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La confessione

Il colloquio di Fedez con lo psicologo alla scoperta del tumore: «Ecco cosa mi spaventa di più»

Il rapper ha postato sulle stories di Instagram alcuni dei passaggi della conversazione avuta con il suo medico quando ha saputo di essere affetto da un tumore al pancreas

Di Redazione |

«Non voglio morire, non voglio morire, ho paura che i miei figli non si ricorderanno neanche di me». Sono le parole, tra i singhiozzi, di Fedez allo psicologo nel giorno in cui ha scoperto di avere un tumore al pancreas. E' lo stesso artista a pubblicare oggi l’audio nelle stories di Instagram. «Buongiorno. Non so perché oggi ho deciso di riascoltare la seduta fatta dallo psicologo il giorno in cui ho scoperto di avere un tumore al pancreas – scrive Fedez -. Sto piangendo, piango di dolore e di gioia. Un solo pensiero riusciva a devastarmi più della paura della morte: non essere ricordato dai miei figli. Beh, oggi mi chiedo se tutto questo mi sia stato realmente d’insegnamento. Perché l’essere umano tende a rimuovere, dimenticare. E io non voglio. Non voglio dimenticare che le cose importanti non sono cose. Tenete quella finestra aperta sempre. Con il cuore». 

Mentre scorrono gli scatti dei piccoli Leone e Vittoria, il rapper parla anche della moglie, Chiara Ferragni: «E poi ci sei tu che sei dovuta essere la più forte di tutti». Poi chiosa: «Prendete queste mie esternazioni come meglio credete: voglia di condividere, manie di protagonismo, o narcisismo fine a se stesso. Non me ne frega molto. Vorrei solo che chi sta affrontando una situazione simile sappia che è normale provare determinate sensazioni. Non siete soli, non siete strani. Là fuori c'è a chi può fare bene tutto questo. E tanto mi basta. Scusate l’asciugo, buona domenica». 

 E’ un «atto di coraggio» quello che Fedez ha compiuto pubblicando oggi su Instagram il drammatico colloquio con lo psicologo nel giorno in cui ha scoperto di avere un tumore al pancreas: «Un atto che rappresenta una condivisione del dolore ma anche, e soprattutto, una forma del tutto particolare di "educazione sanitaria" nei confronti di altri malati che, al contrario di un personaggio come Fedez, pur vivendo la stessa situazione possono avere meno strumenti per elaborare l’impatto e le conseguenze psicologiche della malattia che si trovano a dover affrontare».

Ad affermarlo all’ANSA è Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria, secondo il quale quella di Fedez è una vicenda che "può avere certamente connotati positivi". «L'incontro con una notizia così traumatica, come quella di essere malati, provoca infatti reazioni estreme di angoscia – spiega l’esperto – tanto più in persone che non hanno una preparazione personale, oltre che un appoggio familiare e collettivo, che possa rendere più razionale e accettabile una notizia di questo tipo. Fedez, nel suo essere personaggio pubblico, ha avuto il coraggio di rendere pubbliche e visibili le proprie emozioni, che sono emozioni comuni a tutti coloro che ricevono notizie di questa drammaticità. E l’idea di mettere al corrente il grande pubblico che si possono avere emozioni estreme, e definire tali reazioni come potenzialmente comuni, è un fatto che implica una "educazione" dell’opinione pubblica stessa e, al tempo stesso, il messaggio che viene lanciato è che superato il primo impatto con la malattia tutto può concorrere a ridimensionare e controllare l’esito drammatico della notizia ricevuta. Quindi, il trauma e l’angoscia sono reali, ma l'elaborazione, il controllo e il superamento dell’angoscia sono possibili e anche necessari». Riferendosi poi al fatto che Fedez abbia deciso di registrare l’incontro con lo psicologo, ciò «non deve sorprendere. Fedez – rileva – è un nativo digitale, vive la propria vita in modo assolutamente condiviso con milioni di followers. Quindi registrare il colloquio con lo psicologo, cosa che potrebbe apparire inappropriata ad alcuni, è invece del tutto normale in un contesto culturale dominato dai social e dalla condivisione massiva di tutti gli aspetti della propria esistenza, come è quello proprio di questo personaggio». Va infine sottolineato, conclude, «come siamo di fronte ad un modo "moderno" di vivere la malattia: nella maggioranza dei casi notizie di questo genere restano confinate al privato e possono essere ancora accompagnate da stigma. La vicenda di Fedez è dunque un segno dei tempi che cambiano ed indica una evoluzione positiva».  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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