SICILIANS
Salvatore Vinci, l’uomo dell’Oms che porta la luce e protegge le vite
Secondo il Time, l'ingegnere è tra le cento personalità più influenti al mondo nelle politiche ambientali: elettrifica gli ospedali africani, sfrutta il sole e ha un motto che lo accompagna ogni giorno: «Il kilowattora è la salvezza»
Il suo nome è finito nella lista redatta dalla rivista Time delle personalità più influenti del mondo in grado di orientare le politiche per il clima.
Ci sono tra gli altri, insieme a scienziati e imprenditori selezionati in tutto il mondo, anche Carlo d’Inghilterra, la presidente della Bce Cristine Lagarde, Papa Leone XIV, il presidente del Brasile Lula e Gavin Newsom il governatore della California, acerrimo rivale di Trump.
E poi c’è lui, Salvatore Vinci, 50 anni, siciliano di Agrigento, oggi technical lead del programma Healthcare Facilities Electrification dell’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità. Il suo ufficio è a Ginevra la città svizzera sede di diverse istituzioni legate all’Onu. Come ci sia finito un ingegnere ambientale a lavorare in un posto che secondo l’opinione comune si occupa “solo” di vaccini e medicine è una storia tutta da raccontare. E a raccontarla è lo stesso Salvatore Vinci in una pausa del suo ruolo di “lead” – che sarebbe capo, ma a lui la parola “capo” non piace – di programmi che riguardano l’elettrificazione degli ospedali di Paesi soprattutto dell’Africa subsahariana, tra i più poveri tra i poveri.
«Ci occupiamo di fornire l’accesso all’energia elettrica nei paesi in via di sviluppo e in particolare nelle strutture sanitarie – ha spiegato Vinci -. L’Oms si occupa di tutto ciò che riguarda la salute, quindi non solo di medicine o vaccini». E infatti Vinci, a dimostrazione che Time non ha tirato fuori il suo nome dal bussolotto, ha scritto report sia con l’Oms ma anche con la Banca Mondiale. In questi mesi sta coordinando progetti nella Repubblica Democratica del Congo, nel Ciad e nella Repubblica Centrafricana. Un siciliano giramondo che è cresciuto ad Agrigento («Nel quartiere di via Gioeni», ci tiene a precisare) che si è formato a Palermo dove ha conseguito la laurea in ingegneria ambientale (con 110 e lode, ça va sans dire) per poi spiccare il volo prima a Roma al ministero per lo sviluppo economico e poi negli Emirati Arabi Uniti all’International Renewable Energy Agency (Irena). Dal 2020, il trasferimento a Ginevra all’Oms: «Dopo la laurea – ha raccontato Salvatore Vinci – ho fatto un master e poi uno stage al Ministero e sono rimasto al Dipartimento per l’Energia per 7 anni. Nel 2010 ho lasciato la comfort zone di via Veneto per volare a 6 mila chilometri di distanza, all’Irena che si occupa di energia rinnovabile soprattutto nei paesi in via di sviluppo». In dieci anni ha scalato le gerarchie fino a diventare il capo dell’area partnerships e supporto tecnico ai Paesi, inclusa l’Africa subsahariana con l’obiettivo di aiutare quei paesi a sviluppare tecniche per l’energia rinnovabile. E’ a quel punto che - nel 2020 - arriva la chiamata dell’Oms per lui che nell’ambiente scientifico era già considerato una specie di guru prima ancora che lo “certificasse” Time.
Vinci lavora moltissimo anche sui luoghi dove i programmi di sviluppano. Professionalmente è un’attività davvero appagante ma allo stesso tempo faticosa e in una certa misura stressante. Basti pensare ai tanti “traslochi” da un continente all’altro: «Mia moglie Elena (torinese, conosciuta al ministero, ndr) e i miei figli Sofia e Paolo sono sempre stati di supporto, altrimenti sarebbe impossibile…». Anche perché lo stesso Vinci, ripercorrendo la sua vita (ma ha “solo” 50 anni) conta le tappe: «Il passaggio dalla Sicilia a Roma è stato tutto sommato semplice. Poi da Roma agli Emirati Arabi e poi ancora a Ginevra... C’è tanto da fare e da imparare. I miei due bimbi (oggi hanno 14 e 11 anni) sono nati ad Abu Dhabi…».
Girare il mondo, vivere in luoghi lontani e la capacità di adattarsi non può essere solo dettata dall’ambizione della carriera. No, perché Salvatore Vinci sa esattamente qual è il punto di svolta della sua professione, quel momento in cui si può affermare “che c’è un prima e che c’è un dopo”: «Ho guidato team che si sono occupati di fornire energia a 1300 strutture sanitarie sparse in Etiopia, Zambia e anche Pakistan; ho dato una mano in Somalia, stiamo lavorando in Sudan e Repubblica Democratica del Congo, potrei nominare circa una quarantina di Paesi. Ma c’è un episodio che mi ha cambiato – ha spiegato Salvatore Vinci -. Prima mi occupavo di energia dal punto di vista ambientale, ma una volta, in Tanzania, un medico mi ha aperto un nuovo orizzonte. Mi disse “Voi parlate di ambiente, ma io in questo ospedale ho perso due bambini perché non c’era elettricità per alimentare le incubatrici. Non è solo un problema ambientale”».
È come se questo racconto – tragico per chi vive come noi in Occidente ma quasi ordinaria amministrazione per chi vive in un paese povero - sia stato lo sliding doors: «Il kilowattora può salvare la vita – ha spiegato Vinci – perché qui ci sono situazioni dove le donne partoriscono con la luce delle candele e dove non c’è energia per conservare le medicine e i vaccini. Un miliardo di persone ha a che fare con strutture sanitarie senza energia affidabile, che a volte è un problema anche quando l’energia c’è: a Mogadiscio la macchina per l’anestesia aveva avuto un guasto a causa di problemi di tensione. Noi diamo l’energia per scontata quando ci sono posti dove l’accesso o il mancato accesso all’energia significa la vita o la morte. E sono milioni di persone». Portare energia in posti come questi è un’avventura: «Quando parliamo di clima ed energia significa rafforzare le strutture sanitarie con impianti solari. Ci sono paesi che a causa dei cambiamenti climatici, con alluvioni o altro, hanno problemi anche a rifornirsi del diesel per alimentare i generatori. Se invece si supportano con sistemi solari autonomi si possono rendere indipendenti. È anche un modo per proteggere l’ambiente e proteggersi dal clima. Quello che sta accadendo in questi anni ha dato molta visibilità al mio settore». L’ingegneria insomma al servizio della salute e quindi della vita di milioni e milioni di persone.
Ma Salvatore Vinci è siciliano sulla carta o ha ancora quell’indissolubile cordone ombelicale che lega i siciliani alla Sicilia? «Ma io torno molto spesso in estate per un po’ di vacanze – ha subito precisato Vinci – e devo dire che sto apprezzando sempre più realtà di giovani siciliani che stanno cercando di fare qualcosa e di crescere. Mi chiede come trovo la Sicilia ogni volta che torno? Come tutti i siciliani io la amo, perché la Sicilia ti abitua a convivere con la complessità, è una terra che ti aiuta a leggere la complessità della realtà. Quando torno ritrovo tutte le contraddizioni di questa terra, ma sto vedendo che ci sono molti ragazzi che stanno cercando di cambiare il corso delle cose. Restare o partire deve essere una scelta e non una necessità».
Ma per Salvatore Vinci – per il ruolo che ricopre – viaggiare è l’essenza stessa della sua missione: «Sto seguendo un progetto innovativo; mentre prima tradizionalmente alcune agenzie fornivano energia solo o quasi solo per i refrigeratori per conservare i vaccini, ora lavoriamo non solo sui vaccini ma anche per dare energia alle intere strutture. Stiamo mettendo su 1300 impianti tra Zambia, Uganda, Etiopia e Pakistan. Abbiamo lavorato nella Repubblica Democratica del Congo dove si è vissuta l’emergenza ebola, ora quasi risolta. La soluzione risiede nella tecnologia solare. Non si può avere un'incubatrice, non si può avere un concentratore di ossigeno, non si possono avere dispositivi medici salvavita di base senza energia. La sfida è quella di portare energia in questi luoghi. La salute – ha spiegato Vinci - è alla base di tutto. Se si pensa che stiamo cercando di andare su Marte… abbiamo le tecnologie per dare energia alle incubatrici. Deve essere una priorità. Occupiamoci di ambiente e di clima ma la priorità deve essere la struttura sanitaria dove si possono salvare le vite dei più fragili».