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Craxi: Luca Josi, ‘la sciagurata serata del Raphael’
Roma, 27 apr “Ero lì, dentro quella macchina bersagliata da una grandinata di odio; seduto alla sinistra di Craxi”. Lo racconta Luca Josi, a quel tempo segretario dei Giovani socialisti, in una testimonianza pubblicata su ‘Oggi’ in occasione dei 30 anni dalla celebre serata dal 30 aprile del ’93, quella delle monetine lanciate contro Bettino Craxi davanti all’hotel Raphael, a Roma.
“Oltre 4mila arresti, 42 suicidi, 25mila avvisi di garanzia, 1069 parlamentari e uomini politici coinvolti. Questa è stata Tangentopoli. Non una guerra. Ma nemmeno una bella pace”, premette Josi ricordando il contesto in cui si arrivò a quell’evento. “Il finanziamento illecito è drammaticamente sempre esistito. Per questo, in politica, chi è senza peccato s’informi dal proprio cassiere”, si legge tra l’altro nella testimonianza che poi prosegue: “Trent’anni dopo ci ritroviamo tra contenziosi per scontrini, leader politici consulenti di sceicchi e combattive brigate per la difesa dell’indennità non riversata al partito”.
Josi, poi, spiega: “Il clima rimosso e mai esplorato di trent’anni fa annotava decine di strani furti in case di parlamentari, ministri e leader politici. Il 3 gennaio del 1990 venivano rubate al capo della Polizia, Vincenzo Parisi, le pistole di ordinanza dalla sua auto” e seguirà “una sua circolare, ‘Riservata’, ai prefetti datata il 16 marzo 1992 in merito a un piano per ‘destabilizzare l’Italia’”.
Tornando ai fatti del Raphael, Josi ricorda: “Alla vigilia del 30 aprile accadde solamente che diverse forze politiche, che avrebbero voluto gridare allo scandalo, votarono nel segreto dell’urna per salvare Craxi in aula. E poi scannarlo in piazza. E così andò”. E ancora, su quel giorno: “La stampa strillava allo scandalo e alcuni quotidiani erano usciti in formato manganello etico (il giornale che, ripiegato più volte, offriva per tutta la lunghezza la scritta ‘Vergogna!’ a caratteri cubitali, maiuscoli e in grassetto)”.
Josi prosegue nel suo ricordo personale: “All’interno del Rahpael molti i poliziotti; quelli in borghese si riconoscevano dal tintinnio delle manette appese alla cintura. Parchè le manette?”, mentre “per l’intera mattinata, le agenzie, radio e telegiornali avevano soffiato sul clima di rivolta nel Paese: fax, proteste, mancano le processioni”.
Josi sottolinea: “Capivamo che si stava consumando un rito espiatorio: il problema è che il capro eravamo noi. Quindi, in quella sera illuminata a forca la macchina avanzò lentamente (…) l’imperarivo che Craxi ripeteva, controllato e senza tradire emozione, era: sorridete. Non era un gesto provocatorio ma l’ultima arma che ti rimane quando sei circondato dai fiumi dell’irrazionale: ridergli addosso. L’inverno della politica stava sfumando, lasciando spazio alla primavera dell’antipolitica. Ovvero, la politica di qualcun altro”.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA