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Spettacoli

Nuovo Cinema delle Palme, Tornatore "battezza" la rinascita della sala dove esordì come proiezionista

Il regista premio Oscar racconta la rinascita del Cinema delle Palme dopo ventinove anni: ricordi da proiezionista, artigianalità e ritorno della comunità

Francesca Landolina

24 Dicembre 2025, 14:23

15:28

Il bar di “zu’ Nino” che, durante l’intervallo, vendeva le iris in sala. Il barbiere accanto. Le palme, così profondamente radicate tra il negozio e la bottega da trasformarsi in un improvvisato attaccapanni. Da questi dettagli minimi e vividissimi prende avvio il racconto del regista Giuseppe Tornatore, visibilmente emozionato nel tornare a parlare del luogo che lo ha guidato - non soltanto formato - e che oggi torna a vivere: il Cinema delle Palme, riaperto dopo ventinove anni.

Fin dal suo arrivo a Villabate, Tornatore sale lentamente la scalinata, alza lo sguardo verso l’insegna e lascia riaffiorare, uno dopo l’altro, i gesti quotidiani di un tempo. È qui che il suo sogno ha cominciato a prendere forma, tra la Pasqua del 1973 e quella del 1974, quando - 16 anni appena - si ritrovò per la prima volta da solo a “guidare” il cinema nel ruolo di proiezionista.

Un cinema in cui si entrava salutando con un “buonasera a tutti” detto a voce alta e in coro, e da cui si usciva allo stesso modo. Un cinema in cui il biglietto costava cento lire. Un rito semplice che faceva della sala un luogo di comunità, prima ancora che di visioni.

«Arrivai qui nel 1973, pochi giorni prima di Pasqua, e rimasi fino alla Pasqua dell’anno successivo - ricorda il regista premio Oscar - fu possibile anche grazie a Placido Ferrara, proiezionista di Bagheria che aveva lavorato a lungo qui». Fino ad allora Tornatore aveva fatto soltanto sostituzioni; quella volta, invece, la responsabilità era tutta sua. «Ero solo. Per la prima volta sentii davvero il peso - e il valore - di quel ruolo».

Era un’età di fermento e di febbrile creatività. «Guardavo i film, li vivevo, e allo stesso tempo realizzavo i miei documentari in Super 8 con quello che guadagnavo al cinema e come fotografo». Un’esperienza che alimentava il desiderio di andare oltre. «Non perché ciò che vivevo fosse un ostacolo - lo amavo - ma perché sentivo che, per trasformare tutto questo nel mio sogno più grande, fosse necessario spostarsi».

In sala passava di tutto: “Il Padrino”, “Malizia”, “La rivoluzione dei girasoli”, “Los Amigos”, e anche vecchi film come quello su Caruso interpretato da Mario Lanza.

Tornando a oggi, Tornatore ritrova la geometria originaria della sala. Cambiano i dettagli, in meglio: un palcoscenico più ampio, poltrone meno fitte e più comode, la sala ripulita: «Un tempo il fumo anneriva la volta; oggi quei segni non ci sono più. Il luogo ha ritrovato la sua luce».

Ma ciò che resta intatto è l’insegnamento. «Stare in cabina, con le mani nel cinema, mi ha insegnato l’artigianalità». Un mestiere apparentemente solitario che, in realtà, era relazione pura. «Sentivo il pubblico oltre la parete. Capivo se fosse coinvolto, divertito, deluso. In quel momento non ero l’autore, ma un mediatore tra la pellicola e le emozioni degli spettatori».

Da lì nasce il sogno di diventare autore, di passare dal tramite alla creazione. In quegli stessi anni, il cinema si intreccia con l’impegno civile. Tornatore è tra i fondatori del Circolo L’Incontro, dove «cinema e politica erano due specchi della stessa realtà». Film come “Le mani sulla città” rendevano visibile ciò che nella politica rischiava di restare slogan: «Il cinema ti faceva capire davvero cosa c’era dietro».

La riapertura di ieri, però, non è un punto d’arrivo. «Con l’inaugurazione si chiude una fase e se ne apre un’altra», avverte il regista. «Questi luoghi sono nati per essere vivi. L’inattività e l’abbandono non appartengono a spazi pensati per accogliere persone ed emozioni».

Un messaggio che guarda al presente: il pubblico torna dove trova cura, comfort, attenzione. «Oggi nessuno è disposto a soffrire per vedere uno spettacolo. Si va dove ci si sente accolti».

Dopo anni segnati dalla frattura dei rapporti sociali, riaprire un luogo di convivenza e condivisione è - nelle parole di Tornatore - «forse il dono migliore che si possa fare ai giovani e a una comunità». Anche il percorso che ha portato alla riapertura è un segnale: amministrazioni diverse, una staffetta virtuosa che ha saputo guardare oltre gli schieramenti. Controtendenza, ancora una volta. Come il cinema, quando è davvero vivo.

Alla cerimonia, presenti il sindaco di Villabate Gaetano Di Chiara, l’assessore alla Cultura Francesco Piazza, l’assessore regionale Alessandro Aricò, il cui assessorato ha sostenuto il restauro, e il deputato Gaspare Vitrano. L’organizzazione e la direzione artistica dell’evento sono state curate da Carmelo Galati.