Il colloquio
Il segretario del Pd Barbagallo: «Il Parco dell’Etna è un fallimento proclamato, ora la politica deve rimediare»
Se il Parco sotto il controllo regionale non ce l’ha fatta, allora deve farcela un’istituzione nazionale. «Il legislatore faccia il suo mestiere e legiferi». Perché sull’Etna di tempo se n’è già perso tanto
«Il Parco dell’Etna è un fallimento conclamato, possiamo dirlo?». Anthony Barbagallo, segretario regionale del Partito democratico e deputato nazionale, anche per via del suo passato da sindaco di Pedara, il vulcano lo conosce bene. E le storture dell’istituzione che dovrebbe tutelarlo non gli sfuggono. Tant’è che è stato lui, il 20 ottobre 2023, a presentare una proposta di legge ordinaria per l’«istituzione del Parco nazionale dell’Etna». Un anno dopo, il 9 dicembre 2024, la stessa proposta è arrivata dal deputato di Forza Italia Giuseppe Castiglione. Unica differenza fra i due testi: le fonti di finanziamento, giustamente aggiornate a un anno di distanza.
Prima della politica, a sollevare gli stessi problemi sulla governance regionale erano state le associazioni ambientaliste: il Circolo etneo di Legambiente, il 24 gennaio 2022, aveva lanciato una petizione su Change.org che in questi giorni, dacché i Crateri Silvestri sono diventati a pagamento (i famosi cinque euro di biglietto chiesti dal proprietario, il gruppo Russo Morosoli), sta avendo un nuovo slancio: le firme sono arrivate a 3.297.
«Il parco dell’Etna regionale è un ente dimezzato - dice Barbagallo - È senza risorse, senza personale, ridotto allo stremo da una Regione che ogni anno taglia i finanziamenti. È vittima di un miscuglio di competenze che non fa bene a nessuno: la Protezione civile, l’assessorato al Turismo, quello all’Agricoltura per i forestali, gli Enti locali per le competenze dei Comuni, l’Ambiente per tutto il resto, le Infrastrutture per i collegamenti». Un coacervo di responsabilità che si traduce, molto semplicemente, secondo il deputato nazionale, in un «blocco burocratico».
Lo stesso che, come raccontato da questo quotidiano, ha esasperato il commissario straordinario chiamato a guidare l’Ente parco nell’attesa dell’insediamento del nuovo presidente. «Non si fanno né tutela né valorizzazione. Abbiamo un Parco che dovrebbe promuovere le bellezze di un patrimonio dell’Unesco e che non riesce nemmeno a occuparsi dei collegamenti: arrivi all’aeroporto di Catania e dovresti avere non uno ma trecento modi per arrivare al Vulcano, ma non sai dove devi andare. E non ha nemmeno posti letto in quota, col risultato di un turismo quantomeno azzoppato», prosegue l’esponente democratico.
«Cinquant’anni fa eravamo messi meglio di adesso. Dopo le eruzioni distruttive, a Etna sud le cose sono ripartite, a Etna nord non si è fatto niente. Anche per via di un piano di ricostruzione del 2002 che non è stato approvato». Un quadro desolante, tanto quanto la disorganizzazione riconosciuta da chiunque sull’Etna ci lavori. «Le quote sommitali sono patrimonio dell’umanità, ma l’umanità le deve potere raggiungere. E invece non può, perché costa troppo». Barbagallo, puntualizza, non vuole attribuire le responsabilità al gestore: «Poniamo che debba applicare quelle tariffe perché altrimenti non ce la fa: la Regione dov’è? Perché non interviene per stabilire un contributo in grado di calmierare i prezzi? Perché accettiamo impianti di risalita non ammodernati? Può essere che Pantelleria abbia il doppio dei contributi Pnrr rispetto all’Etna? Servono quattrini e una nuova visione». Che riguardi anche i prodotti tipici del Vulcano. «Su pere e mele andava fatto lo stesso lavoro di valorizzazione che si è fatto sul vino».
E se il Parco sotto il controllo regionale non ce l’ha fatta, allora deve farcela un’istituzione nazionale. «Il legislatore faccia il suo mestiere e legiferi». Perché sull’Etna di tempo se n’è già perso tanto.

