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Università, nella classifica delle migliori al mondo anche eccellenze italiane

Di Redazione |

L’’Università di Harvard si conferma la migliore al mondo, seguita da vicino dall’Istituto di Tecnologia del Massachusetts ma dal 2015 gli Stati Uniti hanno perso il 10% delle loro performance, che arriva al 20% andando ancora più indietro nel tempo, in particolare nelle discipline riguardanti gli studi umanistici. E’ quanto fotografa “QS World University Rankings 2019”, la classifica annuale delle migliori università al mondo, prodotta dall’azienda QS Quacquarelli Symonds, che ha comparato le performance di .1200 università nel mondo in 48 materie.

Migliorano invece le performance delle università inglesi, che sono diventate ancor più competitive degli anni passati, erodendo posizioni a quelle americane nelle stesse aree di studio. In particolare, l’Università di Oxford è la prima al mondo per cinque settori: Lingua e letteratura inglese, Farmacia e Farmacologia, Archeologia, Antropologia e Geografia. Le università inglesi poi occupano posti di vertice in ben 34 materie delle 48 esaminate dallo studio. «Le performance degli atenei inglesi rimangono alte e competitive – osserva Ben Sowter, direttore della ricerca -. Tuttavia non sappiamo quanto l’impatto dell’imminente Brexit potrà incidere su questo quadro. Molti dei risultati importanti conseguiti dagli atenei inglesi in questi anni sono legati a collaborazioni con atenei e studiosi europei e a programmi europei, anche dal punto di vista dei finanziamenti». 

E l’Italia? La performance delle università italiane nel “QS World University Rankings 2019” per facoltà-disciplina migliora: il nostro Paese è al 4° posto in Europa (dopo Regno Unito, Germania, Francia) e al 7° posto nel mondo per numero totale di università incluse nella classifica di quest’anno. L’Università romana La Sapienza è l’unico ateneo italiano classificato primo al mondo in una disciplina: Studi Classici e Storia Antica. L’Italia inoltre – nell’ultima edizione della classifica universitaria globale più consultata al mondo – è al 3° posto in Europa dopo Regno Unito e Germania e al 7° posto nel mondo per numero totale di posizioni occupate. La classifica include ben 41 università italiane.

L’area Scienze della vita-Medicina delle università italiane è la più rappresentata in questa classifica mondiale. Mentre nelle singole discipline a classificarsi sono state Fisica e Astronomia, Medicina ed Economia, Econometria. Più in particolare: il Politecnico di Milano è l’unica università italiana che si classifica tra le Top 10 in tre discipline; l’Università Bocconi è ottava al mondo per Business & Management, guadagnando due posizioni rispetto allo scorso anno. Sale di undici posizioni anche in Finanza, conquistando il 18° posto e mantiene il sedicesimo in Economia. Il Politecnico di Torino entra per la prima volta nella classifica di Ingegneria Mineraria, posizionandosi al 24° posto. Altri debutti eccellenti sono: quello dell’Università di Bologna in Odontoiatria (44° posto) e dell’Università di Pisa in Scienze Bibliotecarie (50° posto).

La Sapienza, L’Università di Bologna (Unibo) e l’Università degli Studi di Padova sono le università più rappresentate in classifica. Le città italiane con più università classificate sono Milano (7), Roma (4) e Pisa (3). Ben 18 università Italiane hanno ottenuto il riconoscimento di essere classificate tra le prime 100 per 36 distinte discipline. In totale, le università Italiane occupano 521 posizioni nella classifica. Rispetto alla scorsa edizione, 192 posizioni sono invariate, 166 sono migliorate, 85 sono peggiorate, e 78 sono new entry.  L’Italia, rispetto allo scorso anno, ha incrementato la propria presenza in tutte le classifiche, sia tra le top 50 (erano 29 ora sono 34), sia tra le top 100 (erano 83 atenei ora sono 98) sia infine tra le top 200 (erano 213 ora sono 236). 

«Questa edizione – ha commentato Ben Sowter, Responsabile Ricerca e Analisi di QS – mostra una fotografia positiva per l’eccellenza accademica Italiana. Il trend è degno di nota, specialmente se consideriamo la feroce competitività globale. Per mantenere le stesse posizioni, le università devono continuamente migliorare l’impatto della propria ricerca, coltivare collaborazioni accademiche internazionali e conferire lauree e titoli post-lauream che siano spendibili nel mondo del lavoro e apprezzati dai recruiter internazionali. Questo risultato incoraggiante, deve però tenere conto di una sfida: la fuga di cervelli. L’OCSE segnala come l’Italia sia tornata ai primi posti nel mondo per emigrati; per la precisione all’ ottavo. Si stima che un terzo siano giovani laureati. Sebbene l’Italia spenda quasi un punto percentuale in meno (4% del PIL) rispetto alla media Europea per l’istruzione, il paese investe mediamente 164 mila euro per formare un laureato e 228 mila euro per un dottore di ricerca. Di questo investimento, beneficiano sempre più altri paesi. Il mio augurio é che il vostro Paese – conclude -preservi il ritorno sull’investimento di risorse e talento, offrendo alle attuali e alle prossime generazioni di studenti le opportunità che meritano, affinché emigrare sia una scelta elettiva e non una necessità».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA