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Tratta di ragazze nigeriane, dieci arresti: il rito voodoo pure in conference call

Di Redazione |

Promettevano un posto di lavoro ma invece le ragazze convinte ad emigrare in Europa una volta giunte a destinazione venivano costrette a prostituirsi. La squadra mobile di Catania, con la collaborazione dei colleghi di Messina, Caltanissetta, Verona, Novara e Cuneo, hanno arrestato dieci nigeriani (ma gli indagati sono in totale 14) accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla tratta di persone e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di persone, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione. I provvedimenti sono stati firmati dal gip del Tribunale di Messina su richiesta della Procura etnea.

In carcere (qui tutte le foto) sono finiti Osazee Obaswon di 33 anni arrestato a Messina; James Arasomwan di 32 anni arrestato a Messina; Macom Benson di 29 anni, arrestato a Messina; Tessy William, 29 anni, arrestata a Novara; Evelyn Oghogho di 26 anni, arrestata a Novara; Faith Ekairia di 39 anni, arrestata a Verona; Joy Nosa di 42 anni arrestata a Verona; Nelson Ogbeiwi, di 36 anni arrestato a Verona; Belinda John, 40 anni arrestata a Caltanissetta e Rita Aiwuyo, 48 anni, arrestata a Mondovì (Cuneo). A tutti sono state contestate le aggravanti della transnazionalità del reato, di avere agito mediante minaccia attuata attraverso la realizzazione del rito del voodoo.

L’inchiesta è partita dal racconto di una giovane donna nigeriana giunta nel porto di Catania nell’aprile del 2017 insieme ad altre 433 persone a bordo della nave “Aquarius” della Ong S.O.S. Mediterranée.

La ragazza ha raccontato agli investigatori come sia stata convinta a lasciare la Nigeria da un connazionale di nome “Osas”, che le aveva proposto di raggiungerlo in Italia, promettendole un lavoro lecito e anticipandole le spese del viaggio. La ragazza era stata reclutata grazie agli uffizi di uno stregone che aveva officiato il rito del Ju Ju, sotto la minaccia del quale la giovane aveva assunto il solenne impegno di non denunciare, di non fuggire e di pagare il debito d’ingaggio assunto, ammontante a 25.000 euro. E poi le violenze e i rischi durante la fase del trasferimento in Italia dalla Libia. Gli investigatori hanno identificato “Osas” in Osazee Obaswon, dimorante a Messina che, dopo qualche giorno dal collocamento della ragazza in una struttura protetta, si era attivato per prelevarla, portandola presso nella sua abitazione ed avviandola al meretricio. Da qui è venuto fuori il network criminale transnazionale, con cellule operative in Nigeria, Libia, Italia ed altri paesi europei, specializzato nell’human trafficking con la tratta di almeno 15 ragazze. Osazee Obaswon, leader del gruppo criminale, era collaborato in patria dai familiari addetti al reclutamento (in base a criteri di natura meramente estetica) e alla sottoposizione ai riti magici (ripetuti più volte, anche tramite conference call, in caso di inottemperanza agli obblighi assunti) ed intratteneva i rapporti con i connection-man stanziati in Libia, incaricati di curare la fase finale e più pericolosa del viaggio verso l’Italia. Ma una volta giunte in Italia anziché il lavoro promesso finivan o in strada soprattutto nel Messinese. Un altro personaggio chiave è Belinda John (con precedenti specifici) che gestiva alcunie postazioni lavorative su strada incassando dei canoni mensili.

Le vittime erano costrette a inviare le somme direttamente al voodoolista che in Nigeria le aveva sottoposte al “juju” ovvero ai propri parenti affinché questi ultimi versassero le somme al voodoolista; il voodoolista al momento della ricezione delle somme avvisava la “madame” o i suoi parenti in Nigeria e questi ultimi si recavano dal voodoolista per incassare le somme nell’interesse della congiunta, somme che ovviamente restavano in Nigeria. Dall’analisi dei flussi di denaro movimentato attraverso le carte di credito e postapay sono risultate operazioni per un amkontare di 1,2 milioni di euro.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA