Notizie Locali


SEZIONI
°

Video dalla rete

Il bimbo caduto nel pozzo trovato con le braccia verso il cielo, dove Julen ora è col fratellino Oliver

Di Redazione |

Tredici giorni di angoscia, speranza, paura. Ma il miracolo non c’è stato. E, alla fine, quando la squadra di soccorritori che ha lavorato senza sosta in condizioni al limite dell’impossibile è riuscita a raggiungere il piccolo Julen, all’1.25 dell’altra notte, ha trovato quello che tutti avevano temuto fin dall’inizio: un corpicino senza vita.

L’autopsia condotta all’Istituto di Medicina Legale di Malaga, secondo i primi risultati, ha stabilito che il piccolo è morto il giorno stesso della caduta e che il corpo presenta un «trauma cranio-encefalico importante», oltre a molteplici lesioni. Il bimbo di due anni e mezzo caduto il 13 gennaio in un pozzo largo 25 centimetri e profondo oltre 100 metri a Totalan, è precipitato «in caduta libera per 71 metri» e su di lui sono rovinate pietre e altri detriti. Il corpo è stato ritrovato con le braccia in alto, ha riferito il delegato del governo in Andalusia Rodriguez Gomez de Celis.

E ora in Spagna è il momento del dolore. «Un’altra volta no!», hanno urlato Victoria Garcia e José Rossello, i genitori del piccolo Julen, quando hanno appreso dalla guardia civile la notizia del ritrovamento del cadavere. Uno strazio insostenibile dopo la scomparsa improvvisa nel 2017 del fratellino di Julen, Oliver, morto all’improvviso a tre anni sulla spiaggia davanti a papà e mamma per un attacco cardiaco.

Il Comune di Malaga ha proclamato tre giorni di lutto. «Tutta la Spagna si unisce alla tristezza infinita della famiglia di Julen», ha twittato il premier Pedro Sanchez. Tra i primi messaggi di cordoglio, giunti da tutto il mondo, quello del monarchi di Spagna, che hanno espresso «il nostro dolore più profondo» alla famiglia di Julen, assieme «al nostro riconoscimento a ognuna delle persone che, senza sosta, hanno dimostrato la propria solidarietà senza limiti».

La Spagna ha messo in campo le migliori squadre di specialisti per tentare di salvare il piccolo caduto in un pozzo scavato – a quanto pare illegalmente – per cercare una falda d’acqua nella tenuta di parenti dove, quel maledetto 13 gennaio, la famiglia si era riunita per un picnic. Centomila tonnellate di terra sono state rimosse per arrivare a Julen, in una maratona contro il tempo di 300 ore, con un enorme spiegamento tecnico e di mezzi, che ha mobilitato oltre 300 persone e una sessantina di imprese nazionali e internazionali. Un incubo che in Italia ha fatto rivivere il dramma del piccolo Alfredino Rampi, inghiottito da un pozzo il 10 giugno 1981 a Vermicino, il cui corpicino fu recuperato soltanto dopo 28 giorni di calvario.

Quando è stato chiaro che i soccorsi non avrebbero potuto calarsi nel pozzo occluso, le squadre di salvataggio – coordinate da Angel Garcia Vidal, delegato dell’Ordine di Ingegneri di Malaga, dall’Ordine dei minatori e dalla Guardia Civil – hanno proceduto a scavare un tunnel verticale e parallelo al pozzo, attraverso cui calare la gabbia con i minatori del corpo speciale delle Asturie che con bombole d’ossigeno, piccozze e pale si sono alternati per scavare a mano il tratto finale di 3,65 metri, per arrivare al bambino. Soltanto giovedì l’operazione di salvataggio è entrata nella fase finale, quando alle 17.30 i minatori sono riusciti a scendere nella galleria, messa in sicurezza, per aprire l’ultimo passaggio. Un lavoro particolarmente duro, per la presenza di rocce che sono state fatte saltare con micro-esplosioni controllate. Ma per Julen non c’era comunque nulla da fare.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


Articoli correlati