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La due ruote per scoprire la Sicilia “segreta”

L'impegno dell'Associazione "Moto Perpetuo" per non far cadere nell'oblio luoghi dell'Isola di grande valore culturale ma poco conosciuti ai percorsi del turismo convenzionale

Di Carmen Greco |

Poteva nascere solo a Siracusa, terra di inventori e filosofi, un’associazione (anzi una community) di mototurismo chiamata “Moto Perpetuo”. E poteva essere solo un personaggio istrionico come Francesco Corrado Perricone, nato a Noto, cresciuto a Civitavecchia e tornato a Siracusa a 18 anni, commercialista folgorato sulla via della due ruote sin da bambino, il presidente di un gruppo di bikers molto particolari, più interessati alla cultura sconosciuta della Sicilia (e non solo) piuttosto che al ristorante dove fare pausa dopo alcune ore in sella. 

«Penso che passione per la moto sia nata con me – dice Perricone – mio padre aveva una vespa a faro basso, e io da piccolo ero particolarmente incuriosito dal sedile dove si siedeva “di lato” mia madre in cui c’era un sistema di snodi per far posizionare i piedi. Mi sono sempre chiesto come facessero le donne a non cadere in quella posizione. “Rubavo” quella Vespa per fare dei giretti, poi a 14 anni il mio primo motorino, un Garelli tre marce e infine una Vespa tutta mia, la felicità».

C’era già voglia di mototurismo? «In realtà sì, ma non lo sapevo ancora. Da 14enne studiavo le cartine geografiche e segnavo delle località “raggiungibili” sulla base della percorrenza della mia Vespa che poteva fare 40 km. Poi magari non andavo, li sognavo solamente».

E Moto Perpetuo?  «La community è nata nel 2017, ed è cresciuta giorno dopo giorno, oggi siamo circa 150, ci muoviamo anche in Italia e all’estero».

Il viaggio più recente? «Siamo appena ritornati da un giro che facciamo spesso nei Balcani, fra Albania e Montenegro. Tutte le volte, c’è sempre qualcuno che parte scettico e torna con gli occhi pieni di meraviglia. Per non parlare del Maghreb Tunisia, Algeria, Marocco, per il momento viaggi accantonati a causa del Covid, ma ci riproveremo». 

E la Sicilia segreta?

«Sicilia e Calabria hanno sempre rappresentato per me dei luoghi di scoperta a cui tengo moltissimo, tant’è che ho scritto due pubblicazioni in cui racconto una sessantina di siti poco conosciuti, a partire dalle diverse ricostruzioni storiche, è interessante vedere come ci siano spesso delle versioni diverse. Un paio di mesi fa sono tornato in uno di questi siti, le "Grotte della Gurfa", ad Alia, ed è stata una grande soddisfazione sapere da una delle guide ufficiali del posto che molta gente era arrivata lì grazie alla mia guida. Nel mio stra-piccolo mi rende felice l’idea di aver contribuito a far conoscere un luogo che, altrimenti, rischierebbe l’oblio».

Gli abitanti dei centri dove arriva la vostra carovana come vi accolgono? «Premesso che non ho nulla contro i gruppi di motociclisti caciaroni cui va tutta la mia simpatia (ride ndr), noi non siamo quel genere di motociclisti. Le persone si rendono immediatamente conto che arriviamo nel loro territorio in punta di piedi, interessati alla loro cultura, alla loro storia, che spendiamo negli esercizi commerciali locali, che ascoltiamo le loro storie. Ogni volta che andiamo via allunghiamo la lista degli amici nella nostra rubrica». 

Qual è oggi lo stato dei servizi in Sicilia per un mototurista? «Tendenzialmente in Sicilia abbiamo due grossi problemi, il primo è la condizione delle strade, tutti i posti che visitiamo si raggiungono attraverso arterie secondarie e da un anno all’altro non sai mai se le ritroverai nello stesso stato. Puoi trovare la strada impraticabile per una frana, nessuno si preoccupa di mettere delle indicazioni e magari dopo km e km e devi ritornare indietro. Io credo che con la soppressione delle province abbiamo reso un pessimo servizio alle strade secondarie. L’altro problema serio – ma questo è un fatto culturale che appartiene a tutta l’Italia – è l’assenza di strutture turistiche biker friendly, qui non esistono se non in casi rarissimi. Mancano parcheggi e strutture ricettive dedicate, da questo punto di vista dobbiamo fare davvero un salto culturale. Eppure il turismo in moto è in fortissima esponenziale crescita, è un segmento con opportunità di lavoro grossissime, se un ristorante o un agriturismo, si specializzassero per accogliere motociclisti, potrebbero vivere solo di questo vista la carenza che c’è».

Cosa significa andare in moto per lei? «A parte la banalità del senso di libertà che è facile da capire, chi ha diversi lustri sulle spalle come me, ha una visione del motociclismo più “poetica”. Negli Anni Ottanta quando incontravi un motociclista fermo per strada e magari quello era lì solo per fare una foto, ti fermavi per chiedergli se avesse bisogno d’aiuto. Oggi ci sono più possessori di moto che motociclisti».

Da commercialista a mototurista il passo non è breve… «Sono due cose agli antipodi, vero (ride ndr)? Diciamo che ho deciso di correggere i miei ritmi di vita, adesso fare il commercialista non occupa più tutta la mia giornata. Andare in moto è qualcosa di talmente profondo che devo ancora capirlo dentro di me. Credo che ognuno di noi abbia delle molle che ti aiutano a metterti in uno stato di grazia con te stesso e la moto è uno di questi… Poi lavorare per la community mi prende molto tempo, siamo riconosciuti dal Coni, siamo partner Unicef, anche dal punto di vista della penetrazione sociale siamo andati molto avanti e questo ci rende orgogliosi».

Il futuro è elettrico? «Ci arriveremo e sarà importante arrivarci, da questo tipo di cambiamenti in atto nessuno potrà tirarsi indietro, ciò non toglie che mettere in moto e sentire un due cilindri che balla sotto di te, è un’altra cosa, si perderà un po’ di quella poesia, ma non c’è alternativa…».

Un viaggio, un incontro indimenticabile? «In Scozia, negli Anni Novanta. Era sera, cercavamo un posto dove dormire e ci imbattemmo in un gruppo di manager, ex ragazzi dell’Isola di Wight (l’isola britannica che alla fine del ‘68 ospitò il famoso festival ritenuto l’atto finale della stagione hippie ndr) che ogni anno si ritrovavano lì per rivivere quell’avventura. Ci hanno invitato a stare con loro, è stato come fare un viaggio nel tempo. Se fossimo stati in auto sono sicuro che non si sarebbe creata la stessa alchimia».

Un ultima domanda: moto o scooter?  «Lo sapevo, questa domanda è fatta apposta per farmi litigare con gli scooteristi. Io ho solo moto, ma oggi come oggi dico: moto per viaggiare, scooter per fare la spesa. È una risposta abbastanza diplomatica?».

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