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SICILIANS

Santo Santoro, ministro e imprenditore: «Vicino a chi lavora e pure agli anziani, con il cuore di Sicilia»

Da Francavilla a Brisbane è punto di riferimento per chi vuole investire in Australia «Questa è ancora una terra di opportunità per i giovani ma per una buona occupazione occorre conoscere l’inglese»

Concetto Mannisi

31 Dicembre 2025, 12:38

Santo Santoro, ministro e imprenditore: «Vicino a chi lavora e pure agli anziani, con il cuore di Sicilia»

Santo Santoro

«Parramu annicchia sicilianu... Non c’è lingua cchiu pura e cchiu beddra». L’esordio con Santo Santoro, settantenne originario di Francavilla di Sicilia, oggi importante uomo d’affari australiano, è più o meno questo. E così, in un niente, ci si ritrova a discutere con lui di questioni anche private come se ci si conoscesse da anni. «Sono appena stato a un funerale di mio cugino, a Canberra - rivela poco dopo il rientro a Brisbane, dove oggi si trova per festeggiare l’ingresso del nuovo anno - Non era più giovanissimo ma il dolore è grande uguale. Io sono uno che crede nella famiglia. E’ un valore troppo importante nella mia vita. Senza il sostegno della mia famiglia non sarei ciò che sono».

Ovvero un importante uomo politico australiano ma anche un imprenditore di successo.

«Sono uno che lavora da una vita e che non dimentica le proprie origini. Quando vado in giro, come presidente della Camera di Commercio del Queensland, mi capita di incontrare altri siculo-australiani: anche con loro scambio qualche battuta in dialetto e subito si illuminano. Ma l’attaccamento alle origini e alle tradizioni passa anche da altro: per Pasqua mi faccio spedire dalla Sicilia gli agnelli di marzapane e lo stesso faccio agli inizi di novembre ccu l’ossa i mottu...».

Dolci ricordi.... Ma è giusto cominciare dall’inizio. Chi è Santo Santoro?

«Sono nato a Francavilla di Sicilia il 27 aprile del 1956. Mio padre Alfio faceva il giardiniere, mia madre Sebastiana badava alla famiglia. Non ci mancava niente, ma mio padre comprese che l’Australia poteva essere un’opportunità. Decise di emigrare e dopo un po’ invitò mamma, me e mio fratello Sebastiano a raggiungerlo nel Queensland. Lì nacquero altri due miei fratelli: Gaetano e Mario».

Che lavoro faceva papà in Australia?

«Raccoglieva canne da zucchero, come a quel tempo tanti altri italiani. Un lavoro bruttissimo: fango, serpenti, sudore.... Mise da parte i soldi per pagarci il viaggio e poi cambiò attività: si mise a fare il manovale. Era stimatissimo. Perché era forte, onesto e lavorava come un mulo. E’ morto vent’anni fa e oggi riposa con mamma, “andata via” tre anni fa, nel cimitero di Francavilla».

Ah, non in Australia?

«No. Ho rispettato il volere di mia madre. Un giorno mi disse “sai, Santo, io vi ho seguito in giro per il mondo, ma quando non ci sarò più dovrai portarmi nella mia terra: è lì che voglio stare”. E così è andata. Il suo ultimo viaggio è stato dall’Australia a Francavilla. Condivide la tomba con suo papà e con il suo adorato Alfio: ho voluto recuperare, infatti, anche i resti di mio padre e portarli fin da lei».

Anche mamma Sebastiana ha lavorato in Australia.

«All’inizio in un’azienda in cui si lavorava il pescato, poi si mise a fare la sarta. Con l’arrivo di Gaetano e Mario, però, smise di lavorare e si dedicò a noi. Non ci mancava niente. Si mangiava alla siciliana e si rispettavano le usanze della nostra terra. Stavamo con amici e parenti. Era un po’ come se ci trovassimo in Sicilia: ho tanti “compari” e sono “patrozzo” di un’infinità di giovani».

Il prezzo del successo! Che arriva come?

«Con tanta fatica. Io sono arrivato in Australia che non conoscevo una sola parola di inglese. Ho cominciato a studiare, poi a lavorare per mantenermi agli studi: lavapiatti, parcheggiatore, spedizioniere.... Alla fine ho conseguito due lauree con “doppio onore” in Economia e in Arte. E questo mi ha aiutato anche a entrare in politica. Qui ho un vanto: dal 1901, data della nascita dell’attuale Australia, meno di 35 persone sono state elette al parlamento regionale, a quello federale e poi hanno ricoperto la carica di ministro. Ebbene, io sono fra queste».

Merito della comunità italiana in Australia.

«Sicuramente. Ho fatto spesso da intermediario fra la comunità e i politici australiani. Sono stato e sono ancora oggi conservatore di centrodestra in un Paese in cui comanda la sinistra. Quando ho lasciato la politica c’erano Berlusconi e altri politici che volevano mi candidassi per le circoscrizioni all’estero: sono stato coordinatore di Forza Italia in Australia, ma alla fine ho rifiutato».

Eppure qualche iniziativa importante, grazie a lei, è stata avviata lì in Australia.

«Da ministro per la Formazione professionale e le relazioni industriali ho ristrutturato il sistema di risarcimento per gli infortuni sul lavoro e ho sollecitato, con riscontri, la regolamentazione della sicurezza sul lavoro. Mi sono impegnato nel contrasto di varie forme di criminalità. Poi, da ministro per la Terza età, ho curato l'introduzione di un pacchetto di finanziamento a lungo termine, la riforma degli strumenti finanziari e l'attuazione di misure all'avanguardia per proteggere gli anziani».

Perché ha lasciato, nonostante i consensi che otteneva puntualmente?

«Perché il mio promotore finanziario acquistò delle azioni che poi io avrei dovuto dichiarare di possedere. Attenzione, nessun conflitto d’interesse nessuna irregolarità. Ma la mia casa fu assediata per giorni da reporter che cercavano persino di intervistare i miei figli, che avevano allora 11 e 9 anni. Decisi di dimettermi per proteggere la mia famiglia. E, sottolineo, nonostante i tentativi dei miei amici di farmi recedere da questa idea, fui io ad andarmene, non furono altri a buttarmi fuori».

Oggi, a distanza di vent’anni, forse senza politica vive meglio. A proposito, i suoi figli hanno seguito le sue orme?

«Per nulla, ma io e mia moglie Letizia, che ha nobili origini scozzesi e che mi sta vicina da 40 anni, siamo orgogliosissimi di loro. Sia Andrea sia Lachlan, 31 e 29 anni, svolgono lavori importanti e di grande responsabilità».

E Santo Santoro cosa fa?

«L’imprenditore. Aiuto gli italiani che vogliono fare affari in Australia e gli australiani che vogliono fare affari in Italia. Ho rapporti con Fincantieri, Mapei, Ferrovie Italia... Il reticolo di conoscenze che ho mi aiuta molto e molto posso aiutare».

Ne arrivano ancora italiani che cercano chance in Australia?

«Altroché. E si tratta di gente qualificata. Ingegneri, dottori, ma anche maestri. Tanti lavorano in ristoranti come facevo io e tanti, talvolta col mio aiuto - che io la parola “no” non la conosco - si stanno sistemando. Bisogna conoscere l’inglese, però».

In un modo o nell’altro lei continua a fare politica.

«Già, ma debbo rallentare. A quasi 70 anni - lo dice anche mia moglie - non si può andare sempre a tutto gas. Di una cosa, però, sono certo: oggi mi sento più siciliano di quando ho lasciato la Sicilia».

Prima di congedarci, chiuda gli occhi e ci racconti di un’emozione.

«L’arrivo a Francavilla dopo quell’ultima curva. Il mio paese si mostra in tutta la sua bellezza e la mia mente corre verso la campagna in cui andavo da piccolo: alberi di agrumi, ciliegi, ulivi, prugne, pesche e uva. Il fiume San Paolo. La vendemmia: partivamo alle 4 del mattino e a pranzo consumavamo salsiccia, pane di casa e olio. Sono fotografie che custodisco gelosamente nella mia mente e che diventano più nitide ogni volta che rientro in Sicilia, che incontro i miei cugini dopo essere andato al cimitero dai miei genitori. Io sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma anche dell’Australia che ha accolto tanti italiani. E ho memoria. Per questo dico che quando dimentichi da dove sei venuto non sei una persona perbene».