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25 Aprile, la partigiana Mary: «Sono sopravvissuta alla fucilazione. Ho ancora una scheggia nel polmone»

Di Redazione |

Per comunicare con Maria Airaudo il nostro unico mezzo è stato il telefono fisso, nessuna mail, nessun Whatsapp. La donna vive sola a Luserna San Giovanni (Torino), nella Val Pellice. A occuparsi di lei, la sorella Caterina, di qualche anno più giovane, che oggi smista tutti i suoi impegni, in giro per le scuole, come testimone.​​Maria (Bagnolo Piemonte, Cuneo, 18 ottobre 1924) nasce in una famiglia umile formata da quattro sorelle e due fratelli. Inizia a fare la staffetta a 19 anni con la 105ª brigata Garibaldi, dopo la strage nazifascista di Bagnolo Piemonte (avvenuta il 30 dicembre 1943) quando i militari uccidono 22 civili tra la popolazione per dissuaderli dall’aiutare i partigiani.

Siccome Maria era in possesso del lasciapassare tedesco per poter andare a lavorare nella fabbrica tessile Mazzonis di Pralafera, aveva la possibilità di spostarsi agilmente, anche col coprifuoco, dato che ogni giorno doveva compiere 30 chilometri in bicicletta per spostarsi. E così che inizia a trasportare i beni necessari per i partigiani, col nome di battaglia «Mary». «Sotto la gonna portavo i pantaloni e dentro ci nascondevo le armi», racconta.

​Il 26 marzo 1945 viene ferita gravemente: i nazifascisti tentano di ucciderla con un colpo di fucile. Mary aveva aiutato altri due partigiani che, diversamente da lei, non sono sopravvissuti. Prima viene catturata, interrogata, torturata. Poi parte l’ordine di condanna a morte. A causa della fucilazione la donna ancora oggi ha delle schegge di proiettile conficcate nel polmone destro: per questo motivo ha preso la pensione di invalidità .

«Non avevo paura, no. No, non avevo paura. Non avevo paura». Lo ripete tre volte quando le chiediamo dove avesse trovato il coraggio di fare la staffetta. «Non ho mai sparato, mi avevano insegnato a farlo, ma io non devo sparare neanche al mio nemico. Dobbiamo cercare di lottare con la parola, la convinzione, dobbiamo costruire una cultura di pace e di serenità». E ai giovani dice: «La pace è la cosa più bella di questa terra, non c’è nessuna questione di sesso, età, cultura. La pace è la cosa più bella».​​​- «Donne partigiane»: le videointerviste alle sopravvissute della Resistenza di Jessica ChiaCOPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA