Mafia, i retroscena del blitz di Catania: i Cursoti milanesi, la successione al potere e l'assalto alla discoteca
L’inchiesta ha fatto luce sulla violenta e brutale contrapposizione esplosa all’interno del gruppo mafioso dopo la morte, il 9 dicembre del 2020, dello storico capo Rosario Pitar
Dalla lotta intestina per il potere a colpi di arma da fuoco agli assalti, con gruppi composti da diverse decine di giovani, a una discoteca del porto di Catania. Sono alcuni dei capitoli del romanzo criminale emerso dall’inchiesta Cerbero della Dda della Procura etnea sul clan dei Cursoti milanesi, storicamente radicato in città, che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza cautelare in carcere di 21 indagati. Il provvedimento del gip è stato eseguito da carabinieri del comando provinciale di Catania.
“Cerbero” ha fatto luce sulla violenta e brutale contrapposizione esplosa all’interno del gruppo mafioso dopo la morte, il 9 dicembre del 2020, dello storico capo Rosario Pitarà. Due i gruppi che sarebbero contrapposti con una feroce lotta per la leadership ed il controllo del territorio all’interno del clan dei Cursoti milanesi: quello di Carmelo Distefano e quello guidato dai fratelli Giuseppe e Alfio Cristian Licciardello. Ne sarebbe derivata, ricostruisce la Procura, «una violenta escalation criminale, caratterizzata da condotte estremamente aggressive e spregiudicate, con scontri armati e reciproche azioni di ritorsione tra le due fazioni, culminate in agguati, intimidazioni e gravi atti di violenza anche fisica».
«La spietata competizione per il controllo del territorio e delle attività illecite, in particolare il traffico di sostanze stupefacenti - contesta l’accusa - avrebbe così evidenziato l’elevata pericolosità dei sodali e la perdurante capacità offensiva del sodalizio mafioso».
L’inchiesta ha fatto anche luce sulla richiesta del "pizzo", prima di 200 euro poi passata a 400 euro a serata, al titolare di una discoteca del porto di Catania per la «protezione contro disordini nel locale». Per convincere la vittima il gruppo avrebbe compiuto degli "assalti" alla discoteca utilizzando anche 50 persone per volta, sfondando la porta d’ingresso e aggredendo i responsabili della sicurezza.
Durante le indagini i carabinieri hanno sequestrato armi da fuoco, sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana e 176 banconote da 20 euro false pronte per essere immesse sul mercato.
Il procuratore
«Con questa inchiesta abbiamo la controprova di quello che abbiamo detto anche qualche giorno fa, cioè che quando l’imprenditore collabora al 100% si hanno dei risultati - ha detto il procuratore di Catania, Francesco Curcio, a margine conferenza stampa sull'operazione Cerbero -. Prima di tutto perché una persona che si espone è credibile e poi perché è agevole riscontrare quello che dice. Quindi invito ancora una volta tutti gli imprenditori che subiscono soprusi a sporgere denunce a carabinieri, polizia o magistratura perché avranno sicuramente un riscontro successivo e una risposta alle loro doglianze».
«Osserviamo - ha aggiunto il magistrato - come le modalità siano più violente e meno mafiose, in senso tradizionale. Anche se, comunque, evidenziano una forza di intimidazione, di minaccia nei confronti dei cittadini, degli operatori economici molto forte. Però sono più irruente, anche perché ruotano poi intorno a un’attività tipicamente di gangsterismo urbano che è quello della gestione del traffico di stupefacenti, che è sicuramente il core business di questi sodalizi».
Sulla faida interna al clan il procuratore ha sottolineato che «ci sono state sparatorie e pestaggi molto pesanti» tra le parti contrapposte. E il la cosca era in possesso di molte armo. «L'armamento che è emerso - ha detto il procuratore Curcio - è imponente. Parliamo di fucili, di armi da sparo, di giubbotti antiproiettile, quindi gente attrezzata. Ma, del resto, diciamo, la "necessità del mestiere" è quella di dover dimostrare di avere armi per intimidire e incutere timore e terrore nelle persone».