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Felice Casorati, il pittore dei silenzi interiori

Redazione La Sicilia

22 Febbraio 2025, 11:56

Poche parole racchiudono con precisione la poetica di Felice Casorati come le sue parole: «Vorrei saper proclamare la dolcezza di fissare sulla tela le anime estatiche e ferme, le cose mute e immobili, gli sguardi lunghi, i pensieri profondi e limpidi, la vita di gioia e non di vertigine, di dolore e non di affanno».

Casorati è tutto qui: incanto, sospensione, armonia, luce che non abbaglia ma che inonda con delicatezza le persone, le cose, i paesaggi. E la sua inesauribile suggestione, fortissima ancora oggi, è questa intima coerenza: nato a Novara nel 1883, ha attraversato impressionismo, simbolismo, divisionismo e futurismo senza lasciarsi scalfire dall’ansia della modernità, da quel roboante Novecento che ha sedotto la maggior parte degli artisti della sua generazione 

E ora che Palazzo Reale e Marsilio Arte gli dedicano una mostra a Milano, vale la pena fermarsi e chiedersi come mai ancora oggi il pittore delle donne immobili, delle scene oniriche e delle pennellate pastose, ci sembra molto più vicino a noi che non il rombo dei futuristi o gli idilli dei simbolisti. Basta guardarsi intorno: forse consapevolmente, forse no, le foto di tante famose influencer su Instagram ricalcano le pose delle donne del realismo magico e degli interni di Casorati. Così fanno la moda e le grandi campagne pubblicitarie d’autore. 


La sospensione, alimento e insieme emanazione della fotografia, nutre il nostro sguardo quotidiano, ansioso di fermarsi dentro a un sogno più che di saettare come un aereo a tutta velocità, sogno dei futuristi. E Casorati, pur in una continua ricerca pittorica, è rimasto fedele alla sua vita di gioia immota e non di vertigine. Figlio di un militare in servizio permanente, ha vissuto a Verona, a Padova e in altre città prima di trasferirsi a Torino, la sua città d’adozione. Osservò attentamente Klimt e Cézanne, maestri della figura e della ricerca nello spazio. E quando, dopo la Grande Guerra e passata la sbornia delle avanguardie, il realismo magico designerà un ritorno alle forme quiete e pure dei pittori primitivi, Casorati troverà un linguaggio originale, compiuto, pieno. 

Non avrà bisogno del cosiddetto Ritorno all’ordine, perché lui non si è mai allontanato dalla coerente e luminosa matematica delle cose. In lui passa una linea che parte da Cimabue, attraversa Piero della Francesca e Cézanne e arriva al secolo scorso con naturalezza, come se il tempo non fosse mai trascorso. In mostra a Milano, c’è anche il bellissimo Meriggio, dove uno dei corpi distesi ricalca il Cristo Morto di Andrea Mantegna. C’è il suo dipinto più famoso, Silvana Cenni, del 1922: un omaggio a Piero della Francesca e alla Madonna della Misericordia. Indifferente al clangore della tecnologia, ripeteva che l’arte nasce dall’interno ed è proprio dall’interno che si è evoluta la sua pittura. 

Le grandi composizioni dove la donna spicca come elemento unificante, i ritratti, i paesaggi fatti di pennellate pastose, ricche, mai sedotte dalla rapidità. E, curiosamente, la sua è stata una rivoluzione all’indietro: un gioco a togliere, a sottrarre, ad alleggerire a rendere sempre più stilizzata la figura, sempre più interiore. Come se avesse voluto scavare dentro l’animo umano per trovarci, finalmente, la soluzione ultima di ogni problema, proprio come avrebbe fatto un umanista. 

Casorati ha avuto il coraggio di restare fedele a sé stesso, anche cimentandosi in altri territori, come l’architettura, il design e la scenografia. Ma la sua vera grande lezione resta l’aver compreso la vera natura della modernità: gli aerei, i bulloni, la velocità delle automobili si sarebbe esaurita, l’unico vero movimento rimasto oggi è quello interiore. Ne sappiamo qualcosa noi tutti che viaggiamo in mille mondi differenti, ogni giorno, pur restando fermi a guardare un telefonino. E quando morì, nel 1963, si avverò un suo desiderio, espresso anni prima: Se rinasco, voglio essere un pittore. Lo è ancora.