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Mi piace il Var a chiamata se toglie l’arbitro a video

Di Redazione |

Sono state annunciate due ulteriori novità nella liturgia che accompagna il ricorso al Var. Da questa giornata di campionato il pubblico allo stadio apprenderà dal mega schermo il motivo dello scrutinio in corso – possibile rigore, possibile fuorigioco – mentre dalle semifinali di coppa Italia della prossima settimana, derby compreso quindi, la voce dell’arbitro in diretta dal campo spiegherà il motivo delle sue decisioni, “gol annullato per precedente fallo di mano” e così via. Quest’ultima è una sperimentazione limitata per ora alla coppa Italia.​La finalità delle due innovazioni è quella di chiarire al pubblico dello stadio, che teoricamente non ha a disposizione replay e grafiche televisive, la ragione del ricorso al Var. Ho detto teoricamente perché pochi secondi dopo il suo svolgimento il filmato di ogni episodio arriva all’interno dello stadio tramite piattaforme e social network visibili sui cellulari. Proprio per questo, le innovazioni in arrivo non mi sembrano epocali, ma vedremo. Ogni sforzo verso la trasparenza è lodevole, a patto di non pensare di poter mettere tutti d’accordo. Il Var, in questo senso, ha tolto l’ultima illusione: non dico il 100, ma un buon 80 per cento delle situazioni scrutinate, al video diventa inequivocabile. Eppure si continua a discuterle tutte perché è nella natura del tifoso: se riguardi un’azione sperando di trovarci un fallo, è molto più facile che tu lo veda. E viceversa.

Mi intriga molto, invece, il Var a chiamata che verrà sperimentato dalla prossima stagione in serie C e nella serie A femminile. Due richieste per squadra, se hai ragione restano due, se hai torto scali. È un’idea che mi piace perché semplifica ciò che il susseguirsi di direttive ha reso insopportabilmente complicato. A logica, infatti, il Var a chiamata toglie la necessità dell’arbitro a video. Che senso avrebbe lasciarlo giudicare un episodio, e poi sottoporre lo stesso episodio – su richiesta della panchina insoddisfatta – al giudizio dell’arbitro in campo? Facciamo un esempio. L’attaccante Tizio entra in contatto in area col difensore Caio e finisce a terra, l’arbitro non fischia il rigore e il Var non lo manda al video. Ma la panchina di Tizio è sicura che il rigore ci fosse, e richiede all’arbitro la revisione. Se ha ragione, il Var ci fa una figura barbina. Ha revisionato ma non se ne è accorto. 

Quante possibilità ci sono che un arbitro esponga il suo collega al video a questo disastro? Pochine. Molto meglio smontare tutto lasciando in Var room soltanto un operatore in grado di mandare all’arbitro le immagini richieste dalla panchina, o al massimo un assistente che possa prendere le cosiddette decisioni “geografiche” su fuorigioco e fallo dentro o fuori area. Per il resto, amo l’idea che la revisione diventi un affare esclusivo tra arbitro in campo e panchina. Semplificherebbe molto. Con un’ultima postilla: nel finale delle gare prive di episodi controversi, una squadra in sofferenza potrebbe spezzare il ritmo della rivale con due chiamate pretestuose. È quel che succede nel basket con i minuti di sospensione residui. Beh, nel basket c’è il tempo effettivo: proviamo a sperimentare anche quello, magari a partire dai minuti di recupero.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA