta da Zappalà. E scoprono che il giorno dopo averla letta, l’ex sindaco la consegna a Vincenzo Santangelo. Non si sa se Zappalà gli ha fatto avere solo la parte relativa alle lamentele degli uomini d’onore per il funerale del pentito o se nelle mani di Santangelo è arrivato anche il dialogo sul covo del boss. Quel che è certo che la pista investigativa sui due intercettati è bruciata. Resta un interrogativo per il gip che ha disposto l’arresto dei tre. Perché Zappalà dà le informazioni a “Svetonio”? Per impedire la cattura del boss ricercato o per consentire a Vaccarino di accreditarsi con esponenti mafiosi come soggetto dotato di canali privilegiati e ottenere così da lui indicazioni confidenziali sulla latitanza di Messina Denaro? La domanda, per ora, non ha riposta, mentre per i pm è certo che tutti i protagonisti della storia hanno violato la legge.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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